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domenica 26 dicembre 2010

Frasi senza senso

"L'allarme a Roma è forte: anche perché una busta sospetta ma poi rivelatasi un innocuo biglietto di auguri è stata recapitata oggi anche all'ambasciata ucraina di Roma. Di conseguenza la questura in stretto contatto con il ministero degli esteri sta effettuando controlli in tutte le sedi diplomatiche della capitale".
ANCHE PERCHE????? Anche perché cosa????
Ancora per 3-4 giorni si potrà vedere qui, a  5'30"

"Trovato un paio di scarpe. Ma non sono di Yara"
Quindi???
qui o qui

giovedì 23 dicembre 2010

Palle di neve

Ok, le code di decine di chilometri ci sono state per davvero e così pure le centinaia di viaggiatori bloccati tutta la notte in autostrada.
Osservando questa foto tuttavia mi viene spontaneo domandarmi: ma cosa minchia stanno spazzando questi spazzaneve?
La strada davanti ai due mezzi è chiaramente libera dalla neve. Apparentemente essi stanno spostando la neve  dal bordo sinistro della carreggiata al bordo destro.Ma, dico io, non potevano lasciarla dov'era? Era proprio necessario spostarla? Sfido io che poi si creano le code, (come di nota nella foto).

lunedì 13 dicembre 2010

La traduzione tra tradizione e futuro

Qualcosa mi dice che questo sarà il mese, mediaticamente parlando, delle traduzioni farlocche.
Prima l'intercettazione che, con grande spiegamento di forze, ha portato in carcere  un operaio edile marocchino la cui unica colpa era di avere lavorato per alcuni giorni a Brembate. Traduzione sbagliata: non ha detto "l'ho uccisa" ma "perché non rispondi?".
Poi il sì della Cina - a Cancun - agli impegni vincolanti e ai controlli sulle emissioni di CO2. Errore, Su Wei, il capo negoziatore cinese, aveva detto no.

La mia scarsa conoscenza del cinese e dei dialetti arabi mi impedisce di valutare quanto fosse facile l'errore e fare eventualmente sfoggio di saccenza.

Nelle traduzioni dall'inglese all'italiano, però, ahimè, di stupidaggini ne riconosco tante.

Ad esempio, perché nei film americani doppiati le bevande gassate le chiamano "soda"? D'accordo, "bevanda gassata" è più lungo di "soda" e crea problemi col labiale. Ma dite "bibita" no? Provate a entrare in un qualsiasi bar italiano e chiedere una soda, vediamo cosa vi servono!.

Ricordo un film visto tempo addietro (chiaramente non ne ricordo il titolo) nel quale, parlando di un sospettato, l'agente affermava che la fedina penale era pulita, a parte "un biglietto del parcheggio". Biglietto del parcheggio? Minchia, son pazzi gli americani: paghi il parcheggio, ti rilasciano il biglietto e te lo annotano pure sulla fedina penale?  A meno che "parking ticket" non significhi "multa per divieto di sosta". Come in effetti è.

Sempre in ambito cinematografico. Anni fa uscì un bel filmetto irlandese. Waking Ned, tradotto in italiano Svegliati Ned. Era sufficiente dare un'occhiata al film, anche distrattamente, mentre si mescolava la polenta, per capire che lo svegliarsi aveva proprio niente a che vedere con la trama. Se poi non ci si fosse fermati alla prima voce del dizionario, scendendo di qualche riga si sarebbe potuto facilmente verificare che to wake significa anche vegliare, nel senso di veglia funebre. Definizione decisamente più appropriata. Per carità, qualcuno potrebbe anche avere pensato che la parola "funebre" nel titolo non avrebbe invogliato gli spettatori a recarsi al cinematografo. Ma non credo.

Mi permetto quindi di elargire un modesto suggerimento, del tutto free of charge (libero di accusa). Prima di mettere nero su bianco con la propria fountain pen (penna fontana)  e rendere pubblico, provare sempre a vedere se la frase makes sense (fa senso). Ha senso un biglietto del parcheggio sulla fedina penale? No? Allora probabilmente il significato è un altro, o no?

Già che ci sono, approfitto dello spazio carinamente concessomi per togliermi un altro sassolino dalla scarpa (little stone from the shoe). Sebbene siano passati quasi trent'anni, di tanto in tanto si parla ancora del banchiere Roberto Calvi, trovato appeso (e ampiamente morto) al ponte di Blackfriars a Londra all'ora del breakfast (spaccaveloce). Blackfriars Bridgeche da decenni ci viene diligentemente presentato come Ponte dei Frati neri. Ma che minchia sono i frati neri? In italiano hanno un nome: Domenicani si chiamano. Frati domenicani, e se proprio volessimo adottare il nome ufficiale dell'ordine, frati predicatori.
Ma non frati neri.

