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mercoledì 28 dicembre 2011

Più lusso per tutti, soprattutto in treno

Una delle conseguenze belle del saper leggere è che si possono leggere tante cose interessante. Una di quelle brutte, che si leggono anche un sacco di stronzate. In virtù del vizio, piuttosto diffuso, di dire quel che si pensa anziché pensare a quel che si dice.

Alle volte gli autori delle stronzate un po' li capisco o almeno cerco. Magari la stronzata la dicono solo perché rivestono un certo ruolo e tutti - a cominciare da loro stessi - si aspettano che esprimano proprio quei concetti  lì; e li esprimono, con supremo sprezzo del ridicolo. Ma in fondo non ci credono nemmeno loro. Quel che temo, invece, è che spesso ci credano davvero e questo è il motivo per cui con gente che ragiona così si va da nessuna parte..

Penso ad esempio ai commenti seguiti all'annuncio della nuova offerta tariffaria di Trenitalia sui Frecciarossa. Che prevede 4 classi con 4 livelli di servizio. Scegliendo  la più bassa delle quali (la Standard, un poco più economica dell'attuale seconda) il viaggiatore sarò confinato nelle 4 carrozze a servizio Standard, senza possibilità di transumare su carrozze di categoria superiore né tantomeno recarsi al bar di bordo. Dovendosi accontentare degli snack e delle bevande proposte dall'omino col carrellino.

Uno normale legge la notizia, fa due conti, memorizza e si regola. Se è un viaggiatore abituale che mai si è recato al bar di bordo e gli frega nulla degli schizzi di sugo dalla vaschetta dell'amatriciana del vicino, viaggerà come prima e pure più contento perché spenderà meno. Se non può rinunciare al brivido di caracollare verso il bar almeno un paio di volte per tacchinare la barista acquisterà un biglietto di classe superiore. Oppure rinuncia a tacchinare e risparmia. Insomma, come accade in quasi tutti i casi della vita, ciascuno decide quanto spendere in funzione di cosa vuole ottenere in cambio.
Semplice, no?
Se invece è uno che ha mai viaggiato in Frecciarossa in vita sua e mai lo farà, allora si incazzerà di brutto e inizierà a strillare contro l'ingiustizia e le discriminazioni.
In questo caso particolare si sono distinti i rappresentanti delle associazioni dei consumatori.
Che sono andati giù pesanti.

Alessandro Miano, di Assoconsumatori: "E se un passeggero soffre di claustrofobia?" Ma quando ti hanno chiesto un parere, stavi ancora digerendo la peperonata? Claustrofobia? 104 metri (ogni carrozza è lunga 26 metri e spiccioli) non bastano a un claustrofobico per lenire la sofferenza? Mica li fanno viaggiare chiusi nel bagno.

Marco Donzelli, di Codacons: "Qualcosa la faremo di certo, su una così un giudice potrebbe persino sollevare la questione di costituzionalità. E' finito il tempo delle deportazioni". Maaaa, stiamo parlando della stessa cosa? Deportazioni? Costituzionalità?

Ma benedetti ragazzi, avete mai provato a viaggiare su un volo intercontinentale? Avete mai soggiornato in un qualsiasi hotel con più di due stelle? Avete mai prenotato un overnight delivery con Ups? Mai fatta una crociera con Msc o una traversata in traghetto? Ma andiamo!!

Però.

Ripensandoci con calma, intravvedo pure io un certo che di antcostituzionale nel fatto che il mio vicino di box possegga una Bmw X5 e io no. Qualcuno mi sa suggerire dove presentare un esposto?


domenica 11 dicembre 2011

Edilizia for dummies

Uno degli aspetti positivi dell'imbarcarsi in una pluriennale ristrutturazione edilizia completa di recupero, ripristino, consolidamento, risanamento, ampliamento, messa a norma, sbancamento, ecc ecc è che si imparano un sacco di cose. Che purtroppo serviranno a poco, dato che chiunque ci si sia imbarcato - a meno che sia completamente pazzo - mai più nella vita ci si reimbarcherà.

Per cui mi son detto: perché tenerlo per me tutte quello che ho imparato? Perché non condividerlo così che possa rappresentare una (f)utile guida per chi, malgrado tutto, voglia gettarsi nell'impresa?

Ecco quindi, in ordine sparso, un glossario dei termini più usati in edilizia.
Sicuramente lunedì veniamo a finire il tetto. Può darsi che un lunedì veniamo forse a completare il tetto
Giovedì ti consegno le finestre, sempre che non ci siano problemi. Prenditi pure altri impegni, tanto le finestre non ho la minima intenzione di consegnartele.
Le finestre sono pronte, le ho già portate a verniciare. Le finestre non ho nemmeno iniziato a lavorarle (e non inizio fino a che non mi darai un anticipo, che peraltro non ti ho mai chiesto).
Sabato se sei qui, vengo a finire il lavoro. Se ho fortuna venerdì nevica e ne riparliamo in primavera.
Oggi non siamo stati sul cantiere perché ha piovuto tutto il giorno. Oggi siamo stati su un altro cantiere perché quell'altro si è incazzato molto più di te.
Siamo stati fermi una settimana perché abbiamo avuto i ladri in magazzino e ci hanno portato via il camion e tutto il cemento. Ho appena cambiato la macchina e fino a che qualcuno non mi paga non ho i soldi per il cemento.
Il cemento poi quando asciuga diventa beige come lo volevi tu. Mi sono dimenticato che le fughe dovevano essere beige e non ho voglia di ripassarle.
Ho cercato l'architetto per chiedere come voleva finire la gronda, ma aveva il cellulare spento. Ho usato del materiale che mi era avanzato da un altro cantiere e quindi già pagato. Chiaramente lo faccio pagare anche a te.
Massimo tra due settimane ti mando il preventivo. Da quando ho adottate le settimane di 45 giorni vivo molto meglio.
Poi chiudiamo col silicone. Ho sbagliato le misure.
Ho pensato ti facesse piacere se ti regalavo una cassa di moscato, quello buono, secco, lo fa mio cognato. Anziché portarmi dietro una bottiglia ogni giorno, che potrei magari dimenticarmene, ne lascio una cassa nella tua cantina.

Devo ammettere tuttavia che alcuni dettagli ancora non mi sono troppo chiari. Ad esempio:
  • in che senso la malta è bastarda?
  • perché il flessibile non si flette nemmeno a pregarlo?
  • cosa è il taccone?
Il taccone, dopo un paio d'anni, pensavo di averlo capito cosa fosse. Poi, un giorno, Antonio, il capomastro, ha detto "adesso finisco quel taccone lì e poi vado". E ha eseguito un'operazione del tutto diversa da quella che mi aspettavo. Alla fine ho maturato la convinzione che il taccone sia una figura retorica: andare a fare un taccone credo significhi andare a lavorare. In Sicilia vanno a travagliare; in Piemonte a fare un taccone.

sabato 3 dicembre 2011

Ma dai!!!! Mica si scrive così Andrea!!!

Probabilmente un giorno Mishell si sposerà con Geiar. O con Mettiú. O con Laionel. O con Raian.

lunedì 28 novembre 2011

Figure retoriche (e da deficiente)

Ho sempre creduto fosse un modo di dire, una figura retorica.

Invece no.
Gli sfigati che scendono dall'auto brandendo un cric esistono davvero.
(Al semaforo, non in corsia d'emergenza).
Il cric della Fiat 500 (quella di una volta)

venerdì 25 novembre 2011

Regalo di Natale (e di Silvio e di Mario)

Bene, l'acconto Irpef per i redditi 2010 lo si pagherà con lo sconto. 82% invece del 99%.

Nel senso che dopo avere pagato a giugno (o anche dopo, rateando e aggiungendoci qualche spicciolo di interessi) il 40% del 99% di quanto versato all'erario per i redditi 2010, tra sei giorni avremmo dovuto pagare il rimanente 60% del 99%. Nella presunzione che il reddito 2010 sia almeno uguale a quello dell'anno precedente. Pagheremo invece solo l'82% e il rimanente 17% il prossimo anno.

La notizia è stata accolta con discreto favore, o freddezza, da quasi tutti. Tranne alcuni (commercialisti si nasce, non si diventa) secondo i quali la mossa è una fregatura. Avendo qualche soldino in più in tasca, infatti, li sperpereremo tutti andando a donnacce e l'anno prossimo non li avremo più e piangeremo lacrime amare.
Curiosa questa tesi per cui lo Stato dovrebbe mettersi da parte i denari delle nostre tasse per impedirci di spenderli. Opportunamente sviluppata potrebbe portare a interessanti conseguenze.

Curioso anche che si accetti come se fosse perfettamente normale che al 30 novembre si debba pagare il 99% delle imposte sui redditi dell'anno. Al 30 novembre, ma potrei confondermi, sono trascorsi 11 mesi su 12. Vale a dire 334 giorni su 365: ossia 91,5% dei giorni di un anno.

Per quanto mi sforzi non riesco a trovare ragioni eque e intelligenti per le quali si debba versare una tassa su un reddito non ancora prodotto (chiaramente non considero la necessità di fare cassa una ragione equa e intelligente). Per dirla tutta la cosa mi innervosisce non poco.

Anche perché i miei clienti mi pagano mediamente a 60 giorni. Un po' come a tutti coloro che hanno un'attività in proprio o un'azienda. Ne consegue che al 30 novembre starò incassando le fatture emesse a settembre. 9 mesi su 12. E' quindi facile verificare che al momento di versare all'erario il 99% delle tasse sul reddito avrò incassato solo il 75% di tale reddito. Dettaglio che l'erario conosce benissimo anche se finge di no. E ciò lo capisco ancora meno. E mi innervosisce ancora di più.

Vogliamo pagare dell'Iva? Per chi non lo sapesse, l'Iva la si versa allo stato con apposito modello F24 il 16 del mese successivo a quello in cui le fatture sono state emesse. Ovvero, nel momento in cui incasserò le fatture del mese 1 avrò già pagato l'Iva del mese 1 e del mese 2. Cioè il 42% del mio reddito (avrò anche già pagato due mesi di stipendi, ritenute, contributi e oneri accessori, ma questo è un altro discorso). A questo però ci si fa presto l'abitudine. Le fatture sono state emesse e prima o poi i denari arriveranno.

Ma il vero divertimento arriva il 27 dicembre. Quando con le bollicine dello spumante che ancora sballonzolano in noi, l'Erario ci chiede cortesemente di versare il 90% dell'Iva del mese. Quale mese? Ma dicembre, no? Per undici mesi si paga su fatture emesse ma non ancora incassate. Il dodicesimo su fatture non ancora emesse.
Un tempo non era così. Ma un bel giorno il governo dell'epoca scoprì che anticipando di 20 giorni la scadenza di dicembre avrebbe dato una sistemata ai conti del'anno. Provvedimento che non poteva essere provvisorio, pena un buco di pari importo nel bilancio dell'anno successivo. Insomma, un giochino che se lo facessi io non credo piacerebbe molto.

