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mercoledì 23 maggio 2012

Elegia del Terrano

Essendo che maggio (piovoso in maniera irritante) trotterella allegramente verso la fine senza che io, in altre faccende affacendato (tra le quali un'infatuazione non degna di una persona matura per Instagram) abbia ancora postato nulla, rimedio alla bellemeglio con un tema di cui frega niente a nessuno.

Non che il mese non abbia fornito argomenti, anzi, ma non ho voglia di scrivere cose serie.

Tratterò quindi del Terrano, del quale non citerò la marca per non fare pubblicità gratuita alla Nissan.

Egli (lo so, si dovrebbe definire Esso, ma primo non mi va di fare pubblicità gratuita alle multinazionali petrolifere, secondo egli ha un'anima) è entrato a fare parte della famiglia quasi due anni fa. Aveva già 14 anni, una personalità già formata quindi, qualche ammaccatura, una immatricolazione come autocarro che di questi tempi non guasta e un certo senso dello humor.

Egli è un mulo (con la emme, non è un errore di battitura), nel senso buono del termine.

Chiaro, a Milano te ne fai nulla.  Meglio, te ne fai qualcosa, ma lo fai meglio con la Panda.

Ma se per raggiungere l'eremo devi percorrere una salita di 400 metri erta e malandata che le auto normali, quelle con due o meno ruote motrici, ce la fanno solo se sai proprio bene dove passare e devi tenere il piede legato col fil di ferro all'acceleratore che se appena ti lasci intimorire pensando alla marmitta e rallenti un poco cominci a scivolare all'indietro mentre dopo un quarto d'ora di pioggia proprio non ce la fai, ecco in questo caso il mulo ha un suo perché.

Tanto si potrebbe scrivere sul Terrano ma mi focalizzerò su due soli aspetti, massimo tre o quattro.
L'altezza. Le poche volte che ci si avventura su strada provinciale - essenzialmente per versarci una sessantina di euro di gasolio nel serbatoio - ti rendi conto che è un altro guidare (oltre che un alto guidare). Guardare gli autisti degli Scania dritti negli occhi è una goduria che non ha prezzo. L'altezza, inoltre non va a scapito dell'accessibilità; non è insomma, di quelli dove non entri, ti arrampichi. E poi devi scendere in corda doppia.
La coppia. Se c'è crisi della coppia, questa crisi è altrove. La coppia fa paura, mai un momento di cedimento, mai un'insicurezza, mai un tentennamento. Coppia solida. Infatti ha due soli sedili.
Le marce. La prima serve solo per spostarsi di quei due o tre centimetri che consentono di ingranare la seconda e mettersi in moto. La terza è sostanzialmente inutile, la si usa solo, di tanto in tanto, nelle salite al 16-18%. La quarta è ottima per acquistare un minimo di velocità.
Poi c'è la quinta. Che chiamarla quinta è farle un torto. Ci fai tutto, dal seguire le processioni, avendo l'accortezza di premere ogni tanto sull'acceleratore per non restare indietro, alle riprese cattive, quando devi passare da 40 a 100 in fretta e non hai tempo di cambiare. Schiacci a fondo e lui va. Come avere il cambio automatico. Anzi, meglio ancora, un monomarcia, come il Ciao. Con la differenza che il Terrano, se schiacci deciso, si impenna.
La mulaggine. Quattrocentosettanta chili di piastrelle nel bagagliaio, due persone a bordo (la coppia), fondo stradale fangosetto e lui che va su come se fosse sul lungomare di Cortina all'ora del vinbrulé.

Non è proprio lui.
Egli è più vecchio e ammaccato. Ma il colore è quello giusto e rende l'idea.
Egli non ha nemmeno il predellino da fighetta



lunedì 30 aprile 2012

Commenti insulsi a notizie che se anche non le avessimo sapute avremmo vissuto bene ugualmente

Nei giorni scorsi avrei voluto commentare da par mio alcune sapide notiziole, ma ho avuto altro da fare.  Cose tipo zappettare (ancora), raccogliere fogliame e farne un falò,  eliminare erbacce, raccogliere pietre e farne delle simpatiche aiuole, costruirmi una reputazione e una rete di relazioni su Instagram, sperimentare alcune varianti dello zabaione. Non necessariamente in quest'ordine.

Italo
Per il primo viaggio del Montezemolo Express ha acquistato un biglietto anche l'avvocato Rienzi, quello del Codacons. Di seconda classe (non si chiama così, ma ci siamo capiti). Nemmeno il tempo di capire dove era finito che già Ruenzi lanciava la sua accorata denuncia. "Il Wi-Fi non funzionava e un addetto mi ha impedito di spostarmi nelle carrozze delle classi superiori. Inaccettabile". Perché? "Dovevo testare la qualità del servizio". Discriminazone!!! Sto fatto di non poter passare da una classe all'altra a questi del Codacons proprio non gli va giù, giacché se ne erano avuti a male già quando la regole fu introdotta da Trenitalia, paventando addirittura l'incostituzionalità della decisione.
Poi, aggiunge il Rienzi, "cosa succederebbe, ad esempio, se scoppiasse un incendio in una carrozza di seconda?".  Immagino che se succedesse (capita un viaggio sì e uno no che una carrozza di seconda prenda fuoco) all'addetto si uniranno tre o quattro vigilantes che rispediranno con le armi tra le fiamme  i passeggeri sfigati di seconda classe mentre lorsignori continueranno tranquilli a sorseggiare Tattinger.
Sorge però spontanea una domanda. Quale senso di colpa spinge i maggiori quotidiani nazionali a regalare spazio (tanto spazio) a tutte le sparate del Rienzi, presidente della più becera tra le associazioni per la difesa del consumatore, un'associazione che minaccia sempre sfracelli, class action, richieste di risarcimenti milionari basta che uno ti abbia guardato storto e conclude mai nulla, tranne forse visibilità per lo studio legale.