Mica tutti gli ovuli suon buoni da mangiare

All'aeroporto di Malpensa è stato inaugurato pochi giorni fa un avanzatissimo ambulatorio dotato di cinque celle di degenza destinato ad ospitare (gratuitamente) un particolare tipo di viaggiatori: quelli provenienti, soprattutto, dal Sud America con lo stomaco imbottito di ovuli di cocaina.
Li si ospita per due motivi. Uno, se per caso uno degli ovuli si rompe nello stomaco, lo spacciatore è spacciato. Due, gli ovuli hanno un certo valore sul mercato.
Come è facilmente intuibile, il recupero del prezioso carico può richiedere anche diversi giorni. Per questo motivo l'ambulatorio è dotato di tutti i confort, tra i quali sofisticatissime attrezzature (dei supercessi, praticamente) che consentono di recuperare, ripulire, sanificare e selezionare gli ovuli per metterli poi a disposizione degli operatori specializzati per le analisi del caso.
Sembra che gli operatori specializzati siano i più entusiasti della novità

venerdì 10 dicembre 2010

Sirmione e i suoi rumori (tutt'altro che modesti)

Sirmione deve essere una cittadina infernale, altro che la quieta località nella quale da giovane passavo le giornate cincischiando con Catullo.

Almeno questa è l'idea che mi sono fatto leggendo delle ultime delibere consiliari.
Apprendo, ad esempio, che di notte è vietato riunirsi in più di tre persone davanti ai locali pubblici. Non mi giunge nuova, questa. In diverse località balneari d'oltrecortina (quella di ferro, non d'Ampezzo), fino a una ventina d'anni fa, era la norma. Non solo di notte e non solo davanti ai pub, in verità.

Apprendo anche che è vietato sostare nelle vie del centro storico se ciò impedisce il transito ai pedoni. Qui si può aprire un interessante dibattito. Il pedone è colui il quale è a piedi, non necessariamente in movimento. Quindi, par di capire, il pedone statico non può permettersi di ostacolare il pedone in movimento. Questione di punti di vista: il pedone che vuol passare a tutti i costi reca a sua volta oggettivamente fastidio al pedone statico. Il quale potrebbe anche compiere dei lievi movimenti o addirittura spostarsi molto lentamente. Smettendo così di essere statico: le sole differenze da quello in movimento potrebbero forse essere velocità e direzione del movimento. Insomma, un casino. Non vorrei essere nei panni dei vigili di Sirmione. .

Ma la cosa più divertente è che tutti i locali pubblici si dovranno dotare di un analizzatore di rumore. Bene, ne saranno felici, quanto meno, i rivenditori di analizzatori di rumore del bresciano. E cosa faranno gli analizzatori di rumore allorquando il rumore supererà la soglia consentita?
Ridurranno automaticamente il volume della musica?
Diffonderanno gas anestetizzanti per placare gli schiamazzanti?
Proietteranno sulle pareti l'invito a fare silenzio?

No, niente di tutto ciò. Gli analizzatori di rumore dovranno essere dotati di dispositivo di allarme. Capito, l'analizzatore di rumore farà suonare una sirena. Se c'è troppo rumore,  SUONA LA SIRENA. Bella forte sennò non la si sente.

Non so, secondo me un mavadaviaiciap va' ci sta proprio.

sabato 4 dicembre 2010

Italiani (e italiane) in mutande

Stefano Baldini
Alessandra Sensini
Livio Berruti
Fiona May
Antonio Rossi e Bebo Bonomi
Klaus Dibiasi
Iosefa Idem
Filippo Magnini
Alex Schwazer

Africani in mutande si aggirano per le strade delle nostre città

Dice il Giovannoni che non sta bene che la Provincia di Padova contribuisca economicamente alla Maratona di Sant'Antonio, che vincono sempre africani in mutande.

Un po' come in tutte le altre maratone del resto. Quasi tutte. Alle Olimpiadi di Atene, nel 2004, ad esempio, ha vinto un italiano in mutande.
Stefano Baldini, un italiano in mutande.
Ragazzo mio, questi la maratona corrono. Come vuoi che la corrano, con lo scafandro?
E dice pure che di queste cose ci capisce, ha anche organizzato la Stramilano. Lui? La Stramilano?

Quel che non mi è chiaro, comunque, è cosa gli dia più fastidio. Che sono africani o che sono in mutande? 

Nel dubbio. Mavadaviaiciap, va'.

giovedì 2 dicembre 2010

Cose costose

Oggi ho scoperto che la mia auto ha un coso che si chiama debimetro.
Non ho idea di cosa sia, ma va sostituito e da quel che ho capito si chiama così perché per pagarlo bisogna fare i debiti

Meglio prevenire?