Ricapitolando. Prendiamo il 27 dicembre di un anno qualsiasi.
  • Pagate il 99% delle imposte dell'anno
  • Incassato il 75% dei redditi dell'anno
  • Anticipata l'Iva relativa a 3 mesi di fatture non ancora incassate (ovvero il 21% del 25% dei redditi annuali).
Anche qui, è facile verificare che se nei primi 364 giorni dell'anno avrò speso più di un terzo del mio reddito annuale, il mio conto sarà in rosso.
(Non ho naturalmente considerato addizionali regionali e comunali, Irap e contributi previdenziali).

Questi sono i motivi per cui:
  1. Quando mi dicono "beato te che devi rendere conto solo a te stesso" mi prudono le mani
  2. Quando mi dicono "eh, qualcosa di sicuro riesci a nasconderlo, mica come noi dipendenti", mi prudono le mani e mi girano i marroni
  3. Quando leggo che gli imprenditori sono evasori e come tali vanno mazzolati, mi prudono le mani, mi girano i marroni ed emergono impulsi a provocare dolore fisico.
Perché, alla fine, io, e milioni di altri soggetti in questo Paese. allo stato facciamo da banca. Una banca pure sfigata, giacché Unicredit, per dirne una, può decidere se prestarmi o meno dei denari. Io no.

Ora, io non pretendo di ricevere ringraziamenti. Ma, almeno, non mi frantumassero i cabbasisi.
E concludo con un bel mavadaviaisiap va!


sabato 19 novembre 2011

Un problema di educazione

18.30 di un banale, nebbioso sabato novembrino milanese.
Incrocio.
Il semaforo passa sul verde e svolto a destra.
Mi fermo per via di un pedone che attraversa, sulle strisce, col verde. È una signora anziana, col bastone, non rapidissima nell'avanzare.

Quello dietro di me si appoggia al clacson. Non una, non due, tre volte. Sono abbastanza di buon'umore per cui mi limito a concedere 30 secondi di libera uscita al camallo che è in me. Chiaro, se gli insulti fossero adesivi lui, il guidatore deel'auto dietro di me - proverebbe un certo imbarazzo nel mostrarsi in pubblico per i prossimi anni. Come pure tutti i suoi parenti fino al terzo grado.

Ecco, in momenti come questo mi rammarico del fatto che mi sia stata impartita una certa educazione. Sarebbe bello, di tanto in tanto, essere uno di quelli che scendono dall'auto, si avvicinano a quella che segue, aprono la portiera e senza dire una parola ammollano uno sganassone in mezzo agli occhi.

Ma no per cattiveria. Per vedere cosa c'è dentro.

Alcune cose che non capisco

Col passare del tempo, sono sempre più le cose che non capisco.
Probabilmente sto diventando sempre più tonto.

Ma andiamo in ordine sparso..

SIAE. Recentemente giornali e blog hanno discusso diffusamente della decisione della Siae di pretendere il pagamento di una tassa (loro la definiscono più graziosamente remunerazione del lavoro creativo in tutte le sue forme) da parte di quei siti che offrono la visione di trailer. E' chiaramente una vaccata. E giustamente i gestori di tali siti in gran parte hanno deciso di cancellare tali trailer dalle proprie pagine.
La Siae è insopportabile. E anche piuttosto stupidina. C'è chi sulle malefatte dell'Ente ci ha costruito delle sapide inchieste.
Nel nostro piccolo, tempo addietro, volendo fare le cose per bene ci siamo rivolti al più vicino ufficio Siae per versare i diritti per quel minimo di musica di sottofondo che sarebbe stata diffusa per circa mezz'ora nel corso di un evento organizzato per un cliente. Visite, telefonate e alla fine il verdetto. 11, 47 euro. Sicuramente più di quanto è costato a noi in termini di tempo. Ma di questo alla Siae può anche fregarle nulla. Il fatto è che sicuramente anche a loro gestire la pratica è costato molto più di 11,47 euro. E come modello di business mi sembra, diciamo così, che necessiti di una revisione.
Peraltro, conosco gente che, consapevole del fastidio insito nel trattare con la Siae preferisce lasciare perdere e rischiare la visita di un ispettore. Tanto la sanzione costerà meno della somma di tassa e tempo.

Ma torniamo a noi. Cosa non capisco della Siae?
Non capisco perché io debba pagare una tassa (che la Siae definisce più graziosamente equo compenso) su ogni penna Usb, hard disk (e quindi su ogni computer)  Cd o Dvd per il semplice fatto che "potrei" su quel dispositivo registrare materiali protetti da diritto d'autore. Che sarebbe un po' come imporre a tutti coloro i quali acquistano un'autovettura di trascorrere 6 ore in carcere(equa punizione o equa riabilitazione, a seconda di come uno la pensa) in quanto quell'auto potrebbe essere utilizzata per compiere una rapina (se qualcuno a questo punto stesse iniziando a pensare "minchia che paese di nani", lo tranquillizzo subito; una tassa simile esiste in molti Paesi del mondo. Le major sono molto forti, non come una volta, ma forti).
Soprattutto mi riesce difficile capire per quale motivo qualcuno (autori ed editori iscritti alla Siae e la Siae stessa) debbano ricevere da me del denaro (fatto che mi irrita non poco)s olo perché ho acquistato un hard disk sul quale archiviare le mie foto, scattate con la mia fotocamera, nel mio tempo libero.

E una domanda mi sorge spontanea. Se ho pagato il compenso per copia privata (equo, sia chiaro), a logica, sul mio dispositivo potrei registrarci (equamente) quel che voglio, anche materiali protetti da diritto d'autore e duplicati "illegalmente". O no?

RAI.  Non capisco per quale motivo, se nella mia sala riunioni anziché appendere un telo per proiezione motorizzato su un lato e un proiettore sull'altro appendo un televisore  da 52 pollici (semplici monitor di queste dimensioni non ne esistono o se esistono costano uno sproposito), televisore sprovvisto di decoder e quindi del tutto inadatto a visualizzare programmi tv di alcun genere, che viene utilizzato esclusivamente collegato ad un pc per mostrare presentazioni powerpoint e tutto quelle cose che normalmente si mostrano su un telo per proiezioni, io debba versare un canone alla Rai medesima. A logica.

Mi fermo qui, ma poiché le cose che non capisco sono molte, tornerò presto sull'argomento.


sabato 12 novembre 2011

Inps - Istituto Nazionale Ponzi Scheme

Alcune sere fa, ad esempio, sono incappato in una delle tante trasmissioni nelle quali di questi tempi si parla di pensioni (nel senso delle somme che si percepiscono dall'Inps quando si smette di lavorare).

Era presente anche uno dei tanti sottosegretari che fanno abitualmente la fila fuori dagli studi in cui si registrano le trasmissioni nelle quali si parla di pensioni. Del quale non ricordo il nome e lo chiamerò pertanto SI (soggetto ignoto).

Il quale SI ha spiegato il perché e per come si dovrà andare in pensione sempre più tardi e percependo somme sempre più ridicole rispetto allo stipendio. Tutto questo per via del passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo. E fin qui non si può certo dire che si sia sforzato di essere originale, SI.

Avrebbe, per dire, potuto accennare al fatto che l'Inps chiede il pagamento dei contributi pensionistici a persone che, per ragioni puramente anagrafiche, mai potranno percepire una qualsiasi forma di pensione. Ma non lo ha fatto e nemmeno posso pretendere che un sottosegretario, SI in particolare, si faccia portavoce di un problema che riguarda me e poche altre decine di migliaia di persone.

Ma ad un certo punto SI ha tolto la sicura. Non virgoletto perché cito a memoria ma il senso della frase era questo. Il sistema previdenziale si basa sul presupposto che i contributi di chi lavora oggi siano usati per pagare le pensioni di chi i contributi li ha versati ieri. E che nel mercato del lavoro entrassero più persone di quante ne uscivano.

Arimo.

Qualcosa non mi torna (oddio, me ne ero già accorto, non vivo mica a Paperopoli).

Questo presupposto su cui si basa il sistema previdenziale - chi entra paga per chi esce - in America lo chiamano Ponzi scheme.  E chi mette in pratica questo genere di giochini di norma finisce in galera. Perché lo sa anche anche un bambino che le persone prima o poi finiscono e il castello prima o poi crolla. Chiaro che se l'autore dello schema è il detentore stesso del potere legislativo e in tale veste può impedire alle persone di uscire e riscattare il proprio investimento, allora le cose si complicano un pochino.

A questo punto starei per domandarmi per quale motivo nessuno è finito in galera, ma forse è meglio lasciar perdere.


venerdì 11 novembre 2011

Ponte Carlo è un vero palindromo (e non perché lo si può percorrere in entrambe le direzioni)

Non è che lo capisca molto questo spreco di inchiostro, carta e bit (e pertanto do anch'io il mio piccolo contributo) che viene fatto sulla data di oggi e il suo presunto essere un palindromo perfetto.

11-11-11.

Madeché? L'anno, oggi, è il 2011. Va bene che 900 anni fa Facebook non esisteva  (11-11-1111, questo sì era un palindromo) ma  palindromare trascurando cifre a piacere son capaci tutti. Anche un allocco è un palindromo se trascuriamo le prime tre lettere, o no?

Piuttosto, se vogliamo parlare di date palindrome e non di fuffa, prendiamo esempio da Praga, che lì ci sanno fare davvero.
La prima pietra del Ponte Carlo è stata posata il 9 luglio del 1357 alle 5 e 31 del mattino.

1357/9/7 5.31



domenica 6 novembre 2011

A Montezemolo questa formula uno non piace. Nemmeno a me.

Ultimatum di Montezemolo. "Restiamo se la Formula 1 cambia".
Mc Laren e Red Bull dovranno usare il turbodiesel della Punto.

Ultimatum di Usain Bolt. "A Londra correrò la maratona, ma solo se la accorceranno di 42 chilometri".

martedì 1 novembre 2011

500 lire col buco

A suo tempo soppesai a lungo. 500 lire erano pur sempre una bella sommetta.
Ma alla fine decisi che i pro erano più dei contro (avrei anche potuto acquistare un dischetto metallico di diametro e spessore idonei e farci applicare un foro, ma sarebbe costato circa 600 lire).

Da allora, se esco di casa e chiudo la porta a chiave (cosa che per prudenza faccio sempre), automaticamente ho anche la moneta per il carrello. Anche quando non vado al supermercato. Ma chiaramente possedere due portachiavi, uno per andare al supermercato e l'altro per tutte le rimanenti attività della vita non avrebbe avuto senso.

Se poi qualcuno, non avendo di meglio da fare si domandasse il perché di questo post, la spiegazione è qui

lunedì 31 ottobre 2011

Pagare le tasse va bene, ma con qualche distinguo

Essendo per qualche giorno in vacanza, è più facile che scaturiscano pensieri intelligenti o almeno profondi.
Questo appartiene alla seconda categoria.
Pensavo, mentre pestavo furiosamente su alcuni tronchi con la mia nuova accetta, a come certe frasi possano essere interpretate diversamente - e come possano essere differenti i giudizi morali che ne derivano -  a seconda di chi le pronuncia.