Corona
Trovo che Fabrizio Corona sia insopportabile e mi viene l'orticaria solo a scriverne il nome. Trovo ancora più insopportabile che testate che vorrebbero essere serie ne riportino le gesta senza nemmeno il sospetto di fare il gioco di uno che, privato della visibilità mediatica, tornerebbe in pochi minuti ad essere un assoluto signor nessuno, Il diritto dovere di informare è una cosa, correre dietro a uno che dovrebbe pulire i cessi alla stazione centrale è altra cosa.
Trovo anche che schiaffeggiare un giornalista, strappargli l'iPhone e scappare siano gesti che una persona ben educata non dovrebbe compiere.
Trovo che gridare al giornalista "Come ti permetti di farmi domande?" sia perfettamente legittimo anche da parte di uno insopportabile come Corona.
"Nonostante mi fossi qualificato come giornalista secondo lui non avevo diritto di fare domande", dice Alfio Sciacca, il giornalista di corriere.it.  E allora? Ma dove sta scritto che il giornalista che passa la serata al quartiere Isola di Milano se incontra un tale ha il diritto di fargli delle domande? Perché, di grazia? Non ha diritto, chiunque egli sia, a farsi i cavoli suoi? Queste cose lasciatele fare alle iene, please.

Nutella
In America, quella del nord, hanno messo su una class action per mettere in croce la Ferrero colpevole di avere trasmesso uno spot ingannevole che descriveva la Nutella come prodotto nutriente e salutare. Frotte di mamme si sono precipitate al supermarket ad acquistarla salvo poi accorgersi dell'alto contenuto di grassi saturi.
Orpo!
Mica che il pupo mi diventi obeso anzitempo.
Che nella Nutella ci siano grassi lo sanno anche le marmotte. Per la precisione, 31,6 grammi per 100 di prodotto. Di cui 10,9 saturi. A dimostrazione che quando gli americani scovano un nemico pubblico numero uno non fanno sconti a nessuno senza timore di cadere nel ridicolo.
Quindi Ferrero prontamente condannata a risarcire il costo del barattolo a chi potesse dimostrare di averne acquistata una confezione tra il 2008 e il 2012.
Ma andassero a cagare e continuassero a berre latte intero a pranzo e cena.....

Operazione Ponte
Agenzia delle entrate e GdF sono in giro per la campagna 25 aprile - 1 maggio. Obiettivo gli agriturismi (che tra l'altro, spesso, si trovano in collina al termine di strade dissestate e quindi attirano i Suv quasi più di corso Como).
Nel frattempo però annunciano anche di avere scovato diversi evasori totali tra i quali una società informatica campana che avrebbe nascosto introiti per 10 milioni di euro in tre anni, con Iva evasa per 3 milioni.
Come sia possibile su 10 milioni non dichiarati evadere Iva per 3 milioni quando l'aliquota Iva è del 21%, 20 fino a pochi mesi fa, resta un mistero.

Cittadini onesti
Uno degli aspetti più divertenti - o più amareggianti - della lettura delle notizie relative alla lotta all'evasione è scorrere i commenti dei lettori. Dove si scopre che appena uno osa non accomunarsi al coro di invettive, magari esprimendo anche concetti molto ragionevoli e che in altri contesti sarebbero tranquillamente accettati e condivisi, viene come minimo accusato di essere una merda col Suv e portaborse dello psiconano, a conferma del fatto che l'operazione "tutti contro tutti" sta perfettamente riuscendo.
Per cui ora lo scrivo.
Cari lavoratori dipendenti, se pagate le tasse fino all'ultimo centesimo, non è perché siete onesti. Quelli onesti non siete voi. Onesto semmai è il vostro datore di lavoro che diligentemente mese dopo mese paga per voi laute tasse all'erario.
Se serve per chiarire meglio il concetto.  Cittadino rispettoso del codice della strada è colui il quale pur possedendo un veicolo capace dei 210 orari, in autostrada guida a 130 come da regolamento. Il passeggero di una Bianchina station wagon che non supera i 95, NON è rispettoso del codice (e non lo è nemmeno il guidatore, peraltro).
Per cui, cari dipendenti, se vi rode il coso per via del fatto che vi ritenete svantaggiati rispetto a chi, secondo voi, è nelle condizioni di evadere, fate una bella cosa. Rivolgetevi al Codacons, che pianti su un bel casino per fare sì che la busta paga vi venga consegnata lorda che poi le tasse ci pensate voi a pagarle. Per una volta avrete anche l'appoggio di chi le tasse le paga in vece vostra.
Amen

venerdì 27 aprile 2012

Breve commento a due sapide notiziole


Il responsabile dell'ufficio acquisti dello stato italiano ha smentito piccato che lo stato medesimo abbia stanziato 10 milioni di euro per l'acquisto di 400 auto. Ora a me non scandalizza che uno stato grande come quello italiano, con oltre 60 milioni di abitanti acquisti 400 auto, non sono mica tante. Contrariamente al Giornale, che l'ha sparata in prima pagina e ai popolo dei social media.
Per quel che mi riguarda, se servono si acquistino. I miei 0,16 euri li contribuisco volentieri.

Comunque il capo degli acquisti dice che no, non le comperano ste benedette 400 vetture. Dice che si sono limitati a chiedere di "bloccare il prezzo in vista di eventuali futuri acquisti" casomai servisse.
Questa cosa mi sembra spettacolare. Un esempio da seguire. Altro che inefficienza della Pubblica Amministrazione
Domani chiamo anche io il concessionario Land Rover e gli chiedo se per cortesia mi blocca adesso il prezzo di una Evoque (o modello corrispondente) in vista di un futuro acquisto che potrei fare tra una dozzina d'anni.
Poi, subito dopo essermi fatto mandare a cagare dal concesionario, magari mi presento anche all'agenzia delle entrate per sondare il terreno. Metti che mi consentano di fissare oggi le tasse da versare nel 2018, nel caso decidessi di pagarle.

Ho anche sentito che Inps e Istat si sono messi insieme per compiere tutta una serie di rilevamenti che avrebbero portato a scoprire che in non so quale anno, probabilmente il 2009, che si sa questi son calcoli complessi, non è che si può fare di fretta, quasi la metà dei pensionati italiani (46%) percepirebbe meno di 1000 euro al mese
Ma scusate, non bastava una semplice query?

martedì 24 aprile 2012

Priorità acquisita madechè?