Accidenti, il 25 ottobre, apprendo da una mail giunta questa mattina, mi sono sventatamente perso la presentazione di un nuovo poliambulatorio avvenuta in un locale assai fashion di Milano. Nel ringraziare tutti gli intervenuti (ma io non c'ero!!!), nella mail mi ricordano quanto vedete qui sotto.

Chi più di me può concordare sull'importanza di prevenire la salute? Io ne sono da sempre uno strenuo sostenitore. Fumo, bevo, non mi lavo le mani prima di mangiare, attraverso col rosso e da quando mi hanno spiegato che devo assumere più frutta e verdura faccio sempre aggiungere una seconda oliva al martini.

Chiaro lo sarei anche di più (strenuo) se fossi titolare di un poliambulatorio. Se la gente previene efficacemente la salute, sai le file fuori dallo studio? Pazienti a frotte......

Mavadaviaiciap, va'

domenica 28 novembre 2010

Più Pistole per la sicurezza in volo

Fa piacere vedere che anche Hillary (Clinton) mostra qualche perplessità verso i controlli di sicurezza negli aeroporti. O meglio verso il modo in cui vengono attuati, raccontati in questo articolo de La Stampa. Non so come definire i fatti descritti. Assurdi? Aberranti? Semplicemente stupidi?
Ma negli USA son fatti così. Le regole sono regole, si applicano e non si interpretano, ma quando vengono fatte applicare da soggetti che non sono certo fulmini di guerra - ciò che avviene con una frequenza preoccupante - l'effetto che ne risulta è ridicolo nel migliore dei casi, devastante, per chi lo subisce, nel peggiore. Un esempio di effetto ridicolo: nel '96 ad Atlanta per le Olimpiadi fui fermato dalla guardia nazionale davanti allo stadio del nuoto perché, avendo sostato tre volte in prossimità dello stadio medesimo nell'arco di due sole ore, ero diventato un sospetto. Il guardiano nazionale, piuttosto gentile, va detto, mi chiese le generalità. Gli feci lo spelling, facendo il gesto di estrarre il passaporto. Mi disse che non serviva, andò al pc a fare la sua ricerca e tornò indietro sorridente dicendo che potevo andare, non ero schedato tra i sospetti. Ma sei fuori?? Nemmeno mio nipote all'epoca seienne avrebbe fatto una scemenza simile. E' vero che mio nipote era un tipo abbastanza sveglio per la sua età, tutti gliene davano almeno sette di anni.

Da qualche anno viaggio malvolentieri in aereo. Pur senza avere sofferto perquisizioni come quelle illustrate nell'articolo (ma mia suocera, poco meno che ottantenne, è stata trattenuta una giornata intera all'aeroporto di Los Angeles, con i peggiori spacciatori portoricani come compagni di cella e provando anche l'ebbrezza di una perquisizione corporale: beh, se l'è cercata, penserete voi, è il minimo che può capitare se una cerca di entrare negli USA con un bazooka nel bagaglio a mano. Ma va', il terribile reato di cui si era macchiata era un overstay di pochi giorni nel soggiorno precedente) trovo umiliante l'iter dei controlli di sicurezza. Trovo umiliante togliersi di dosso pezzi di abbigliamento, levarsi le scarpe, farsi palpeggiare da un idiota se hai dimenticato una monetina nella tasca. Trovo umilianti le code sterminate e gli stanzoni bui, caldissimi, maleodoranti e malumoreggianti. Trovo umiliante il sacchettino trasparente per i liquidi (incidentalmente, ma perché i produttori di liquidi per le lenti a contatto non producono anche confezioni da viaggio e non solo bottiglioni da mezzo litro?).
Tutto ciò trovo non solo umiliante ma anche inutile. Molto banale, molto elementare, molto qualunque. Forse sarà anche vero che qualcuno ha cercato di di tirare giù un aereo con una bomba liquida, o nella suola delle scarpe e nelle mutande. Ma le contromisure più che a prevenire il terrorismo mi sembrano idonee solo a ricordarci che siamo sotto minaccia terroristica (che sarebbe poi l'effetto desiderato dai terroristi). A tenerci tutti sotto pressione, ad alzare sempre un po' la posta, per qualcuno forse ad avere la sensazione di essere davvero più sicuro. Fateci caso, quando qualcuno comincia ad avanzare l'idea che forse, chissà, i controlli si potrebbero attenuare, zacchete ti trovano un terrorista con l'ordigno nel pacchetto delle cicche. E di nuovo ci facciamo palpeggiare, spogliare, depredare.
Questo sebbene autorevoli studiosi abbiano dimostrato ciò che basterebbe il senso comune a suggerire. Che i controlli a campione eseguiti con metodo sono altrettanto o più efficaci di quelli a tappeto (purtroppo non trovo più gli articoli). Ma molto meno costosi (in termini di denaro, tempo e fastidio). Però perseguire i simulacri del pericolo (le boccette d'acqua, i tacchi delle scarpe. le limette per le unghie) è molto scenografico, dimostra efficienza. Ma è patetico. Altrimenti non si spiegherebbe perché all'aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv non ti fanno né levare le scarpe né ti sequestrano i liquidi e i controlli sono organizzati in modo tale da permettere di impiegare non più di 25 minuti dall'ingresso in aeroporto all'arrivo al gate.