Da Wikipedia
Prendiamo ad esempio "io pago le tasse".
Se la pronuncia un uomo, o anche una donna, ci fa una bella figura. Niente di che, è suo dovere, ma le paga e quindi moralmente ineccepibile.

Se invece la pronuncia un tasso, è uno che va a zoccole.

sabato 29 ottobre 2011

Quisquilie

Questa sera, di ritorno dall'ufficio (sul tardi, giacchè verso le 5 mi ha chattato il boss di un'agenzia inglese nostra amica dicendo che c'era a Milano il VP of marketing di un'azienda sua cliente, al quale avrebbe fatto piacere incontrarmi. Essendo stata fino a quel momento una delle giornate più pallose dell'anno, spesa interamente a fare conti, ci siamo dati appuntamento per le 6 e mezza).
Spesa equivalente di 3 sacchetti eseguita alla velocità della luce. Ma con una certa cura.
Mi avvio verso l'uscita coi miei tre sacchetti nel carrello. Qui la procedura è la seguente:
si appoggiano i sacchetti su una panchetta
si riposiziona il carrello recuperando la moneta
si raccolgono i sacchetti e ci si avvia
Nel mezzo, di norma, occorre dribblare quei clienti che per risparmiarsi un tragitto di meno di due metri vorrebbero appropriarsi del mio carrello in cambio della moneta che hanno già in mano. E non basta dire che no non gliela do, che si sembra stronzi. No, mi tocca spiegare che non è una moneta come tutte le altre la mia. E' un 500 lire a cui ho praticato un foro vicino al bordo per poterlo inserire nel portachiavi ed evitare di pietire una moneta grossa in cambio di due più piccole.

Insomma, sto per riavvicinarmi alla panchetta e dall'altra parte si avvicina un'anziana signora pensando ad alta voce "qui dietro dovrebbe esserci una panchetta. Ah, no, è occupata".
Non si preoccupi signora, sto andando via. le dico. Eh ma io sono piccolina non occupo tanto spazio.
Sì, lo vedo, ma me ne sto andando. Ma no, stia pure, tanto prendo poco spazio.
Pochissimo, me ne rendo conto, ma sto andando. Vabbè faccia un po' quello che vuole.

La gente è strana. Non tutta, ma molta.

venerdì 21 ottobre 2011

Scelte vincenti

Ci sono dei giorni che arrivi alla sera con l'impressione, o, peggio, la consapevolezza di avere compiuto scelte sbagliate.
Sensazione che rattrista.
Quando succede, penso a Ronald Wayne e un po' mi passa.

Per chi non lo sapesse e non avesse voglia di seguire il link qui sopra, Ronald Wayne era uno dei tre fondatori di Apple. Con i due Steve: Wozniak e Jobs. Appena due settimana dopo la costituzione della società se ne uscì. Facendosi liquidare il suo 10% con la bella sommetta di 800 dollari. Alcuni mesi dopo ne ricevette, a dire il vero, altri 1.500.

Quella macchinetta di legno non avrebbe avuto futuro.

Oggi sarebbe titolare di un patrimonio di oltre 36 miliardi di dollari.

domenica 16 ottobre 2011

E l'idiota di oggi è......


È lui, non c'è dubbio.

Egli non solo, per punire la ex moglie, si è fatto prestare da un amico un'auto dello stesso modello e colore di quella della moglie, non solo ci ha montato una targa farlocca (uguale a quella dell'auto della moglie), non solo si è messo a sfidare tutti gli autovelox della provincia.

E già questo, da solo, basterebbe per aggiudicarsi l'ambito riconoscimento.

Il problema è che egli non si è accorto che le due auto, quella della moglie e quella dell'amico, non erano proprio identiche. Una, ad esempio, aveva due porte, l'altra quattro. Oppure se ne è accorto, ma deve avere pensato che fosse un dettaglio trascurabile.

Il che dimostra, oltre ogni ragionevole dubbio, quanto il premio sia meritato.

La moglie infatti, ricevute le prime dieci multe e azzerati i punti della patente, si è insospettita, giurando su quanto aveva di più caro, di non essere mai passati di lì

E qui arriva l'aspetto sorprendente, addirittura incredibile della faccenda. I carabinieri, anziché scoppiare a ridere sostenendo che dicono tutti così, le hanno creduto ed hanno indagato.

giovedì 13 ottobre 2011

Fede, patria e bandiera

Fede(rica (Pellegrini)  piace ai media e a chi li deve riempire perché non è mai banale. Fa notizia, insomma, ci si può fare dei bei titoloni. Un po' come Mourinho.

Per cui, accade che alla cerimonia in ricordo di Castagnetti qualcuno le domandi - un po' maliziosamente - se le piacerebbe essere la portabandiera a Londra. Che è un po' come chiedere a me, ad una cerimonia in commemorazione del mio antico allenatore Filippo La Rosa se mi piacerebbe essere il capitano della squadra di atletica al posto di Vizzoni (o se a pranzo gradirei le lasagne con l'ossobuco, per dire). Federica potrebbe tranquillamente e banalmente rispondere "Ne sarei fiera e spero proprio di essere io", ben sapendo che nessuno glielo chiederà, giacché col nuoto si comincia subito. Il presidente Petrucci avrebbe risposto che spetta al Coni scegliere a chi toccherà l'onore, non si accettano candidature e lei pensasse a nuotare e fare il suo dovere che è di portare a casa le medaglie. Poi, off the records, avrebbe aggiunto che mica siamo scemi a fare stare sette ore in piedi la nostra migliore atleta il giorno prima delle gare. Le forme sarebbero state rispettate e le parole di ognuno esattamente quelle che ci si aspettava. Notiziabilità zero..

Avrebbe anche potuto rispondere che sì, si sarebbe sentita onorata ma era consapevole che non avrebbe avuto speranze, giacché col nuoto si comincia il giorno dopo la cerimonia e magari se ne poteva riparlare nel 2016. Forme sempre abbastanza rispettate. Con un minimo di notizia: ma allora Fede prosegue fino a Rio?

Invece no. Ha risposto (non so se quelle riportate dal Corriere siano le testuali parole, ma immagino che il senso sia quello) "Lo dico a malincuore, però, anche se me lo proponessero, non lo farei. Io sono una persona molto patriottica, per me sarebbe un onore infinito, ma noi ci alleniamo un anno, anzi quattro, per fare questa Olimpiade, e se anche il giorno dopo non avessi gare, dovrei stare sette ore in piedi, perché la sfilata dura mezza giornata. Sette ore sulle gambe per noi non si recuperano in una giornata. Comunque, a malincuore, purtroppo rifiuterei". Insomma, ha risposto riunendo in un'unica persona Federica Pellegrini, il presidente Petrucci, il presidente Barelli, il DT Bonifazi. Ha pronunciato lei parole che altri avrebbero dovuto pronunciare e ciò a quanto pare deve essere terribile.

Ma in fondo che cosa ha detto? Che rifiuterebbe una proposta che nessun dirigente sano di mente mai le farebbe. E allora?

lunedì 10 ottobre 2011

Istat, sistema Paese e banda non molto larga

Oggi, sul Corriere, Sergio Rizzo, commentando il disservizio offerto ieri dai server dell'Istat a chi intendeva compilare il censimento online, dice (cito a memoria):
Sarebbe però ingiusto prendersela con l'Istat. E' il sistema Paese nel suo insieme che non funziona.

Che il sistema Pese sia quello che è non ci sono dubbi. E nemmeno sul fatto - come dice Rizzo - che in Italia la banda sia meno larga che in molte altre nazioni europee. Né sul fatto che i proclami governativi siano rimasti proclami e le 3I lasciamo perdere.

In questo caso, però, temo che il sistema Paese abbia poche responsabilità e qualcuna in più ce l'abbia l'Istat.

Non ci voleva molto a immaginare che se Istat ingaggia una potente multinazionale delle PR per comunicare al mondo intero che, come nei Paesi più progrediti, gli italiani potranno compilare il censimento online, qualche decina di migliaia di italiani  ci proverà, soprattutto il primo giorno. E se al capo dell'IT dell'Istat non gli danno i soldi (immagino) per acquistare i servizi dell'azienda citata nell'articolo (Akamai, giusto per non fare nomi, dato che è nostra cliente) e che permetterebbero di affrontare in sicurezza l'attacco contemporaneo di migliaia di utenti ansiosi di censirsi, il server (quello dell'Istat), poveretto, è chiaro che da solo non ce la fa.

 Anzi, dirò di più, è una fortuna che la banda non sia larghissima e il 50% dei maschi adulti non sappia usare il pc. Altrimenti, ieri, i server dell'Istat sarebbero schizzati in orbita...

martedì 4 ottobre 2011

Poi dicono che a uno non gli devono girare i maroni

Nell'ultima settimana ho dovuto fare due acquisti online. Prodotti che servono all'agenzia, uso strumentale, come dicono i commercialisti. Un altro acquisto lo avevo fatto agli inizi di agosto, ma ne parlerò più avanti.

Ora, io mi aspetto, acquistando qualcosa online, di averne almeno un tornaconto, per godere del quale sono disposto anche, eventualmente, a pagare qualche costo di spedizione. Tornaconto che essenzialmente è il seguente: acquistare anche alle 3 del mattino selezionando il prodotto con calma, stravaccato sul divano, senza dovere uscire di casa e recarmi fino al punto vendita più vicino negli orari di apertura. Risparmio di tempo e guadagno di comodità.

Ecco cosa succede, invece.

Caso 1. Importante produttore di hardware americano. Ma moolto importante. Vado sul sito, scelgo il pc che mi aggrada, seguo tutta la procedura (carrello, registrazione, ecc ecc) fin quasi alla fine senza trovare nessuna casella dove poter inserire il nome della società e la relativa partita IVA, né poter specificare che desidero una fattura. Chiudo tutto e ricomincio da capo. Nell'angolino in basso a sinistra intravvedo una scritta in corpo 7: "XXX for business". Cacchio è qui che devo cliccare! E mi do anche del deficiente per non avere osservato bene, prima. Ripeto la procedura da capo, registrandomi come azienda. Completo l'ordine ma della fattura nemmeno l'ombra. Compilo il form per l'assistenza. L'assistente, gentile, mi richiama il giorno dopo e mi spiega che come ho fatto non va bene. Se desidero la fattura devo ordinare al telefono, parlando con lui. Egli cancella l'ordine preesistente, compiliamo un nuovo ordine e viviamo tutti felici e contenti.
Domanda 1. Perché?