Oggi ho acquisito una priorità straordinaria, direi sconfinata.
Ciononostante 27 minuti di acquisizione, lenta ma costante, di priorità non sono stati sufficienti a concedermi il privilegio di dialogare serenamente col call center di Trenitalia.
Al quale mica volevo fare del male.
Volevo solo chiedere, educatamente, perché minchia gli stramaledetti che il cielo li strafulmini non mi hanno ancora riaccreditato il costo di due biglietti malauguratamente prenotati su uno dei frecciarossa annullati per neve lo scorso 7 febbraio.
E che, prontamente richiesto, dicevano, sarebbe avvenuto entro i 30 giorni successivi.
Che io, ingenuamente avevo dato per scontato intendessero  i 30 giorni successivi alla richiesta, non al primo passo dell'uomo su Marte.
Il fatto che poi acquisire tutta questa priorità mi sia costata 3 euro faticosamente guadagnati col sudore dei polpastrelli non aiuta a rendere il mio nervosismo più lieve.

martedì 17 aprile 2012

Sapida storia gastronomica del mondo

Di tanto in tanto mi trovo a immaginare come sia successo che l'uomo a un certo punto del suo cammino evolutivo abbia scoperto che alcune cose - non ancora classificabili come alimenti - potessero essere mangiate, diventando così alimenti a tutto tondo.

Immagino, ad esempio, che chi ha provato la prima volta a mangiare un uovo (col guscio?) dovesse proprio essere alla frutta. Per ovvie ragioni. Per non parlare di chi per primo ha assaggiato il lampone.

Anche chi per primo ha assaggiato il carciofo non doveva essere messo molto meglio. Di sicuro doveva essere molto ma molto motivato. Un affare provvisto di spine con strati e strati di foglie esterne immangiabili. E una volta raggiunte quelle più morbide, non è che ci fosse da sfondarsi. Raccoglierlo, prepararlo e masticarlo costava più energia di quanta ne rendesse. E se questo può anche essere comodo oggi, un tempo era una bella fregatura.

Se mi riesce relativamente facile immaginare che l'uomo possa avere pensato di abbattere un cervo (o di prendere a sassate una faraona) per nutrirsene, coi vegetali le cose mi si complicano: quale cortocircuito mentale lo avrà spinto a osare con la patata o la carota? E a stabilire che la parte che stava sottoterra fosse più utile di quella sopraterra? Con tutte le complicazioni legate al fatto che c'è stato un tempo in cui l'uomo ancora non aveva capito di poter utilizzare il fuoco a suo beneficio. Per dire, la patata addentata cruda fa, e faceva, veramente schifo. Significa che l'uomo, che non era fesso, una volta scoperto il fuoco si deve essere ricordato di quando, chissà quanto tempo prima, aveva addentato il tubero. Ipotizzando che, chissà, buttandolo nella brace qualcosa di buono lo si poteva anche ricavare. Purtroppo non era ancora stata inventata la pellicola d'alluminio.

Insomma, anche solo stabilire che una parte del vegetale fosse da conservare e una parte da buttare, non deve essere necessariamente stato un percorso così lineare come potrebbe sembrare a noi, oggi. Da cosa sarà dipesa la scelta? Dai gusti dell'epoca, dalla geografia e da chissà cos'altro.
Per dire, a Isabel, la ragazza sudamericana che tempo fa ci aiutava in casa (contributi Inps regolarmente versati, anzi, probabilmente per errore pure qualcosa in più), un giorno lasciammo un sedano da pulire, non so se per farci un soffritto o l'insalata. A sera trovammo in frigo una ciotola colma di foglioline. I gambi li aveva buttati.

Oggi pensavo al caviale.
Cibo da pescatori del Caspio, gente dura che fa un mestiere ancora più duro e bisogna di calorie. Ma perché ingurgitare quelle sferette nere e viscide che, ammettiamolo, fanno anche loro piuttosto senso (e se non costassero centinaia di euro all'etto verrebbero probabilmente offerte come mangime per i polli)? Semplice, se eri un pescatore del Caspio, dello storione buttavi via nulla, come col maiale.

Resta da capire per quale motivo ai ciccioli non abbia arriso lo stesso successo commerciale del caviale. I casi sono due.  O i pescatori del Caspio hanno usato meglio il marketing. O gli allevatori di maiali della padania si sono accontentati del prosciutto crudo, senza pensare che avrebbero potuto fare molti più denari coi ciccioli (con adeguato posizionamento).

Dieta equilibrata

Sarà, ma io la catena alimentare proprio non la digerisco

domenica 15 aprile 2012

E se Morosini non fosse morto perché giocava a calcio?

E' morto un calciatore.
Francamente, a costo di apparire cinico, non posso dire di essere sconvolto. Intendiamoci, il fatto è che fino a ieri pomeriggio ne avevo mai sentito parlare, sapevo nulla di lui, nemmeno che esistesse.
Ora so che era uno col quale la vita è stata piuttosto stronza, ma non fosse stato un calciatore delle serie maggiori, non lo avremmo visto accasciarsi in  diretta e in fondo sarebbe stato solo una delle tante persone che lasciano questa terra in modo in un modo che possiamo giudicare più o meno ingiusto. Certo, lo so anch'io che un 25enne che se ne va così fa male.

Della morte di Morosini sono venuto a sapere in auto, ascoltando A tempo di sport su Radio24. In studio c'erano duemetriezerouno di saggezza e buonsenso negli abiti di Andrea Zorzi e questo ha aiutato a evitare derive scandalistiche e banali. Riascoltate il podcast, se lo volete, appena disponibile.

Ma come naturale che fosse è montata l'ondata di secondismo.
Cos'è? Tutto quello che secondo me, noi, voi, te, essi, dovrebbe essere fatto (un medico su ogni campo, un cardiologo ad ogni incrocio, visite mediche più accurate, abolire lo sport professionistico, colpire senza pietà i responsabili, che di qualcuno sarà pure la colpa, e anche qualcuno non responsabile ma che potrebbe esserlo) e non è stato fatto (perché siamo un paese di cialtroni, perché la Figc pensa solo ai soldi, perché i controlli sono quelli che sono, perché chi controlla i controllori, perché manca una vera politica di) per evitare che fatti come quelli di ieri possano accadere di nuovo.

E se Morosini fosse morto, mentre giocava a calcio, non perché giocava a calcio ma nonostante giocasse a calcio?





lunedì 2 aprile 2012

Grande è la confusione sotto il cielo (e pure di fianco)

Bene, Massimo Calearo si fa intervistare da quelli de La Zanzara, si lascia prendere dal clima della trasmissione e le spara un po' grosse, non grossissime, nemmeno troppo più grosse di quelle che vengono sparate talvolta a Caterpillar, per dirne una, ma sufficienti a scatenare l'indignazione.

