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mercoledì 27 gennaio 2010

Anche i frighi hanno un cuore (a dispetto di chi li vorrebbe freddi e insensibili)

A casa mia c'è stata una grande moria degli elettrodomestici. Nel giro di pochi mesi ci hanno lasciati, nell'ordine:
  1. una lavatrice
  2. una lavastoviglie
  3. uno scaldabagno
  4. un frigorifero
L'uso dell'articolo indeterminativo può in realtà essere fuorviante. Qualcuno potrebbe infatti pensare che sia passato a miglior vita uno dei cinque o sei frigoriferi di casa nel qual caso non ci sarebbe poi da fare troppe storie. Si tratta in realtà de il frigorifero (la lavastoviglie, lo scaldabagno, la lavatrice). Che per ovvie ragioni non si può non sostituire.
Tale sequenza di eventi concentrata in un così breve periodo è senza dubbio singolare. Tutti gli oggetti, della stessa marca, tra l'altro, erano stati acquistati contemporaneamente, con l'eccezione dello scaldabagno. Il quale in questa vicenda recita decisamente la parte dell'intruso. Ciononostante anche la sua sostituzione ha comportato un certo esborso di denaro che avrei potuto utilizzare con maggiore soddisfazione per acquistare che so, un qualsivoglia numero di bottiglie di Lagrein Dunkel della cantina di Santa Maddalena.

Resta il fatto che più ci penso e più mi convinco che tutto ciò non sia dovuto al caso. Credo che la lavatrice, verosimilmente, ci abbia lasciati per cause naturali; ma le ragioni del successivo tracollo di lavastoviglie e frigo, ne sono sicuro, sono più profonde, legate al vuoto incolmabile lasciato dalla vecchia lavatrice. Un'ipotesi che mi sembra ragionevole è che non abbiano potuto, né saputo, farsene una ragione. La scomparsa - che certo non si può definire prematura - della fedele compagna di tanti anni ha evidentemente tolto loro ogni speranza di un domani almeno sereno. Nemmeno l'arrivo di una nuova macchina del caffè è servito a lenire la loro sofferenza.

Chiaro, se uno volesse essere irrazionale fino in fondo, ci sarebbe anche un'altra possibilità: che lavatrice, lavastoviglie e frigo dovessero in effetti durare x anni, non uno di più, non uno di meno. Se così fosse, massimo rispetto per gli ingegneri (tedeschi) capaci di disegnare macchine così diverse stabilendone in fase di progettazione la vita utile con una tolleranza dell'1,5%.

giovedì 21 gennaio 2010

Scemo d'istinto

Un recente scambio di commenti sviluppato su FB a seguito di un mio stato che diceva:

Il problema è che, se uno è scemo, essendo appunto scemo, non se ne rende conto di essere scemo. E se anche cerchi di farglielo capire, essendo scemo, non lo capisce.

mi ha fatto tornare alla mente un episodio avvenuto in un periodo che non riesco a collocare con precisione. Sul perché e per come certi avvenimenti tornino a galla quando meno te lo aspetti ha già discusso con la consueta facondia il mio sodale Milo: inutile quindi che tenti di farlo nuovamente io, peggio, e lo linko. Il fatto è accaduto almeno trent'anni fa. Di sicuro avevo già terminato - con ottimo profitto, va detto - l'asilo (una delle mie migliori performance scolastiche, tra l'altro).