Caso 2. Altra importante ditta americana. Forse quasi più della prima, comunque è una bella lotta. Qui il prodotto che acquisto si chiama "... for Business". Lo sanno anche loro, dunque, che se lo acquisti sei un business. Se sei un consumatore, acquisti l'altro. Scrivo diligentemente tutto quel che devo scrivere, partita IVA inclusa. Anche questa volta niente fattura. Due ore di ricerche e da qualche aprte scopro che per gli acquisti online non è prevista l'emissione di fattura. Purtroppo non è nemmeno previsto che il prodotto si possa acquistare offline.
Domanda 2. Vedi la domanda 1.

Dico. Queste due ditte vogliono indubbiamente vendere i loro prodotti. Infatti hanno il carrello, le iconcine delle carte di credito e tutto quel che serve. Inoltre vogliono vendere a clienti italiani, Lo deduco dal fatto che hanno entrambe il sito in italiano.

Allora tu, azienda americana che vuoi vendere online in tutto il mondo, cosa minchia ti costa di rendermi la vita un po' più semplice e farmi comperare un maledettissimo computer online e consegnarmi  'sto accidente di fattura senza fare troppe storie? Mica sarò solo io in questa situazione no? Come minimo tutte le aziende europee avranno lo stesso problema.


In America potrai anche scrivere "ti ho venduta questa cosa qui a 300 dollari" su una tovaglietta del fast food e son tutti contenti, IRS incluso. Ma qui no, lo Stato è tignoso, vuole la numerazione, vuole il nome del venditore e del compratore e la partita IVA e che ci sia scritto da qualche parte "fattura". Allora, fai un piccolo sforzo, no? Mica sarà più complicato che creare quei fantastici prodotti che coglio acquistare, no?

E veniamo all'acquisto degli inizi di agosto. Importante shop online (dal quale già mesi prima avevo acquistato un portatile che era un'offerta pazzesca, salvo ricevere due ore dopo una telefonata con la quale mi avvisavano che il prodotto era esaurito). Acquisto alcuni prodotti il giorno prima di partire per le vacanze, non prima di avere chiamato il call center ricevendo la garanzia che il prodotto sarebbe stato consegnato entro due giorni, limitandomi a cancellare dal carrello quell'unico prodotto che richiedeva "4-5 gg lavorativi". Per sicurezza.
Parto sereno, tanto un amico che ci avrebbe raggiunti per il fine settimana sarebbe potuto passare in ufficio il venerdì (ultimo giorno di apertura dell'agenzia) a prelevare il pacco.
Il venerdì all'ora di pranzo nulla era stato consegnato. Chiamo e mi dicono che il corriere si era presentato il giorno precedente senza che gli fosse aperto. Rispondo che non raccontasse storie, che l'ufficio era stato presidiato dalle 8.30 alle 18.30 e che ne ho pieni i cabbasisi di questi corrieri che dicono di essere passati e non è vero. Chiedo quindi che consegnino entro sera (per poter approfittare dell'amico e dell'ultimo giorno di apertura dell'ufficio). Verso sera richiamo e chiedo di cambiare la destinazione e consegnarmelo lì dove mi trovavo in vacanza (non a Lampedusa. A 140 miseri chilometri da Milano).

Il corriere naturalmente si ripresenta in ufficio la settimana successiva, sebbene sull'ordine fosse specificato   che l'ufficio era chiuso. Ingiungendomi pure di contattarli entro 24 ore per fissare una nuova consegna.
Alla fine della seconda settimana richiamo lamentando il fatto che nulla mi fosse stato consegnato, lì dove mi trovavo in villeggiatura. Si scusano, dicono che avrebbero risegnalato al corriere il cambio di indirizzo di consegna e di stare sereno. Il giovedì successivo, quasi al termine della terza e ultima settimana di vacanza, richiamo. Incolpano il corriere e mi promettono che avrebbero fatto il possibile per consegnare il venerdì. Accetto, giusto per rompere un po' i coglioni, dato che il sabato rientrerò a Milano.

Il lunedì successivo il pacco fa il suo trionfale ingresso nel mio ufficio.  Euri 12 di "corriere espresso" e tre settimane per coprire 15 km.

Ritorsione: poiché lo shop online in questione offre la consegna gratuita per gli ordini fatti nel weekend, da un mese ordino sistematicamente ogni weekend un prodotto del valore massimo di 14 euri (ovviamente prodotti che mi servono, non sono mica scemo) e me lo faccio consegnare aggratis.

Un mavadaviaiciap va' globale mi sembra il minimo.

lunedì 12 settembre 2011

Ecco, trovato

Anche se in realtà cercavo lavoro in un sciorum (non ci vuole l'acca).

Ricerca molto personale

Sembra interessente.
Quasi quasi mando il curriculu.
Magari mi fanno lavorare in uno sciorum.

mercoledì 31 agosto 2011

lunedì 29 agosto 2011

giovedì 25 agosto 2011

mercoledì 24 agosto 2011

I residui di vernice devono essere smaltiti nei vigneti, immagino

Questa mattina mi sono alzato di buon'ora e, prima che chiudessero i negozi, ho caricato sul Terrano una trentina abbondante di chili di carta, cartoni e imballaggi (grossomodo due chili per ogni anno di vita del mezzo) e mi sono diretto alla discarica a una dozzina di chilometri da qui.

Buongiorno
Buongiorno, che cos'ha lì?
Carta, cartoni, roba del genere
Ahi, la pressa non funziona. Se ci sta ancora qualcosa li metta nei due cassonetti là in fondo, altrimenti butti tutto nell'indifferenziato.
Ah! Senta, avrei anche, a casa, non qui con me, alcune latte di vernici, impregnanti, flatting, pitture murali. Raccogliete anche quelle?
Sì, ma devono essere vuote.
Nelle mie c'è ancora qualche residuo di vernice, impregnante, flatting, pittura murale. Dove le posso svuotare prima di portarle qui vuote?
Ehhhh!

giovedì 21 luglio 2011

Ci son segreti che non vanno rivelati nemmeno a se stessi

Due o tre settimane fa ho scambiato alcune telefonate con un tizio e maldestramente non ho salvato numero e nome nella rubrica, riservandomi di farlo più tardi.
Dieci giorni fa il mio smartphone ha iniziato a fare il matto. Cercava, il briccone, di accedere a una o due volte al minuto a una rete wi-fi alla quale mi ero collegato mesi prima per alcuni giorni. Ciò, oltre a prosciugare la batteria in poche ore, ha provocato l'azzeramento di tutti i registri e la cancellazione dell'elenco delle telefonate effettuate, ricevute e perse.

Dovendo richiamare quel tizio e avendo il suo pricipale, del tizio, cambiato numero (doveva passarmelo appunto il tizio) mi sono trovato in difficoltà.
Consultare il conto online? Serve a nulla, giacché da alcuni anni, per questioni di privacy, tutti i numeri, chiamati o chiamanti, sono riportati con le ultime tre cifre cancellate.

Chiamo allora l'assistenza del mio operatore. Loro ce li hanno di sicuro i numeri completi. Basta che gli chieda qual è quel numero che ho chiamato sabato 2 alle 9 circa del mattino e che mi ha richiamato lo stesso giorno verso le 4 del pomeriggio e problema risolto.
No, non possono. Anche loro, per la privacy, vedono i numeri esattamente come li vedo io, con le tre cifre finali mancanti.
Dico, ma da qualche parte sarà registrato 'sto accidente di numero completo. Il telefono è mio, la fattura è intestata a me, io sono indubbiamente io, vi mando la fotocopia della carta d'identità, anche quella della carta di credito con la quale pago le fatture, se volete pure una gocciolina di sangue per l'esame del Dna, qual è il problema?
La privacy
Vi mando anche la mia rubrica dalla quale è facile verificare che la stragrande maggioranza dei numeri chiamati si trova sulla mia rubrica, quindi sono proprio io, non qualcun altro, E se anche fossi qualcun altro, ho già tutti i numeri della rubrica, cosa cambia uno in più o uno in meno?
Non si puòoòoò
Sì, ma le assicuro che io me ne fotto della mia privacy, è pure il telefono che uso al 95% per lavoro, il numero ce l'ha mezzo mondo. Ci tenessi alla privacy lo darei a nessuno. Vi prometto anche che se mi dite quel numero non rivelerò a nessuno che lo avete fatto, non lo dirò nemmeno al tizio, se necessario nemmeno a me stesso
No davvero, non possiamo vederli nemmeno noi
Vabbuò, mi rassegno, cercherò un altro elettricista. Mi spiace, perché il tizio mi pareva bravo.

Qualcuno mi ha suggerito di compiere un reato a mia scelta (o di fare qualche telefonata ad alcuni selezionati numeri) così da entrare in qualche giro di intercettazioni. A quel punto potrei chiedere al magistrato incaricato se, gentilmente, mi consente una sbirciatina ai tabulati. Fossi fortunato potrei anche trovarlo pubblicato qui e là, il numero.

martedì 19 luglio 2011

Lo strano caso della melanzana che si crede un pomodoro

Accipicchia, nemmeno il tempo di mettere online Furti e castità che Corriere.it subito ci propone un altro fattaccio con protagonista una giornalista, anche lei una delle punte di diamante della Rai, anche lei, a quanto si capisce, senza contratto. Milena Gabanelli

Nell'orto della sua casa in collina dalle parti di Bologna c'è una melanzana che produce pomodori.
Uelllaa, notiziona!!!
Pare che la brava Milena abbia chiesto lumi all'università di Bologna, che essendo la più antica del mondo ne ha viste di tutti i colori. Dopo approfondite indagini, rilevamento delle impronte digitali, analisi del Dna e interrogatori, è arrivata la risposta, sebbene vi siano ancora dubbi sul movente. Un innesto realizzato non proprio a regola d'arte.

Anche in questo caso, se mi telefonava, glielo dicevo pure io, senza fare tutto 'sto casino.

Ed ora sono qui che non vedo l'ora che arrivi domani per sapere quale disavventura sarà capitata al buon Floris.

lunedì 18 luglio 2011

Furti e castità

Bene. A Michele Santoro gli hanno rubato iPad, fotocamera e telecamera dalla Bmw parcheggiata davanti a casa. Non quella di Roma. Quella di Amalfi. Danno, dice, sui tremila euro.
Insomma, tremila euro son sempre tremila euro. E farseli fregare dà fastidio, soprattutto se sei senza lavoro.
Poi, figurarsi se non lo capisco io, che negli ultimi due anni per furti di varia natura ho subito danni quantificabili in molte migliaia di euro.

Dai giornali (e già che di un furto di tale entità parlino i giornali ha un che di sorprendente) apprendo che i carabinieri di Amalfi hanno effettuato rilievi sull'auto del giornalista, rilevato le impronte digitali e proseguono le indagini, anche per portare alla luce un eventuale diverso movente. Movente??? Ma che minchia di movente volete che ci sia? Uno lascia una  Bmw parcheggiata aperta col finestrino abbassato e uno zainetto contenente iPad, telecamera e fotocamera abbandonato sul sedile e ci si  domanda anche quale sia il movente??? Se mi date un colpo di telefono domani verso l'ora di pranzo ve lo spiego io, a gratis.