Per via della sua "opinione" sul parlamento, di quella sui gay e anche della Porsche "sottratta al fisco". E quest'ultima, coi tempi che corrono è molto più deprecabile che uccidere i camionisti a colpi di cesoia. Non è necessario che sia vero, nemmeno verosimile: basta anche qualcosa meno del sospetto a scatenare gli indignati in servizio permanente.

'Sta faccenda della Porsche deve avere impressionato, dato che compare in tutti i titoli. Ma cosa ha detto il Calearo? Che possiede un'azienda con 250 dipendenti in Slovacchia. Che possiede una Porsche. Che la Porsche è intestata all'azienda slovacca e non a quella italiana o a se stesso cittadino italiano. Che lo ha fatto perché lì la spesa è fiscalmente interamente deducibile mentre in Italia solo al 50% (imprecisione: in Italia lo è solo al 40% e non dell'intero costo dell'auto ma solo fino a 18mila euro e spiccioli, i vecchi cari 35 milioni. Spiego con un facile esempio comprensibile a quasi tutti. In Italia, se sei un'azienda o un libero professionista, non importa che acquisti una Fiat Punto da 18.159 euro o una Porsche Cayenne da 80.000 euro, la cifra che potrai portare in deduzione è sempre la stessa. 7.263 euro in tre anni, pari a 2.421 all'anno. Ovvero, se sei uno dei fortunati che pagano circa il 50% di imposte, il beneficio fiscale è di 1.210,5 all'anno. Sia che tu abbia una Punto, sia che tu abbia un Cayenne. Se sei un libero cittadino, deduci nulla).

Quindi, di grazia, in che senso la Porsche di Calearo è nascosta al fisco? Dove sarebbe la presunta evasione?  Sarebbe semmai il fisco Slovacco a dovere aversene a male, in teoria, giacché il Calearo ha dedotto un costo lì anziché qui. Ma non lo fa. Perché se la Slovacchia impone una tassazione del 24% sul reddito delle imprese (anziché il 43% italiano) e permette di dedurre interamente il costo di un'auto, ci sarà pure un motivo, no?

Certo, c'è l'Iva che è stata pagata (e dedotta) lì e non qui. Ma questa è l'Europa, bellezza. Cosa facciamo, accusiamo di nascondere le vacanze al fisco tutti coloro che trascorrono un week end lungo a Praga o le ferie in Croazia? Di nascondere l'iPhone al fisco tutti quelli che se lo comperano a NY? Di non pagare la Siae quelli che acquistano qualche CD a Londra? O in generale tutti coloro i quali acquistano un bene lì dove costa meno?

Quindi? Niente. Ho solo il vago sospetto che indignarsi costi meno fatica che documentarsi o anche solo ragionare). Pertanto, ma vadaviaiciao va'.





sabato 31 marzo 2012

Asoscial oddities

Mia moglie è piuttosto asociale.

Pertanto si è creata un profilo Facebook. Ma no col suo nome, cognome e foto. E' infatti piuttosto asociale.
Ha scelto un nome a caso, una foto trovata su Internet, opportunamente pasticciata così da rendere il soggetto irriconoscibile, impostato un età a caso ma non troppo avanzata, un certo numero di interessi e quel minimo di biografia che serve a rendere il tutto ragionevolmente credibile.

Nient'altro. Mai commentato alcunché, mai fatta una richiesta di amicizia, mai postato nemmeno una barzelletta sconcia. Di tanto in tanto lo apre, giusto per vedere come vanno le cose.

Al momento, immagino grazie a una scelta tanto inconsapevole quanto sapiente degli interessi (e forse anche del genere - la foto non direi, difficile che si possa intravvedere una gran gnocca in quella specie di ectoplasma), ha oltre 200 amici. 125 più di me. Amici che non conosce. Ma no, per dire, come Eddy Ottoz o Stefano Baldini i quali hanno centinaia di amici che non conoscono; ma almeno gli amici conoscono loro, se non altro per sentito dire. Sanno chi sono, come minimo. No, lei non li conosce e nemmeno loro, per ovvie ragioni, conoscono lei.

Ieri era il suo compleanno. Ha ricevuto più di 60 messaggi di auguri.

Aggiunta dell'1 aprile.
In effetti l'ultima riga è ambigua. In realtà tre giorni fa si celebrava non il suo compleanno reale della moglie, ma quello del profilo farlocco con data di nascita scelta a caso

lunedì 26 marzo 2012

Poche storie, ho ragione io

Mi fa impazzire questo clima; tutti contro tutti, qualunquismo a mille, populismo come se piovesse.

Pare che, spedita a casa l'intera classe politica e varata una lotta dura all'evasione l'Italia sarà nuovamente pronta a lanciarsi verso un futuro magnifico e progressivo fatto di giustizia, uguaglianza e indigenza.

E nel frattempo.

Un imprenditore si lamenta che in questo paese sia difficile fare impresa? E' un brontosauro incapace e inetto che produce cose di cui frega niente a nessuno, che pretende aiuti dallo Stato e comunque ha il Suv e i soldi in Svizzera. Morisse e prima di morire però imparasse da Google come si fa.

Qualcuno pensa che forse sarebbe opportuno sostenere i piccoli tradizionali negozi di quartiere? Echissenefrega, roba da buffoni fighetta radical chic, morissero tutti, tanto sono evasori e poi io il vino da trenta euro a bottiglia non posso permettermelo e quindi morisse anche chi lo produce.

Un ministro guadagna 7 milioni di euro in un anno e ne paga 4 di tasse? Si vergognasse e la finanza dovrebbe indagare.

Hanno catturato la banda che rapinava i ristoranti stellati? Facevano bene, i veri ladri sono i ristoratori da 100 euro a pasto, e poi molto meglio il mio amico che con 8 euro mangi tanta di quella coda alla vaccinara da sfondarti.

Un politico è in vacanza alle Seychelles? Lo si fotografa e si mandano le foto ai giornali, affinché sia additato al pubblico ludibrio. Foto naturalmente scattate da altri (non politici chiaramente) che si trovavano non a Terracina ma proprio lì, alle Seychelles, in vacanza, in quegli stessi giorni. Evasori? Chissà, possibile, forse probabile. Ma, avendo sputtanato il politico, ossia l'ultimo dei reietti nella scala sociale, hanno verosimilmente guadagnato un temporaneo diritto di parola.

