L'ho già scritto. Ci sono alcuni giornalisti che vale sempre la pena di leggere, anche si trattasse di un commento all'elenco telefonico. Non solo perché la natura e il mestiere li hanno dotati di una bella prosa. Perché non sono banali, perché ti offrono un punto di vista diverso, perché ti fanno pensare, perché non fanno solo cronaca ma raccontano una storia, perché ci mettono un misto di cuore, di cervello, di frattaglie.
Corrado Sannucci era uno di questi. Un paio di giorni fa leggevo su Repubblica un pezzo sulla "possibile" candidatura olimpica di Hiroshima e Nagasaki. Arrivato alla decima riga mi sono detto "Ma questo è Sannucci". Ho provato a chiamarlo per dirgli quanto il pezzo mi fosse piaciuto e, poiché ciò mi avrebbe imbarazzato, aggiungerci anche un paio di fesserie. Ma il cellulare suonava a vuoto. Ho riprovato il pomeriggio del giorno dopo, ma oramai era tardi.
Come a molti, mi mancherà. Ma sono contento non solo di averlo letto ma anche di averlo conosciuto.
E' successo nel '97 ad Atene ai mondiali di atletica. Da un anno seguivo Sportline, il sito "dello sport raccontato dai protagonisti". Poco prima i marciatori, che si sentivano trascurati dalla federazione, si erano messi in silenzio stampa e parlavano solo attraverso Sportline. Va da sé che la cosa non era stata molto apprezzata dai vertici federali e non solo da loro. Corrado era quello che ogni giorno passando da Casa Italia si fermava a chiedere i pezzi scritti dai marciatori. Aveva le sue idee ma non pregiudizi, voleva capire. E mi aveva colpito per il suo prendersi piuttosto poco sul serio, qualità assai rara.
Un altro ricordo è legato a un sabato sera a Praga di alcuni anni fa. Mi ci trovavo per la maratona di cui seguivamo l'ufficio stampa. Corrado, invece, era al seguito della nazionale per una poco significante amichevole Rep. Ceca - Italia. Finita la partita mi chiama dicendo di volere intervistare Franca Fiacconi, atleta, diciamo così, controversa, che avrebbe corso la maratona il giorno successivo. Abbandono la cena pre-gara e quindici minuti dopo ci troviamo nell'hotel quartier generale della gara. Fiacconi e marito sono al ristorante, non troppo convinti di dialogare con un giornalista. Di Repubblica, poi (forse confondendolo con Corrado Zunino, che tempo prima non era stato propriamente tenereo con la maratoneta romana). L'ora successiva è stata una vera lezione di giornalismo. Finita l'intervista, per un'altra ora restiamo noi due soli, cenando a nostra volta e bevendo vino ed è l'occasione per farmi raccontare del Folkstudio, delle sue vite precedenti, per quali strade fosse arrivato fin lì. In quei sessanta minuti o poco più c'è il perché sono contento di averlo conosciuto.
Nessun commento:
Posta un commento