Chiarita la questione del movente, viene spontaneo il paragone con quanto accaduto quando mi svaligiarono la casa. Allora, nessuno rilevò né impronte né tracce di Dna (meglio così: avrebbero probabilmente trovato tracce del mio Dna e avrebbero incolpato me del furto) e uno degli agenti intervenuti, al tizio che gli porgeva il foglietto con annotato il numero di targa dell'auto a bordo della quale si erano allontanati i furfanti, rispose "mah, no, non controlliamo, mica possiamo controllare tutto e poi il numero è probabilmente sbagliato".

Ma sono sicuro che se ieri ad Amalfi, per l'iPad, hanno mandato addirittura i Ris non è perché il derubato è un famoso giornalista.

lunedì 11 luglio 2011

Compatibilità ed altri animali

Ringrazio l'amico SuperG per la disponibilità ad ospitare un'ulteriore tappa del post iniziato QUI, il primo post - che io sappia - multisegmentato non verticalmente, ma orizzontalmente. Nel senso che non esce a puntate sullo stesso blog, ma le puntate escono tutte contemporaneamente su blog diversi.

Dopo aver cincischiato non poco nelle tappe precedenti, andiamo subito al dunque. Si diceva all'inizio  dell'interdisciplinarietà e di quanto la situazione possa diventare drammatica nel caso che gli argomenti che devono convivere nel medesimo ambito siano incompatibili. Nel caso in oggetto, cioè il mio, sono sempre stato, fin  da tredicenne, appassionato di corse automobilistiche. Ed era questa quindi la caratteristica principale con cui per lustri  sono stato propagandato ed identificato. E' nella natura umana la necessità di catalogare le persone in  base alle loro caratteristiche più salienti, ed io ero stato incastrato dalle persone che mi conoscevano un pò  ma non troppo, nella definizione "quello che guarda la formula uno" nonostante (lo dico perchè potrebbe diventare un dato  importante in seguito) fossi già più affascinato dalle gare di endurance.

Ma abbiamo detto solo della prima fissazione. La seconda è il jazz. Non la farò tanto lunga. Lo ascoltavo da ragazzino alla stregua di qualunque altro genere musicale, essendo dotato di una certa incapacità critica. Ascoltavo tutto e basta. Da Ornella Vanoni ai Solisti Veneti; dai Delirium a  Lightnin' Hopkins; da Chopin a Jannacci. da Lionel Hampton a Fausto Papetti.
Non so se mi spiego, FAUSTO PAPETTI...

Poi, nel giro di qualche anno, blues e jazz hanno preso a insediarsi nelle mie colonne sonore, spingendo
 gradualmente fuori altri personaggi e stili, alcuni rimasti nella periferia dei miei interessi, altri passati
 nella categoria dei deprecabili. Primo fra questi, Fausto Papetti.

Sono diventato quindi, per le schiere cronologicamente successive di persone che mi conoscevano un pò ma non troppo, "quello che ascolta il jazz".

E qui arriviamo al conflitto interiore. Vado al punto. Non sono mai riuscito a far convivere pienamente le due discipline. Non solo, ma sono arrivato a considerarle IDEOLOGICAMENTE contrastanti; provando la sensazione di aver aderito a due dottrine - ecco fatto - incompatibili.
L'astrattezza contro l'immanenza. L'ironia contro l'assertività.
Il salto d'ottava ed il controsterzo. L'elemento aleatorio ed il rude cambio sequenziale.
Ho sempre vissuto i due interessi in maniera dicotomica, come in una sorta di sdoppiamento di personalità. (Non lo percepite come un dramma interiore? Vabè, d'altronde si sapeva, la sensibilità non è mai stata la vostra dote più evidente).
Ma un bel giorno, un video scovato in rete al termine di un percorso ormai irricostrubile attraverso i più perigliosi sentieri del selvaggio web, mi ha indotto ad affrontare il problema, a trovare quel compromesso che permettesse la coabitazione fra due generi così diversi.

Forse, ma solo forse,
la 12 ore di Sebring e Facing You di Keith Jarrett,
la Rieti-Terminillo e Coleman Hawkins,
Ghosts di Albert Aylert e la Tyrrell a 6 ruote,
le gradinate di Vallelunga e l'Arne Bendiksen Studio della ECM (a Oslo)
possono essere relazionate, interconnesse da una unica entità:

IL SUONO

Ma approfondiremo l'argomento con qualche esempio.
E per farlo ci trasferiremo QUI , cioè alla partenza della prossima tappa.

Milo Temesvar

mercoledì 29 giugno 2011

Altra frase senza senso

Meno di una riga, ma breve.
"Questo è un hotel di lusso, ma molto costoso". (Tabloid, Italia 1)

Accipicchia!!!

Altre qui

lunedì 27 giugno 2011

Always connected

Alcuni giorni fa un tassista mi ha accompagnato a ritirare la mia auto dal meccanico (e già che ci sono mi domando: ma perché, quando si ritira l'auto dal meccanico, qualunque fosse il problema per cui la si è portata, metà delle volte il condizionatore non funziona più?). Mi ci ha accompagnato, ovviamente perché glielo avevo chiesto io.

Bene, percorsi pochi metri il tassista ha rischiato di uccidere una improvvida ciclista. Di quelle, per intenderci, che ritengono che pedalare contromano in mezzo alla carreggiata in una strada a senso unico, telefonando, sia un'idea intelligente.

Abbiamo commentato brevemente il fatto per poi proseguire a chiacchierare del più e del meno per il resto del tragitto.
Arrivati quasi a destinazione il tassista dice "Va' che bello, un passeggero con cui parlare". "In che senso?" dico io. "E' che oramai quasi tutti quelli che salgono su un taxi o parlano al cellulare o si mettono a cincischiare col cellulare. Molti nemmeno salutano più. Ci sono giornate nelle quali non scambio nemmeno una parola".

Dopodiché, ognuno tragga le conseguenze che preferisce.

AGGIORNAMENTO DEL 29/06
Risposta alla domanda del primo paragrafo: perché il meccanico si dimentica di rimettere al suo posto uno spinottino.

venerdì 10 giugno 2011

La sfiga e i suoi andirivieni

Poniamo che un cliente ti commissioni un evento. Uno di quelli mooolto importanti. Di quelli che più persone ci lavorano per più settimane perché devono risultare impeccabili. Di quelli, per intenderci, dove devi avere un piano B ma anche un C e meglio un D. Chiaramente rimanendo nel budget.
Poniamo che arrivi il giorno fatidico e quindici minuti prima dell'ora di arrivo degli ospiti si scateni un nubifragio memorabile. Malgrado il quale gli ospiti iniziano ad arrivare.
Poniamo che cinque minuti dopo l'ora prevista di arrivo degli ospiti (e venticinque prima dell'inizio ufficiale dei lavori) un qualcosa colpisca una qualche centralina e tutto si spenga. Tutto, tranne le luci di emergenza.

Fuori piove. Dentro buio.

Poniamo che dopo una ventina di minuti la corrente si ripresenti, trulla trulla come se nulla fosse successo. Test, controtest, accensione graduale degli apparati e, miracolosamente, nel giro di un'altra ventina di minuti tutto torna a funzionare: mixer audio e video, pc, connessioni e router, fari e proiettori, diffusori e non so che altro. Unica vittima, un faretto.

Si comincia. Dopo un po' si finisce e si è tutti più sereni.

Posto tutto ciò, cosa fa a questo punto una persona ammodo? Riaccompagna a casa le persone che lavorano con lui. Finendo il giro con quella più lontana dalla propria abitazione. E ora a casa. Giusto il tempo di svoltare l'angolo e il motore inizia ad emettere rumori sinistri, come se ci fossero dei cocci di bottiglia nei cilindri (improbabile lo so, ma rende l'idea). La persona ammodo pensa che bisogna prendere le cose con filosofia e domani manderà il carro attrezzi, parcheggia in modo da non recare troppo intralcio, chiama un taxi, ci carica tutto quello che aveva nel bagagliaio e si fa portare a casa.
Qui giunto la persona ammodo pensa di avere bisogno di rilassarsi un attimo e decide di farsi un caffè. La macchina fa tutto quel che deve fare: macina i chicchi, comprime la polvere, aziona la pompa dell'acqua. Ma di caffè manco una goccia. Si accende invece una spia rossa, che non è mai foriera di buone notizie. Infatti non lo è.
Vabbè, a questo punto la persona ammodo si rassegna, cincischia ancora un po' e a va a dormire.

Al risveglio, colazione (senza caffè. Che è un po' come trombare con una bambola gonfiabile) e la persona ammodo accende il notebook. Oddio, accende è un termine improprio. Diciamo che preme ripetutamente sul tasto di accensione. Senza alcun effetto. Fottuto anche lui.

Premesso che la persona ammodo a questo punto non sono così convinto abbia intenzione di essere ammodo ancora per molto, ella - la persona ammodo - si domanda: C'è un disegno superiore che io non capisco in tutto questo? Se sì, chi cazzo è il grafico che lo ha disegnato?

Ipotesi #1. Nell'unità di tempo qualsivoglia lunga, un inaspettato colpo di fortuna (nel caso particolare la miracolosa riaccensione di tutti gli apparati) deve essere controbilanciata da una dose uguale di sfiga.

lunedì 6 giugno 2011

iCloud?? Ezmo lo aveva già fatto.....

Proprio nel momento in cui il buon Steve illustra  iCloud - che è tante cose, tra le quali iTunes in the cloud - mi sembra bello e doveroso dedicare qualche parola a Ezmo.

Ezmo era una società norvegese e una bella idea di social music. Era anche nostra cliente, incidentalmente. Finanziata da Fast (search a livello enterprise, giusto per inquadrare la questione) ma lo sapeva quasi nessuno, anche lei norvegese.
L'idea dei creatori di Ezmo era semplice e geniale per quel tempo. Offrire a tutti la possibilità di caricare sul sito la propria musica e di condividerla con fino a 10 amici. Con l'aggiunta di tutti i servizi che si possono immaginare per un prodottino del genere: ad esempio il suggerimento di altri brani dello stesso autore caricati dagli amici e da aggiungere alle nostre playlist. L'idea di fondo era molto cloud e in qualche misura poi copiata da altri: rendere possibile l'ascolto della propria musica ovunque, da computer e da cellulare.

E piaceva, l'idea. Giusto per non vantarsi troppo, in sei mesi, in Italia si era raggiunto un numero di abbonati pari a quello degli Stati Uniti, dove erano partiti quasi un anno prima. Piaceva anche a me, che pure non sono (ero) granché social,  ci avevo caricato qualche decina di CD e me li ascoltavo in ufficio. Mi piaceva anche, più prosaicamente, perché pagava puntualmente e assai dignitosamente.