Un ministro, parte di un governo che ha appena introdotto l'Imu, dispone di 83, forse 84 proprietà immobiliari? Lurido schifoso, conflitto di interessi. La finanza anche da lui, mica che si accanisca solo con i poveri cristi.

Uno qualsiasi si trova in coda in autostrada prima del casello di Serravalle, in mezzo a migliaia che come lui stanno andando all'outlet di Serravalle per via dei saldi? Potrebbe pensare "cavoli non è che abbia avuto un'idea granché originale". Potrebbe. Invece scrive ai giornali "Ma dov'è questa crisi?!"

Il garante Pizzetti afferma che «È proprio dei sudditi essere considerati dei potenziali mariuoli. È proprio dello Stato non democratico pensare che i propri cittadini siano tutti possibili violatori delle leggi. In uno Stato democratico, il cittadino ha il diritto di essere rispettato fino a che non violi le leggi, non di essere un sospettato a priori».  Pizzetti difende gli evasori.

Attilio Befera, quello stesso che qualche mese fa aveva raccomandato ai suoi funzionari che nei controlli non ci dovesse essere persecuzione e che si dovesse tenere conto della buona fede del cittadino (anche lui, per questa banale affermazione, che in un mondo normale sarebbe appunto banale, accusato di favorire gli evasori), ora dice "Nessuna pietà per gli evasori".  Minchia!! se posso esprimermi con un francesismo.









domenica 4 marzo 2012

Frati, chirurghi e caste

Come al solito il sabato, se non si va via, si leggono un po' dei ritagli (o dei bookmark) accatastati durante la settimana.

Tra i quali l'articolo di Gian Antonio Stella sulla carriera del primario che operava i manichini e che, come tutti i familiari del rettore della Sapienza, lavora presso la Sapienza stessa.
Gian Antonio Stella lo leggo ma non è che mi piaccia sempre e spesso non concordo. Si documenta, espone i numeri, ma i numeri non sono tutto. Molto, ma non tutto. Insomma, diciamo che punta a tirare l'applauso. Sarà che quando uscì il suo best seller, La Casta, ho pensato, vabbè, a tutti è capitato di incontrare ragazze che non te la danno, ma mica bisogna per forza scriverci un libro. Poi ho capito.

Torniamo all'articolo. L'ho letto due volte ma non sono riuscito a capire se il Prof. Giacomo Frati sia un bravo medico oppure no. Dettaglio che, nell'economia del discorso, non mi pare trascurabile. Stella sembrerebbe propendere per il no, ma ho come la sensazione che vi sia un minimo di pregiudizio.

Poi, oddio, un fenomeno non deve essere il Frati. Se quando ti domandano come mai nel tuo reparto la mortalità a 30 giorni dei pazienti operati di bypass sia doppia rispetto agli altri ospedali della regione rispondi che "la cardiologia lì è partita da zero" significa che vuoi proprio farti del male. Quando sarebbe stato sufficiente dire che la mortalità su 44 interventi non è comparabile con la mortalità su centinaia di interventi.
E poiché da molto tempo non apro una parentesi, rimedio subito. Tra tutte le riforme inutili facciamone una facile facile e a costo zero. Nozioni base di statistica per tutti alla scuola dell'obbligo e richiamo all'esame di abilitazione alla professione (giornalistica, ma anche medica, legale, tassistica, ecc). Almeno non mi toccherò più ascoltare minchiate come quella che se io mangio un pollo e tu zero ne mangiamo uno a testa. Chiusa la parentesi.

Alla fine mi resta un dubbio. Stella appare scandalizzato dal fatto che il team si fosse impratichito sui manichini. Si sono impratichiti via via sui malati che avevano affidato loro la vita? si domanda Stella.

Mi sfugge qualcosa. Per impratichirsi non vedo troppe opzioni.
  1. Esercitarsi sugli animali 
  2. Esercitarsi sui manichini 
  3. Esercitarsi su altri umani (probabilmente umani che però non avevano affidato loro la vita).
Ahimè, questa è la sfiga dei chirurghi (e dei pazienti). Prima o poi dovranno operarne uno per la prima volta, ma nessuno vorrebbe essere operato da un chirurgo che opera per la prima volta.

lunedì 27 febbraio 2012

23406 euri

Sembrano essere la paga media lorda italiana nel 2009. Più o meno metà di quella olandese o tedesca osservano molti acuti osservatori. In Europa, solo a Malta, in Portogallo, Slovenia e Slovacchia si guadagna di meno. Mi pare tutto un po' strano o meglio poco verosimile. Ma lo dice Eurostat.

Bisogna scardinare questa situazione, ribatte la ministra Fornero.
Concordo. Fosse per me, io lo stipendio a chi lavora con me lo triplicherei anche domani, come segno di buona volontà. Per un mese. Non saprei bene come fare dal secondo, però.

Comunque, messe così le cifre, non stupisce che nei commenti dei lettori si dia la stura al consueto qualunquista tutti contro tutti.

Non mi ci mischio e penso che, magari, ma sono un ragazzo di campagna e non sono mai stato all'estero, magari, dicevo, i guadagni dovrebbero essere rapportati al potere di spesa. Con 1.000 euro al mese a Santo Domingo stai un gran bene, a Londra qualche problema forse ce l'hai.

Ma andiamo con ordine. O anche no, cambia poco.
Prendiamo un contratto del commercio. 23.406 euro lordi equivalgono a 1.212 netti per 14 mensilità. Mi pare un po' bassina come media nazionale, ma mi fido. Lo dice Eurostat.
Equivalgono anche, i 23.406 lordi annui, a 32.041 come costo complessivo per il datore di lavoro.
Il lordo, insomma, è il 73% del costo complessivo. Il netto invece è appena il 52% del costo complessivo. Ogni 100 euri "guadagnati", 52 vanno nelle tasche del lavoratore, 48 in tasse e contributi previdenziali.

Giusto per offrire un modesto contributo al dibattito tra me e me, aggiungo che, con le aliquote e i contributi attuali, un lordo medio di 41.100 euro (quello della Germania), darebbe un netto mensile di 1.920 e un costo del lavoro di 56.246.