Primo pomeriggio di un giorno qualunque, me ne stavo alla fermata del tram in attesa che il medesimo sbucasse da dietro la curva e intanto la ingannavo (l'attesa, chiaramente, non la curva) leggendo serenamente  un giornale. Sono lì da una manciata di minuti e la piccola folla in attesa del tram, fino a quel momento costituita solo da me, si arricchisce di una unità. Un signore distinto, dai modi educati, di età probabilmente compresa tra i 65 e i 70 anni.
Lo osservo d'istinto da sopra il giornale e vedo che, distinto, mi osserva a sua volta. Poco dopo mi si avvicina:
Signore distinto: mi scusi
Io: dica 
S.d.: senta, io sono un po' scemo. Ho mandato il mio cane a ossigenarsi a Sankt Moritz. Ho fatto bene?
D'istinto mi guardo attorno per verificare se vi siano telecamere nascoste. Nulla per decine di metri. Solo la palina con il percorso del tram e il signore distinto.Non so cosa rispondere, mandarlo a cagare mi pare brutto e mi viene una banalità come:
I. beh, a Sank Moritz in effetti l'aria è buona, male non gli fa
Non sembra convinto e nemmeno io lo sono. Io, inoltre, sono basito.Quand'ecco che del tutto naturalmente, senza stimoli diretti da parte del sistema nervoso centrale, così, come se fosse la cosa più ovvia, aggiungo.
I: certo, dipende se il cane sa sciare. Altrimenti era meglio Loano.
Mi guarda con uno sguardo a sua volta a metà tra il basito e il curioso.
Probabilmente saremmo potuti diventare buoni amici - le basi c'erano - ma nel frattempo il tram è arrivato, ci sono salito e dal finestrino gli faccio un cenno come a dire "me lo saluti", mentre lui, il signore distinto, attraversa la strada pensieroso e chiaramente insoddisfatto, immagino diretto ad un'altra fermata di tram per rivolgere ad altri la stessa domanda.
Il dubbio, ancora oggi, è: sono io che ho preso per il culo lui o lui che ha preso per il culo me?

PS. lo so che sembra una facezia, ma è tutto rigorosamente vero, lo giuro

sabato 9 gennaio 2010

Un mondo senza carta? Bah!

C'è chi approfitta dei giorni di vacanza per andare in villeggiatura. Spesso lo faccio anch'io sebbene di norma preferisca non andare a far vacanza quando la fanno anche tutti gli altri. E' una cosa che consiglio a nessuno, in particolare per un motivo. Che se molti seguissero il mio consiglio, costoro andrebbero poi in vacanza quando ci vado io ed io di conseguenza dovrei cambiare abitudini. Un po' lo stesso motivo per cui non scriverò mai né qui né altrove dei luoghi che più mi sono piaciuti. Mi fanno imbestialire quelli che scoprono il posto incontaminato e lo raccontano a tutto il mondo.

Ma non divaghiamo, che è tardi.
Durante le vacanze di Natale non mi sono mosso da Milano e ne ho approfittato per mettere un po' d'ordine in casa, buttare roba vecchia, liberarmi di ritagli di giornale che mai avrei riletto e che sicuramente mi serviranno nelle prossime tre settimane. Pulizie d'inverno insomma.

Ad un certo punto ho aperto un cassetto che conteneva svariati chili di manuali: elettrodomestici bianchi e bruni, apparati di varia natura, attrezzi assortiti, tutta roba accumulatasi negli anni.
I manuali di oggetti che avevano da tempo lasciato casa per accomodarsi in discarica hanno prontamente trovato una fine ingloriosa nel cassonetto condominiale.
Di alcuni degli altri nemmeno ricordavo l'imponenza. Uno era quasi più voluminoso del manuale di biochimica che usavo all'università (e che era uno dei più voluminosi che ricordi). Rinuncio qui a fare della facile ironia sulla voluminosità dei volumi e vengo al dunque.
Tale manuale ripeteva le medesime istruzioni in una ventina di lingue, alcune delle quali nemmeno sapevo che esistessero. E' stato sufficiente strappare le pagine in lingue superflue per ridurre l'ingombro da 400 a 20 pagine. Ripetere l'operazione su un'altra dozzina e mezza di manuali, ha avuto tre conseguenze principali:
  1. altri (quasi) sette chili di carta nel cassonetto
  2. tutta la manualistica di casa è contenuta in un raccoglitore da 6 cm di spessore
  3. mi son sentito molto fiero di me
Alla fine una considerazione sorge spontanea. Immaginando vi siano 7 kg di carta superflua in venti milioni di nuclei familiari italiani (oltre quelli dei Paesi in cui si parlano le altre 19 lingue) mi sorge il sospetto che il risultato sia una quantità enorme. Di carta prodotta, alberi abbattuti, energia consumata, ecc. ecc.
E inoltre, ma siamo sicuri che alle aziende produttrici costi meno produrre un manuale in venti lingue diverse anziché limitarsi a non dico una ma due o tre e cercare il modo di infilare il manuale giusto nelle scatole giuste (cosa che non dovrebbe essere così difficile usando a modino alcuni software che già sicuramente possiedono)?

Invece della qualità media del manuale medio (pessima) e del perché i manuali siano mediamente illeggibili e incomprensibili si discuterà in una prossima occasione.