Gli iscritti aumentavano giorno dopo giorno e il management di Ezmo girava il mondo per stringere accordi con le major discografiche. Perché il passo logico successivo era la vendita di musica. E qui temo che qualcuno si sia adombrato. In più, in alcuni paesi, le associazioni dei discografici o le Siae della situazione iniziarono a dire che 10 amici erano troppi per un ascolto "privato".

Nel frattempo era giunto il momento del secondo round di finanziamenti. Tutti fiduciosi, senonché Fast fu comperata da Microsoft. Alla quale non poteva fregargliene di meno di Ezmo.

Fine della storia. Peccato.
R.I.P.

domenica 29 maggio 2011

Domenica di ballottaggio

Mattina, né presto né tardi. Passo da Oscar, il mio edicolante di fiducia, per i quotidiani.
Un tale, sulla sessantacinquina, sta commentando con Oscar il match di ieri sera (Barca-ManUtd). Avanzando arditi paragoni con quello, non ancora giocato, di questa sera tra Inter e Palermo. 

Si volge verso di me cercando approvazione. Per dissuaderlo, taglio corto e gli dico, mah, io la partita non l'ho vista e non vedrò nemmeno quella di questa sera (che è la verità, peraltro). Mi osserva perplesso e fa, gliela spiego. 
Al 35° del primo tempo passa di lì una vecchia amica e mi salva. 

venerdì 27 maggio 2011

La relazione pericolosa tra innovazione e quadri normativi

Non è che si possono sempre scrivere spiritosaggini. A volte tocca anche trattare di argomenti frivoli. Per questo motivo (ma non solo per questo) oggi scriverò di Cloud Computing, tema che esula abbastanza dai contenuti abituali di questo blog.
Ne scrivo, sebbene tra i clienti della mia agenzia vi sia l'azienda che per prima ha parlato di cloud. E ne scrivo un po' perché è un tema caldo, un po' perché in questo calore vedo delle dinamiche che mi consentiranno di avanzare qualche considerazione di carattere più generale su questo Paese e non solo su questo.

Il cloud sta sparigliando le carte tra i fornitori tradizionali di informatica: Non so e non è importante sapere se sia davvero innovazione epocale, ma questo è il trend e lo sarà ancora per un bel pezzo; come dimostra il fatto che si dicono fornitori cloud anche aziende che ne sono l'antitesi. E che ogni settimana si tengono almeno quattro convegni sull'argomento. Dove almeno metà dei relatori, sembra l'abbiano inventato loro.

Ma non divaghiamo. Ora avviene che il Garante della Privacy Francesco Pizzetti stia intervenendo sia sulla stampa sia di persona in molti di questi convegni per mettere in guardia contro i rischi del cloud computing e rammentare come esso non sia conforme alla normativa vigente. In sostanza, pare di capire, il problema è che la legge richiede che il cliente sappia con precisione dove sono conservati i suoi dati. Il che è contrario alla logica della nuvola "pura" che prevede la distribuzione e la duplicazione dei dati su una molteplicità di server. E dove la distribuzione geografica dei server medesimi è, almeno in teoria, garanzia di maggiore sicurezza e disponibilità dei dati.

Per illustrare i "rischi del cloud" il garante Pizzetti, consigliato non si sa da chi, propone anche immagini pittoresche del tipo "cosa succederà ai vostri dati se sono conservati in una server farm collocata su una piattaforma in mezzo al mare che viene attaccata dai pirati?". E per pirati non intende gli hacker, ma proprio quelli con la fascia nera sull'occhio, l'uncino e la bandana.
Purtroppo, da quel che vedo, (così, giusto per aggiungere un tocco polemico fine a se stesso) quando partecipa ai convegni, Pizzetti racconta tutte queste cose, boccia il cloud computing su tutti i fronti o quasi, fa anche nomi e cognomi e, concluso il suo intervento, non è che ascolta le relazioni  di chi l'argomento lo conosce. No, egli raccoglie gli applausi, rimette le carte nella borsa e se ne va. Pronto a ripetersi al convengo successivo.

Dove voglio arrivare? Non lo so, ma di sicuro il rapporto tra quadro normativo esistente e innovazione (o anche solo novità) è intrigante.
L'innovazione deve essere piegata alle esigenze di un quadro normativo magari perfettamente adeguato fino a cinque minuti prima, quando l'innovazione non era ancora stata pensata?
O deve essere riposta nel cassetto in attesa che venga sviluppato un quadro normativo idoneo?
Sarà mai sviluppato un idoneo quadro normativo in assenza di una innovazione da regolamentare?
Il quadro normativo esistente è sacro, intoccabile e sicuramente il migliore possibile?
Qual è il lasso di tempo ragionevole per sviluppare un quadro normativo prima che l'innovazione diventi vecchiume?

Ho la sensazione che l'avversione alle novità, in questo paese non sia affatto una novità

Un tempo (forse anche adesso, chissà?) il codice della strada recitava che alla giuda di biciclette, ciclomotori, motociclette, motocarri e trattori, il conducente doveva indicare l'intenzione di svoltare o di arrestarsi col braccio teso, verso l'esterno per la svolta, verso l'alto per l'arresto.
Negli anni '70 furono messi in commercio gli indicatori di direzione (le frecce, per capirci) come quelli che conosciamo oggi, da montare sui motocicli che non ne erano forniti, cioè tutti, con l'eccezione forse di alcuni modelli di produzione non italiana.
Chi in quegli anni ha posseduto un motorino provvisto di frecce ricorderà che i vigili ci fermavano, e multavano, in quanto l'apparato non era previsto dal codice. Un codice perfettamente adeguato agli anni immediatamente precedenti, quando le frecce non esistevano. Attenzione: la contravvenzione era comminata non perché il codice le proibisse. No, lo era perché il codice non le prevedeva. Insomma, "il codice non lo prevede ergo non può esistere".

Motociclismo, il mensile, dedicava pagine su pagine alle lettere dei lettori e a denunciare l'assurdità della situazione. Fino a che qualcuno si rese conto che multare i portatori di frecce era una sciocchezza. Pertanto l'atteggiamento delle forze dell'ordine cambiò: "concedo che tu possa montare le frecce e non ti multo. Te le lascio anche utilizzare, tuttavia per cambiare direzione dovrai continuare a sporgere il braccio teso verso l'esterno". Questo, infatti, prescriveva il codice. Una innovazione che una qualsiasi mente elementare avrebbe accolto e reso obbligatoria in meno di cinque minuti (e non è difficile capire perché)  impiegò anni solo per essere tollerata.

Does it sound familiar?

mercoledì 27 aprile 2011

Genitori cretini o cretini tucur?*

Appunto!!!
Con riferimento al post di tre giorni fa sui genitori cretini
Il premio mavadaviaiciap va' dell'anno viene assegnato senza colpo ferire a Gianni Silvestri, direttore organizzativo della Fidene, la squadra i cui supporter  (spiego a favore di chi non avesse voglia di leggere l'articolo linkato) si sono distinti per la vivacità del tifo durante il torneo internazionale di Jesolo (non Cesenatico), il quale ha dichiarato "Hanno insultato l'arbitro come accade dovunque, da sempre. Chi non gli ha mai detto cornuto?"
Da domani si mette in paio il premio 2012.

* tucur scritto così è una licenza

domenica 24 aprile 2011

Genitori piuttosto cretini, doping e bari

La Gazzetta si inizia a leggere dal fondo (e non intendo lo sci nordico). In particolare il sabato, quando la rubrica delle lettere si chiama Non Solo Calcio ed è curata da Fausto Narducci, Uno che di sport ci capisce e corre le maratone; ma avendo deciso di scrivere di atletica e di pugilato, difficilmente diventerà direttore.

Una delle lettere, oggi, raccontava di una partita di volley giovanile - moolto giovanile, direi infantile - giocata a Lodi e terminata in rissa. Scatenata dai genitori dei ragazzi di una delle due squadre non contenti di una decisione arbitrale e con la fattiva partecipazione dell'allenatore e di un paio di ragazzette. Episodi come questi un po' mi amareggiano, un po' mi fanno incazzare. Ma purtroppo non mi stupiscono più di tanto. In un Paese in cui i genitori giustificano qualsiasi nefandezza compiuta dai loro figlioletti, ne prendono le difese al di là di ogni ragionevolezza - anziché coprirli di mazzate - e denunciano gli insegnanti che osano riprenderli, cosa dobbiamo spettarci quando questi stessi genitori si spostano sui campi di gioco?

Altre due lettere erano dedicate al doping. Una iniziava così: A parte il fatto che assumere quelle sostanze fa molto male alla salute ...
E qui la riflessione deve essere per forza più articolata. A me questa scelta di far passare la lotta al doping attraverso i rischi per la salute non ha mai convinto più di tanto. Sul rapporto doping-salute ho le mie idee ma non penso sia il caso di esporle qui. Ma stabilire che il doping debba essere punito in quanto rischioso per la salute, equivale ad ammettere che chissenefrega dell'aspetto etico. Ad esempio. O ad ammettere che l'etica è argomento troppo debole per sconfiggere il doping, il che francamente mi preoccupa ancora più del doping stesso.
Il doping preferisco vederlo come una scorciatoia, non molto diversa dalle tante scorciatoie che molti sono tentati di prendere nella vita. Con l'aggravante che lo sport non lo ha ordinato il medico di farlo, in genere.

Posta così, non vedo, nello sport, molta differenza tra l'assumere sostanze e mettere la palla in rete con la manina (di Dio). Come non vedo, più in generale, molta differenza tra il doparsi nello sport e "barare" per  perseguire vantaggi illeciti o semplicemente non dovuti nella vita; ad esempio "imbrogliare" nel lavoro per fare carriera e guadagnare più denaro.

Lo sport lo si pratica, nella maggioranza dei casi, in età giovanile e spiegare a un giovane, sottoposto a una infinità di sollecitazioni che gli presentano la fama, il successo e il denaro come obiettivi a cui tendere, che non deve barare perché potrebbe fargli male, porta come conseguenza che poi, terminata l'attività sportiva, potrà tranquillamente barare. Tanto, ad essere figli di cane in un ambiente di lavoro (o anche accedere al centro cittadino su un'auto col contrassegno da portatore di handicap senza averne diritto; oppure ottenere un  lavoro grazie a una raccomandazione o alla cessione temporanea di parti del corpo) non è che la salute ne risenta.
Forse e sottolineo forse sarebbe più opportuno insegnare ai giovani che i motivi per cui non si dovrebbe barare sono altri. Ad esempio che senza bari vivremo probabilmente tutti in un mondo più vivibile.

martedì 19 aprile 2011

Patenti serpenti

Devo rinnovare la patente. Operazione che dovrebbe essere tutto sommato semplice, lineare, non presentare imprevisti e complicazioni.
Dovrebbe. Nel senso: la mia un tempo era una di quelle patenti che si chiamavano "B limitate" (ora sembra si chiamino "patenti speciali") e per il rinnovo ho sempre dovuto presentarmi alla Motorizzazione, prima e alla Commissione Medica Provinciale poi. La quale mi ha sempre carinamente concesso il rinnovo, a volte per cinque anni, a volte per due, a volte per dieci. Perché? Boh!