Mi vien da pensare, quindi che più del lordo, avrebbe senso confrontare il costo totale del lavoro. Forse.

Forse e ribadisco forse, sarebbe opportuno considerare anche le ore lavorate in un anno.  Il solito contratto del commercio prevede 26 giornate di ferie, 10 festività varie e non so più bene quante giornate di permessi retribuiti. Oltre ai primi tre giorni di malattia a carico del datore di lavoro. Le ore lavorate negli altri Paesi potrebbero essere di più o di meno,, non lo so. Ma non tenerne conto è una fesseria.

Allora, invece di fare i furbetti e confrontare i salari lordi, cominciamo col considerare costo totale, ore lavorate ecc ecc e poi possiamo cominciare a ragionare. Per chi ne avesse voglia, i dati (purtroppo non completi), si trovano qui.

E se proprio vogliamo ragionare per bene e non solo far fare ginnastica passiva ai neuroni, discutiamo di competitività e mettiamo nel confronto anche altri fattori. Ad esempio, chiacchieravo tempo fa con un amico, responsabile di produzione in un'azienda alimentare piuttosto importante. Il quale diceva che in effetti il costo del lavoro è sì alto, ma non è nemmeno il peggiore dei mali. Ciò che li mette fuori mercato, a loro, è il costo dell'energia. L'imprenditore sarà anche un maiale capitalista ma, diceva il mio amico, se gli dimezzassero i costi dell'energia elettrica (in Italia è il 30% più alto della media europea), avrebbe qualche soldino in più da investire in ricerca e sviluppo e pure per aumentare un poco i salari. Ora è tardi, ma sono sicuro che con minimo sforzo ne troverei tante altre componenti di spesa che, se fossero a livelli europei, permetterebbero di aumentare gli stipendi....




Quattro pensieri

Pensiero numero 1.
Ma cosa minchia c'entra, di grazia, la presenza d una bionda moldava, a bordo della Concordia con quello che è successo alla Costa Concordia? E cosa minchia c'entra che la bionda moldava e Schettino si siano baciati?  Perché frantumarci i cabbasisi con i dettagli pruriginosi? Ma c'è davvero qualcuno con QI superiore a 30 convinto che la presenza della donna a bordo abbia qualcosa a che vedere con il disastro? Un consiglio ai comandanti in servizio: in cabina portate solo more svizzere.

Pensiero numero 2.
Tema dominante degli ultimi giorni della settimana sembra essere la libertà di espressione.
Sabato in viaggio, radio sintonizzata su Gr2. Si parla di Facebook e delle regole su ciò che si può o non si può postare. Con tanto di intervista al famoso avvocato specializzato in diritto su e di Internet. 
"Come la mettiamo con la libertà di espressione?" domanda la giornalista, non una ma due volte.
"Facebook ha delegato il controllo dei contenuti a società esterne. Chi controlla i controllori?"
Madeche???? Ma da quando Facebook è diventato un diritto inalienabile dell'uomo? 

Lucia Annunziata, la quale non è che mi stia simpaticissima con quell'area da professoressa che ha capito tutto mentre gli altri son tutti citrulli, dice che difenderebbe a tutti i costi il diritto di espressione di Celentano, anche se proponesse i campi di sterminio per i gay. Chiaramente un paradosso. Ma pare non si potesse dire. La frase è risultata assai sconveniente e molti se la sono presa a male, a dimostrazione che la libertà di espressione ha dei limiti. 
Continuo tuttavia a domandarmi per quale motivo Celentano abbia più diritto del mio benzinaio a elargire le sue prediche mediante la cosiddetta tivudistato. Anzi, continuo a domandarmi perché chiunque sia stato almeno una volta in tivu deve poterci tornare per sempre altrimenti è censura e attacco alla libertà di espressione.

Pensiero numero 3.
Sempre a proposito di Celentano ho letto non ricordo dove che egli dice quel che pensa e ciò, oltre ad essere un pregio, dà fastidio. 
E' vero. A me in effetti dà molto fastidio. Soprattutto quando dire quel che si pensa significa non pensare a quel che si dice. Cioè quasi sempre. Dato che un qualsiasi individuo di intelligenza media tende a pensare fesserie. Ma poi ci ripensa e le tiene per se'.
Per dirla tutta, la frase "io dico sempre quel che penso" andrebbe abolita per regio decreto.  Insieme con "ma chi controlla i controllori?". 
Almeno, io la penso così.

Pensiero numero 4.
Il Corriere della Sera dovrebbe essere chiuso perché esce al mattino e soprattutto riporta notizie accadute nell'arco delle 24 ore, non solo dopo il tramonto.

Altri due cents

Monti ha deciso per il no. Potrei anche essere d'accordo, per quel che conta. Con questa crisi meglio lasciar perdere le Olimpiadi. Ma non mi va di esserlo, con tutta questa gente che prima non lo era e ora, dopo la decisione, lo è.


Comunque sia, è vero, non ci sono soldi. Ci sono altre priorità. Sarà il solito magnamagna. Non sappiamo affrontare dieci centimetri di neve, figurarsi un’Olimpiade.
Ma poi mi guardo intorno e penso che è ben triste un Paese che non fa le cose perché qualcuno potrebbe arricchirsi o anche solo guadagnarci. O che fa mai nulla perché le priorità sarebbero altre. Accidenti, ma il problema di questo paese, il problema vero, non è la crisi, non è la mancanza di denaro, non è il rischio che qualcuno ci guadagni più di quanto l'uomo comune ritiene lecito (ovvero qualsiasi cifra superiore a zero euro). No, il problema di questo paese è che si è smesso di pensare in grande, di avere progetti, che si è persa la voglia di fare, la voglia di sognare. Il problema grande è la rassegnazione che vedo in giro, quando invece oggi più che mai bisognerebbe sognare e rischiare.  E per consolarmi ogni tanto guardo qui: http://www.tornareasognare.it.