Nel frattempo la limitazione di un tempo è scomparsa. In effetti non aveva molto senso un divieto di condurre veicoli a più di 150 km/h quando il limite per tutti è 130.

Al momento del penultimo rinnovo mi è stato rilasciato un duplicato che indica l'obbligo di guida con lenti. In occasione dell'ultimo mi hanno scritto "nessuna prescrizione". Meglio, ho pensato allora.

Arrivato il momento del rinnovo, mi è sorto un dubbio. Dove dovrò recarmi per la visita medica? Commissione Medica Provinciale? Asl? Agenzia di pratiche auto? Il mio oculista di fiducia? Un falsario? L'Inail?

Ho chiesto in giro, esponendo ogni volta nei particolari il mio particolare problema:

  1. Agenzia pratiche auto #1. Se vuole può andare alla Commissione Medica ma ci vuole più tempo e la patente lì gliela rinnovano. Oppure lo fa da noi, il medico è in sede giovedì, ma gliela dobbiamo fare nuova, sì insomma un duplicato. Ne abbiamo fatta una anche la settimana scorsa. Costo? 130 euro. E alla Commissione? Lì sarà sui 70-80.
  2. Agenzia pratiche auto #2 (e delegazione Aci). Non ci sono prescrizioni per cui deve fare un normale rinnovo Il medico c'è lunedì e giovedì, lei viene qui senza bisogno di appuntamento, fa la visita e poi le arriva a casa lo sticker. Quindi non ne viene rilasciata una nuova? Ma no, si figuri! Costo? 84 euro, compresa la visita.
  3. Agenzia pratiche auto #3. Eh no, la sua adesso, non avendo prescrizioni, è una patente normale, ma siccome ERA limitata, deve continuare a fare la visita per il rinnovo presso la Commissione Medica Provinciale. E comunque, il medico, da noi, c'è il giovedì.

Da una ricerca sul web, pare che i possessori di patenti speciali debbano sempre recarsi innanzi la Commissione. Pare. Ma non si trova il caso di patente speciale senza prescrizioni. Secondo alcune interpretazioni, addirittura, la prescrizione si riferirebbe non alle lenti o simili ma alle modifiche da apportare eventualmente al veicolo. Che mi sembra una vaccata dato che sullo sticker le parole "Nessuna prescrizione"  si trovano nella stessa posizione in cui nello sticker precedente si trovano le parole "guida con lenti". Pare anche che le patenti speciali siano quelle che richiedono modifiche del veicolo. Pare.

Penso che domani andrò a fare visita alla Commissione, ma qualcosa mi dice che riceverò una risposta ancora diversa.
Qualche suggerimento?
Nel frattempo non posso non domandarmi. Ma perché i medici sono sempre in sede il giovedì?

venerdì 15 aprile 2011

Trentotto, più o meno uno

All'Agenzia delle Entrate (che Dio l'abbia in gloria) hanno evidentemente una particolare predilezione per il numero 38 (+/- 1).
Dopo avere dichiarato poche settimane fa che "l'evasione in Italia è al 38%", oggi ha annunciato il crollo del canone Rai: -37,5% nei primi due mesi dell'anno rispetto allo stesso periodo del 2010. L'incasso, dice l'Agenzia, è stato di 938 milioni di euro (di nuovo il 38), 562 meno dello scorso anno.

Poiché un simile crollo mi pare assai improbabile (la Rai infatti si è affrettata a smentire dicendo che, anzi, tra gennaio e febbraio ha incamerato 15 milioni più dello stesso bimestre 2010) ho la sensazione che qualcuno abbia fatto un po' di confusione. Ad esempio considerando per il 2010 gli incassi di un periodo un po' più lungo di due mesi. 1500 milioni nel gennaio-febbraio 2010 contro un valore per tutto il 2009 di 1629,7 (dato tratto dal bilancio Rai comprendente solo i canoni dell'esercizio 2009 ma non quelli degli anni precedenti riscossi "in via coattiva")? Mmmmhhh!

Ma è solo un'ipotesi. La spiegazione  più probabile credo sia che all'Agenzia delle Entrate devono avere un software programmato per produrre, qualunque insieme di cifre gli sia data in pasto, un risultato pari a 38% (più o meno 1).

Dirò di più. Qui ce n'è abbastanza per elaborare una tesi complottista. Sommate la prima e la seconda coppia di cifre dei milioni di euro di ricavi del 2009, aggiungete 2 e sottraete 9 (gli zeri, lo dice la parola stessa, non contano). Risultato? 38.
E nella smorfia il 38 cosa indica? 'E mazzate!!!
Non vi basta ancora? Guardate qui.

Non ho dubbi. Non può essere un caso.

lunedì 11 aprile 2011

Quanto vale la borsa?

Poniamo che sei una signora e te ne stai andando in giro a fare le tue cose, con la tua borsa, che contiene tutte le cose che si trovano normalmente nella borsa di una signora. Che mediamente sono parecchie. Alcune ne hanno anche di più.

Poniamo che te la rubino.

Inutile sottolineare che è una seccatura. Per dire, solo per sostituire le serrature a casa e in ufficio e fare la copia delle nuove chiavi per tutte le persone che le devono avere se ne vanno 800 euri. Poi c'è il telefono, un nuovo smartphone, comperato tre settimane prima. Gli occhiali, da sole e per leggere. Le carte da bloccare, gli assegni idem, i documenti da rifare, la serratura dell'auto. Le ore perse per bloccare tutto, denunciarlo, tornare a ridenunciarlo perché i numeri degli assegni rimasti nel libretto non li ricordavi a memoria, rifarlo. La borsa e il portafogli, vorrai ricomperarli?

Certo hai la magra soddisfazione che il telefono è stato bloccato abbastanza rapidamente, per cui il ladro, a meno che non sia riuscito a rifilarlo a qualcuno al semaforo nella prima mezzora, ha in mano un pezzo di plastica. del quale può tuttalpiù recuperare la batteria.

Malgrado la soddisfazione il danno complessivo, se non  vogliamo considerare le ore perse, si aggira probabilmente tra i 1.500 e i 2.000 euro. Anzi tra i 1.560 e i 2.060. Perché nel portafogli c'erano anche 60 euro in contanti, Che alla fin fine per il ladro sono l'unico utile.

Un rendimento bassissimo dal punto di vista del ladro, un danno spropositato per la derubata
E' una sciocchezza sotto tutti i punti di vista. Un controsenso.

Un ladro furbo, per dire, si avvicinerebbe  alla vittima e le direbbe "se non mi dai subito 100 euro, ti porto via la borsa". La signora fa due rapidi calcoli, consegna i 100 euro, al limite, se non li ha, vanno assieme a fare un bancomat e in tre minuti, bon, finisce tutto. Il ladro si è guadagnato la mezza giornata, la signora risparmia un bel gruzzoletto e si evita di intasare i commissariati con denunce delle quali, tanto, frega niente a nessuno.

Ma mi spingerei anche oltre (siamo o non siamo il Paese che ha inventato la minimum tax?). Sarebbe sufficiente che lo Stato o chi per esso (lo farei io, ma non ho tutti gli indirizzi) raccogliesse da ogni nucleo familiare un centinaio, suppergiù, di euro l'anno e li distribuisse equamente ai ladri. Se poi volesse complicarsi la vita, lo Stato o chi per esso, si potrebbero anche elargire dei bonus a quelli più abili o aumentare l'importo sulla base dei familiari a carico. A occhio e croce sarebbero un paio di miliardi di euro all'anno, i ladri vivrebbero un gran bene, probabilmente meglio di quanto gli riesca ora e si risparmierebbero un sacco di seccature alla gente che ha altro da fare.

Al limite, ma proprio al limite, per i ladri che il furto ce l'hanno nel DNA e si immalinconiscono a cincischiare tutto il giorno al bar, col rischio di frequentare cattive compagnie, si potrebbero costituire apposite Riserve di Furto. Le vedo così. Il cittadino (non ladro) all'ingresso nella riserva ritira dall'apposito casellante del contante, una Nikon, un iPod, un paio di Nike o quel che più gli aggrada e se ne va in giro per la riserva fino a che il ladro non glielo ruba. Volendo si può aggiungere anche un minimo di sceneggiata, urla, inseguimenti, cose così. Ma tutto ben regolamentato. Addirittura il cittadino potrebbe anche essere disposto a pagare qualcosa per il divertimento, immagino.

Poi, non lo vogliono fare, non lo facciano. Andiamo avanti così!

lunedì 4 aprile 2011

Evasione al 38 percento? Ma dai!!

Ieri il Corriere (e oggi ne hanno parlato e scritto molti altri) sparava in prima pagina un bel titolone ad effetto "Fisco, evasione al 38%". Da quel che si capisce il dato è stato reso noto apposta per celebrare la nascita del  nuovissimo database dell'Agenzia delle Entrate, Dbgeo, che incrocia, analizza e aggrega dati provenienti da diverse fonti per scovare le aree di evasione e svolgere altre funzioni socialmente utili

38%, dicevamo. Opparblò. Mica bruscolini. Io, per quelle due tre cose che so di conticini, percentuali e italiano, intuisco che - in media - ogni contribuente italiano dichiarerebbe al fisco solo il 62% dei suoi redditi. OGNI contribuente italiano. Oppure, sempre per via di quelle due tre cose, potrei intuire che su 100 italiani, 62 pagherebbero tutte le tasse dovute, mentre 38 non verserebbero un euro. Comunque li si voglia leggere, mi sembrano valori piuttosto alti, non credibilissimi.
Dall'articolo però le cose sembrano stare diversamente: Il contribuente italiano medio evade infatti solo il 17,41%, Il 38% salta fuori eliminando dal computo tutti i redditi tassati alla fonte. Quindi è il 38% degli imprenditori, liberi professionisti, artigiani, commercianti che non paga le tasse. Te pareva.

Ma, dice l'articolista (e non so se sia farina del suo sacco o la cosa fosse scritta sul comunicato stampa dell'Agenzia delle entrate), il contribuente italiano medio (imprenditori, commercianti, ecc) evaderebbe 38,41 euro ogni 100 versati (attenzione, versati, non dichiarati) al fisco.
Che, diciamolo, è un modo un po' bislacco di misurare l'evasione, come pure qualunque altra cosa misurabile. Solo un modo come un altro? Mica tanto. Se, per dire, dietro ogni 100 euro versati al fisco ve ne fossero 100 "evasi", il titolone dovrebbe essere "Evasione al 100%". Il che evidentemente non ha senso.

Il modo corretto di presentare il dato dovrebbe essere questo.
Se il nostro ricco imprenditore/evasore per ogni 100 euro di imposte pagate non ne paga 38, 41, significa che la sua imposta teorica sarebbe di 138,41, dei quali ne versa però solo 100. Pari al 72,25%. Pertanto  il titolo dovrebbe essere "Evasione al 27,75%". Sempre abbastanza alta, ma 27,75 è ben diverso da 38.