Non so se servirebbe, ma se le Olimpiadi servissero davvero per aiutare questo Paese a uscire dal torpore in cui si è cacciato, allora vorrei che qui si organizzassero non solo quelle del 2020 ma anche le quattro successive…


Pensiero collaterale: se passa l'idea che il bilancio di un'Olimpiade si debba chiudere in pareggio, che l'Olimpiade non sia un investimento, economico, morale e perché no di immagine, allora temo che per i prossimi 100 anni i Giochi Olimpici li organizzeranno solo gli Emirati o i Paesi che dispongono di giacimenti di litio. E mi spiace per tutti coloro per i quali, avendo cose più intelligenti a cui pensare, i Giochi sono solo un gigantesco business.

giovedì 12 gennaio 2012

E' un lavoro sporco ma qualcuno deve farlo

Il giovedì, verso le 5PM c'è la call settimanale. Un'ora, più o meno, per raccontare quel che si è fatto, quel che non si è fatto, perché e quando. E per ricevere aggiornamenti, se ce ne sono: cose del tipo "stiamo rivedendo tutta la strategia di prodotto", "sta per uscire la nuova release", "qui piove da tre giorni e lì?", "a febbraio verrà in Italia per circa 45 minuti il vice capo del marketing". A volte, anche per farsi venire delle idee. Quelle informazioni che in un modo o nell'altro ci permettono di fare il nostro lavoro, insomma.
Un'ora alla settimana, Alla seconda settimana anche un criceto tonto si rende conto che, se il mondo non si fosse oramai bevuto il cervello, una trentina di minuti ogni due o tre settimane sarebbe più che sufficiente  e rimarrebbe anche del tempo per cazzeggiare un po'. Ma tant'è, viviamo nell'era delle comunicazioni di massa e quindi sembra sia irrinunciabile produrre una gran massa di comunicazioni. Che, ahimè, non so lì, ma qui da me non producono reddito. Le call, insomma, stanno diventando un problema sociale. Al pari delle droghe e dell'alcolismo. Forse pure di più.

Una manciata di agili suggerimenti del tutto aggratis su come recuperare quei 90 minuti ogni due settimane? Pronti.
  1. Il report che ti ho mandato per email, leggilo prima della call (te l'ho mandato appunto per quello e ci ho messo del tempo, mica si è generato da solo) e se qualcosa non ti è chiaro ne parliamo. Anziché leggermelo in diretta, che io lo so già cosa c'è scritto.
  2. Ascolta (almeno con quel minimo di attenzione che dedicheresti all'hostess quando spiega le procedure di sicurezza prima del decollo) e prendi due appunti quando parlo, così la settimana prossima non mi chiederai di nuovo la stessa cosa. Anziché rispondere alle email, che in viva voce si sente benissimo che stai picchiettando sui tasti come fosse l'ultimo giorno che hai a disposizione una tastiera.
  3. Focalizzati su quel che è veramente importante. Anziché stare lì a frantumare i cabbasisi su dettagli ininfluenti (lo sappiamo tutti che è una prima draft, se c'è un Verdana e non un Arial ma chissenefrega).
  4. Se durante la call precedente mi hai promesso che mi avresti mandato un qualcosa che dovevi produrre tu, producilo e mandamelo. Anziché dimenticartene (perché non hai preso appunti e chattavi postavi twittavi) costringendomi a richiedertelo nuovamente.
E soprattutto. Se settimana prossima sei fuori ufficio dal martedì in poi, ti prego, non scrivermi che la call della settimana prossima la faremo lunedì mattina. Ma cosa minchia sarà cambiato in nove-dieci ore lavorative???
- Per questa settimana passiamo?
- Nononononono. Bisogna farla.
Che a tua volta ne riferirai in un report "fatta call settimanale con l'agenzia, discusso questo questo e questo" che spedirai a qualcuno che non lo leggerà, ti chiederà invece una call, nel corso della quale lo leggerà in diretta...... E mentre tu risponderai, lui twitterà, chatterà, posterà....


Aggiornamento
Qualcuno mi ha chiesto perché call e non telefonata.
Mo' te spiego.
Poniamo che io in questo momento afferro il telefono e compongo il tuo numero. Potresti rispondere, e allora ci diremmo delle cose, oppure no e allora lascerei un messaggio in segreteria. Oppure riproverei più
tardi.
Questa è una telefonata.

Se invece tu mi spedisci una mail chiedendomi se possiamo sentirci domani dalle 11 alle 11.45 (alcuni, non fidandosi della mail, telefonano) io ti rispondo che sì possiamo tu mi mandi l'invito sul Calendar io lo accetto domani mattina tra le 10 e le 10.30 ti scrivo per chiedere se è tutto confermato tu mi rispondi che sì ma alle 10.58 mi riscrivi dicendo che bisogna posticipare di mezz'ora che hai una riunione improvvisa io ti rispondo che alle alle 11.45 ho una riunione io non improvvisa già schedulata e proprio per quello ti avevo detto che alle 11 ero disponibile rifissiamo per le 12.30, ecco, questa è una call.

Sono dunque (almeno) tre gli elementi che distinguono una call da una telefonata
  1. L'effetto sorpresa (del tutto assente nella call)
  2. Nel corso di una telefonata, a differenza di una call, è possibile discutere e prendere decisioni giacché l'interlocutore non ha avuto modo di predisporre sulla scrivania smartphone, tablet, notebook, cerbottane e in generale tutti quei dispositivi che gli consentono di postare  twittare  swishare chattare e infastidire il prossimo anziché dialogare con l'altro. Va da se' che, capito l'andazzo, tutti tendono ad essere sia interlocutore, sia altro.
  3. La call comporta una gran perdita di tempo e un gran traffico di bit, prima e durante. Spesso anche dopo.
  4. La telefonata è un'attività di servizio (a meno che lavori in un call center) che come dice il nome serve in funzione di qualcosa che devi fare e che è la tua vera occupazione. La call è l'occupazione. Serve in quanto tale. Si autoalimenta, si morde la coda è una mosca cieca. Un po' come la laurea in filosofia per andare ad insegnare filosofia a gente che insegnerà filosofia a gente che insegnerà filosofia....



lunedì 9 gennaio 2012

My two cents

La fase uno è completata e più o meno digerita.  Dicono che serva per la ripresa economica, ma a me 'sta ripresa sta sembrando tutto meno che economica.
Ma tant'è, nei prossimi giorni il Consiglio di Facoltà metterà mano alla fase due. Essendo uno che ama insegnare agli altri come dovrebbero fare il loro mestiere, chiaro che mi seccherebbe che qualcuno pensasse che sono il solo in Italia a non avere la sua ricetta per uscire dalla crisi.
Ce l'ho, è chiaro che ce l'ho. Da tempi non sospetti. Da tempi talmente non sospetti che non ho idea se possa servire a uscire dalla crisi, ma certamente aiuterebbe a rendere questo Paese lievemente più moderno. O quantomeno una dignitosa via di mezzo tra un Paese moderno e Paperopoli.

In più la mia ricetta, sarebbe a costo zero, il che di questi tempi non guasta.

Abolizione di tredicesima e quattordicesima mensilità. 
Calma, non nel senso di cancellarle, anche se come datore di lavoro questa opzione avrebbe un suo fascino. Quello che intendo è semplicemente di ridistribuire il salario annuale su dodici mensilità, innovazione che avrebbe anche una sua logica giacché ormai da parecchio tempo in tutto il mondo occidentale si è stabilito che in un anno ci debbano essere dodici mesi. E vaglielo a spiegare a un inglese o un americano che in Italia le mensilità sono 14. Si sforza, ma fatica a capirlo.

A che servirebbe? Per cominciare a finirla con l'idea paternalstico-medievale che qualcuno (il datore di lavoro nel caso specifico) debba trattenere parte dei denari del dipendente per consegnarglieli, come fosse una mancetta, due volte l'anno, per fare i regali di Natale e portare la famiglia in villeggiatura.
Direi che i tempi sono maturi per consentire alle persone di disporre del loro denaro come preferiscono, di recarsi in vacanza quando desiderano e di acquistare ciò che vogliono quando vogliono.

Abolizione del TFR
Ridistribuito in busta paga pure lui. Il TFR era stato introdotto, mi dicono, affinché i lavoratori, alla fine di una vita di sofferenze, potessero finalmente acquistare la casetta in cui godersi serenamente l'inevitabile rincoglionimento.
Ma oramai la maggior parte degli italiani la casa l'acquista a 30 anni e ben pochi - nel settore privato - trascorrono l'intera vita lavorativa nella stessa azienda. E comunque, ai prezzi di oggi,  con quaranta o poco più mensilità medie, per quanto rivalutate, vedo difficile riuscire ad acquistare anche solo un bilocale.

Non avrebbe più senso ricevere anche questa mensilità in busta paga e, magari, alleggerire il mutuo acceso a 30 anni? Le aziende si dispiacciono? Echissenefrega. Peraltro, per tutte le PMI avere in carico del denaro che viene rivalutato automaticamente più del rendimento che potrebbero ottenere da qualunque investimento, è più che altro un fastidio.

Pensione
Il modello deve essere contributivo? E allora che lo sia, ma davvero.
Hai versato 100 e la tua aspettativa di vita è di 80 anni? Se decidi di smettere di lavorare a 50 riceverai i tuoi 100 (più le rivalutazioni meno i costi di gestione) spalmati su 30 anni. Se preferisci ritirarti a 60 li riceverai spalmati su vent'anni. E così via.
Volendo strafare, azzarderei anche di lasciare libero il lavoratore di scegliere se versare il 40% (più o meno: il 9% a carico suo, il 29 a carico del datore di lavoro) del suo salario lordo all'Inps o gestirselo come meglio crede. Che so, acquistando BOT al 6% di rendimento, azioni, appartamenti, auto d'epoca, panetterie, criceti o qualsiasi idea gli passi per la testa: a 40.000 euro lordi l'anno, pari a circa 1900 euro netti mensili per 14 mensilità e a un costo pe ril datore di lavoro di quasi 55.000, sono oltre 15.000 l'anno quelli versati all'Inps. Più di 600.000 in 40 anni.

Basta sostituti d'imposta
Non sono convinto che questa sarebbe a costo zero. Però sarebbe divertente.
Perché non versare al lavoratore dipendente tutto l'intero salario lordo che gli spetta, senza alcun tipo di trattenuta, né previdenziale né fiscale?
Sarà poi lui, il dipendente, a versare all'erario le tasse dovute.
Vantaggi? Primo, il lavoratore avendo la consapevolezza della differenza tra quanto percepisce e quanto gli resta, sarà più incazzato e più vigile sul modo in cui i SUOI denari verranno spesi.
Secondo, il lavoratore dipendente medio la smetterà di scassare i marroni con la fastidiosa tiritera di "noi cittadini onesti che paghiamo le tase fino all'ultimo euro". Lo dimostri, una volta messo nelle condizioni di potere essere "disonesto".

Deduzioni
Per quale motivo a me, come agenzia, non è possibile né conveniente lavorare in nero o pagare i fornitori in nero? Semplice, perché i miei clienti sono aziende per le quali rappresento un costo deducibile. Così come i miei fornitori mi devono rilasciare fattura affinché il relativo costo sia deducibile.
Non serve un genio allora per capire che se anche ai privati cittadini fosse data facoltà di portare in deduzione determinate spese per beni e servizi, tali cittadini sarebbero invogliati a richiedere fattura o scontrino. Se sulle stesse spese fosse possibile pure scaricare l'Iva, o addirittura questa venisse azzerata, saremmo alla perfezione.

Per due anni, poniamo, è possibile dedurre spese di ferramenta e panetteria. Per altri due, idraulici e lavasecco.
Prendiamo il caso di un idraulico con bassa propensione all'emissione di fattura e un cliente che paga un'aliquota del 27%. Per un intervento da 100 euro (121 con l'Iva) l'idraulico (poniamo anche lui con aliquota del 27%) tenderà a proporre 121 con fattura o 90 senza; il cliente accetta perché risparmia 31. L'idraulico va a nozze perché "guadagna" 17 (pagando il 27% di tasse su 100 gliene rimarrebbero 73, senza fattura gliene rimangono 90)

Ma se il costo dell'idraulico fosse deducibile e privo di Iva, il cliente pagante 100 risparmierebbe 27 euro di tasse. Che sarebbero però pagate dall'idraulico.

Danno per lo stato: zero. L'Iva non la incamera nemmeno ora e 27 euro di imposta li riceve comunque.
Guadagno per lo stato: zero. Nell'immediato. Ma se dopo due anni durante i quali ha emesso fatture per 100.000 euro l'idraulico torna a presentare dichiarazioni patetiche, se ne accorge anche Bambi che c'è qualcosa che non funziona.