A questo punto sorgono spontanee due domande.
  1. come diavolo viene calcolato il reddito presunto di un Paese dal quale viene ricavata la percentuale presunta  di evasione?
  2. perché i dati vengono presentati in modo che l'evasione appaia più alta del reale?
Per rispondere alla prima domanda (che mi pongo da tempo) mi rifaccio allo stesso articolo. Il magico Dbgeo incrocia infatti 50 indicatori di tipo economico, sociale, demografico, finanziario, ne segue l'evoluzione e li compatta di otto dimensioni. Fantastico. E poi ci sono i dati Istat. Ancora più fantastico.
Ma dallo stesso Corriere di ieri apprendo che i signori Dolce e Gabbana sono stati assolti dall'accusa di "frode ai danni dello stato e infedele dichiarazione per circa un miliardo di euro". Notizia che mi lascerebbe indifferente se non fosse per il fatto che 1. a suo tempo erano stati dipinti come gli evasori del secolo, 2. che l'accusa era di avere venduto a 100 merci che il fisco presumeva valessero 300, reclamando pertanto le imposte sui 200 di differenza (mai incassati in realtà). Potrei avere capito male, ma se le cose stanno così è difficile commentare senza cadere nel turpiloquio.

Veniamo alla  seconda domanda.
Credo che ciò abbia a che fare col desiderio di dimostrare quanto sul serio venga condotta la lotta all'evasione e - di riflesso - a creare il terreno a nuove pesanti contromisure.
Mi spiego. Se passa il concetto che il 27,75% per cento degli imprenditori (commercianti, liberi professionisti, ecc) non paga una lira di tasse, questo 27,75% bisogna andare a stanarlo. Cosa peraltro non difficilissima. Sarebbe sufficiente bussare a 4 porte a caso e uno lo si becca. Ma soprattutto bisognerebbe ammettere che l'altro 72,25% è rappresentato da persone per bene, che paga tutto fino all'ultima lira, proprio come i pensionati e i dipendenti. Ma credo che ciò a molti non riuscirebbe facile

Se invece l'idea è che TUTTI gli  imprenditori (artigiani, commercianti, ecc) non pagano le imposte sul 38,41% dei loro redditi, allora c'è un'intera categoria (i non pensionati/dipendenti) che può (deve) essere criminalizzata in toto e la soluzione è ancora più semplice. E' sufficiente sparare nel mucchio, introducendo una nuova imposta, aumentando qualcuna di quelle esistenti, riducendo qualche detrazione, complicando le cose. Ottenendo il duplice scopo di incassare qualche quattrino e placare la sete di sangue dei "contribuenti onesti". Proprio come è stato fatto più volte negli ultimi anni. Esempi?
  • La percentuale di detraibilità dell'auto per uso promiscuo passata dal 50 al 40%
  • L'Irap, che fu presentata come una imposta per fare finalmente pagare (almeno) una tassa a tutte quelle aziende che con artifici di varia natura (tutti leciti, per carità) riuscivano ad azzerare gli utili e di conseguenza le tasse. Grazie tante, per queste aziende l'Irap è l'unica tassa, per le altre, quelle che non possono approfittare di tali artifici, è semplicemente una tassa in più (particolarmente onerosa per le società di servizi per le quali il costo maggiore è quello per il personale)
  • La percentuale di detraibilità dei costi di telefonia mobile passata dopo lunghe attese dal 50 all'80%. Mossa intelligente e sensata. Certo, accompagnata però dalla contemporanea riduzione dal 100 all'80% dei costi di telefonia fissa.
Resto pertanto in trepida attesa.

giovedì 31 marzo 2011

Ho visto Berlusconi nudo

Non è vero, ovviamente, ma sono curioso di vedere come variano gli accessi con questo panzatitolo.

mercoledì 23 marzo 2011

I miss Italia

Non so chi sia stato, dentro al palazzo acca del Coni, a pensare che fosse una buona idea concedere il patrocinio a Miss Italia Sport. A differenza dell'Ordine dei Commercialisti  al quale la Mirigliani non ha certo proposto  di patrocinare Miss Italia Commercialismo, ma se lo avesse fatto, giacché sono persone serie,  l'avrebbero mandata a quel paese.
Nemmeno so chi abbia pensato fosse una buona idea organizzare una conferenza stampa dentro lo stesso palazzo acca per presentare l'iniziativa. Che definiamo iniziativa solo perché siamo persone educate. Gente meno raffinata di noi la classificherebbe senza troppi giri di parole una cagata.
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Non mi associo però a quanti hanno già ampiamente criticato la faccenda. Anche perché, qualcuno, come ad esempio Emanuela Audisio su Repubblica, lo ha fatto molto meglio di come potrei farlo io.

Quel che mi domando, però, è quando la si smetterò di pensare che lo sport e i valori dello sport abbiano bisogno di qualcosa diverso dallo sport per crescere, svilupparsi, promuoversi? C'è qui fuori (o lì dentro, al palazzo acca) qualcuno che davvero crede che una serata (o anche due) in tv possa servire allo sport più di quanto possa servire qualche diretta in più di eventi seri e veri? Per quale motivo lo sport, che come tutte le cose inutili ha una sua nobiltà, deve essere sempre subalterno di qualcos'altro? Suvvia, sfoderiamo un po' di sano snobismo, per la miseria. Altezzosi bisogna essere, altro che palle!

Ma per fortuna di tanto in tanto il mondo gira nel verso giusto e, tempo una settimana, qualcuno dentro al palazzo acca si è ravveduto e il progetto è andato in cavalleria. Non per via delle critiche, che al Coni hanno le spalle larghe e delle critiche se ne fottono. Ma per "difficoltà tecnico-organizzative", dicono. Ovvero, immagino, un po' troppe federazioni hanno risposto picche e Petrucci deve avere pensato che non se la sarebbe sentita di sfilare davanti alla giuria in costume da bagno.

Sull'altro concorso annunciato sempre in pompa magna nella stessa occasione, ma che non si capisce se sia stato annullato o meno, Miss Italia Fair Play, è una tale minchiata che non mi pare opportuno spendere altre preziose parole.

Va da sé che nessuno dei protagonisti della vicenda se ne potrà avere a male sapendosi destinatario di un sonoro mavadaviaiciap va'.

giovedì 10 marzo 2011

Mozione per l'abolizione della parola "sacrificio" dalle interviste post gara

Oggi ho iniziato la giornata di pessimo umore. Non che sia una novità, peraltro.
Il motivo? Mah, ce ne sarebbero tanti, a cominciare dal rialzo dei tassi. Per proseguire col fastidio delle tasse e i taxi che bastano due gocce e non ne trovi più uno. In particolare, oggi, è stato un tizio a me sconosciuto che ha tentato in tutti i modi di funestarmi l'inizio di giornata. Il quale anziché ingozzarsi di pandoro ha telefonato in radio pronunciando la frase che ha accompagnato il mio risveglio. "Ma tanto in Italia le tasse le pagano solo i lavoratori dipendenti e i pensionati". Ora io dico all'ignoto radioascoltatore: ma se sei radioascoltatore, ascolta; cosa cazzo parli a fare che tanto dici minchiate? Invece lui, ci scommetto, per avere comunicato al mondo tale banalità si sentirà intelligente per buona parte della settimana. Fortunatamente non è andato oltre. Avrebbe potuto anche aggiungere "noi (lavoratori dipendenti) cittadini onesti che paghiamo le tasse fino all'ultimo euro". Che nella graduatoria mondiale delle banalità viene anche prima di "piove, governo ladro", "a Praga te la danno che è un piacere", "gli inglesi, voglia di lavorare saltagli addosso", "gli uomini voglio una cosa sola".

Ma di ciò discuterò una prossima volta. Per oggi mi limito ad osservare che coloro i quali  circolano in autostrada con la 500 (quella originale, non quella da fighetta che si usa adesso) potrebbero proclamarsi "noi guidatori rispettosi del codice che non superiamo mai il limite di velocità".

Il malumore è stato più tardi parzialmente mitigato dalla lettura dei giornali (del giorno prima). In particolare dell'intervista di Andrea Buongiovanni a Fabrizio Donato. Dalla quale ho scoperto cosa mi accomuna al triplista laziale. Non è che me lo sia mai filato molto Donato. Alla fin fine ha sempre alternato prestazioni eccelse a buchi da paura. Il triplo poi non mi è mai piaciuto granché. Almeno fino a quando non ho visto saltare Jonathan Edwards ed ho capito come un salto possa essere poesia pura. Fatto sta che a Parigi domenica ha saltato davvero lontano lasciando, con il contributo pesante di Di Martino e La Mantia, al piccolo mondo dell'atletica l'illusione di essere diventati un popolo di saltatori e che la fine del tunnel sia vicina.
Foto di Giancarlo Colombo/FIDAL

Dice, Donato, che "odia quelli che riferendosi all'atletica parlano di sacrifici". Io non so se li odio, di sicuro mi infastidiscono. Da sempre mi domando perché molti atleti nell'intervista post gara non sappiano resistere alla tentazione di dichiarare urbi et orbi che "questa medaglia mi ripaga dei tanti sacrifici fatti". Ma dai!! Su un po' di vita. Mostrate gioia di vivere e di gareggiare. Fossi un ragazzino che vi vede alla TV, stravolti, puzzolenti, senza un sorriso, raccontare che avete trascorso una vita di sacrifici, mi chiuderei in casa a giocare con la Playstation, altro che andare sul campo a chiedere di fare atletica. Dite pure, ci sta ed è giusto, che "mi sono fatto un mazzo tanto"; se proprio non potete farne a meno ringraziate "tutti quelli che mi sono stati vicini"; lamentatevi pure del fatto che  "c'è carenza di impianti e devo fare venti minuti di autobus tutti i giorni per allenarmi"!

Ma vivaddio non parlatemi di sacrifici. I sacrifici li fa chi si alza alle 4 del mattino e lavora 14 ore in miniera. Voi tuttalpiù sopportate qualche rinuncia  ma fate quello che vi piace fare (nessuno si allenerebbe 6 ore al giorno se non gli piacesse), girate il mondo, guadagnate (spesso) bene e l'unica cosa che vi si chiede è di esserne consapevoli.

Anzi, dirò di più, mi impegno formalmente a fornire un anno di ufficio stampa aggratis al primo atleta (Donato escluso) che nella stagione 2011 dichiarerà all'Elisabetta Caporale "oggi in gara mi sono divertito come un pazzo, ripartirei tra cinque minuti e sono felice non solo per la medaglia ma anche perché faccio la vita più bella del mondo".

Aggiornamento dell'ultimo secondo: due nomi mi vengono in mente di personaggi che fanno dichiarazioni più o meno di questo tenore. Valentino Rossi e Andrew Howe. A questo punto, facciamoci una domanda e diamoci una risposta.