Queste cose pensavo poche settimane fa, durante i cinquanta umilianti minuti di coda umidiccia in attesa di varcare i controlli di un grande aeroporto europeo. E pensavo anche a come avrei potuto nascondere un oggetto che mi ero dimenticato in tasca - niente di che, un oggetto con un certo valore affettivo, innocuo secondo il senso comune, ma vietato - e che mi sarebbe seccato vedermi sequestrato. Ragionavo su quanti degli oggetti che avevo con me fossero in realtà infinitamente più pericolosi di quell'unico oggettino proibito, trovandone un discreto numero. La cannuccia di una Bic, ad esempio, può fare molto ma molto più male di una forbicina per le unghie. Ma anche una cravatta. Il cavo di alimentazione del computer. Le stanghette degli occhiali. Le carte di credito. Conosco persone che hanno delle mani che sono armi improprie. Dovesse un domani un fantomatico terrorista tentare di strangolare una hostess con le sue proprie mani, quale sarà il provvedimento? Ci faranno viaggiare con la camicia di forza? Tremo al pensiero di cosa potrà essere un volo tra cinque o dieci  anni.

Alla fine, comunque l'oggetto non me lo hanno trovato. Come non mi hanno trovato lo scatolino delle lenti a contatto (15 ml di liquidi non dichiarati), il mio fido collirio, il gel da barba e un altro paio di articoli che o non avrei dovuto avere o avrei dovuto porre nell'apposito sacchetto (bagaglio a mano, borsa portapc, pc, giacca, scarpe: minchia ho solo due mani dove lo metto il sacchettino? mavadaviaiciap, va').

In tutto questo che c'azzeccano le Pistole per la sicurezza in volo? C'azzecccano, tranquilli. Ma lo sapete come si chiama il big boss della TSA (Transportation Security Administration), l'ente che vigila sulla sicurezza dei trasporti negli USA e le cui regole vengono poi imposte nel mondo? Quello che dice che oggi per recarsi negli USA occorre il passaporto col microchip. Che ieri all'ingresso nel Paese ti imponeva di lasciare impronte digitali e foto della retina. Quello che se la tua valigia non è chiusa con uno dei lucchetti TSA approved  (che loro possono aprire con una sorta di passepartout) si sente in diritto di squarciarti la valigia solo perché gli è venuto in mente di vedere cosa c'è dentro. Quello che all'immigration ti interroga come se tu fossi un terrorista per default e fosse tuo onere dimostrare che non lo sei, che vuoi solo farti una settimana di vacanza.
Bene il big boss si chiama John S. Pistole
Pistole, ma dai, il più potente sceriffo del mondo si chiama PISTOLE. E' vero che noi abbiamo avuto un capo della polizia che di cognome faceva Manganelli, ma dai Pistole... il capo della TSA! Quando si dice un nome, un destino.

mercoledì 24 novembre 2010

Linguaggi non verbali

Esempio 1

Traduzione
Deficiente, non ti sei accorto che questo è un passo carraio?

Esempio 2
Traduzione
Ah ma allora sei proprio uno stupido! E pure maleducato. Guarda, sei fortunato che hai incontrato me, che sono una persona civile, ma la prossima volta questi tergicristalli, fossi in te, non sarei così sicuro di ritrovarli dove si trovano ora..

venerdì 19 novembre 2010

Che palle 'ste rotonde

(o che rotonde 'ste palle?)
(deve avere pensato il sagace automobilista)

Esercizio del 18 novembre

L'esercizio consiste in questo.
Prendere una frase detta o scritta da qualcuno e adattarla ad altri contesti sostituendone alcune parole. Per vedere l'effetto che fa.

La frase di oggi è tratta da un articolo di Nòva 24 dal titolo "Wi-fi libero, non troppo", scritto da Umberto Rapetto. Ottima persona. E non lo dico solo perché è un colonnello della Finanza.

Ecco la frase
LE ESIGENZE DI ACCEDERE AL WEB VANNO CONCILIATE CON MECCANISMI CHE CONSENTANO DI INDIVIDUARE CHI COMMETTE REATI.
Soluzione: è necessario che chiunque acceda al web sia identificabile in quanto potrebbe commettere reati

Variazione 1
Le esigenze di passeggiare tranquillamente e liberamente per le strade della propria città vanno conciliate con meccanismi che consentano di individuare chi commette reati.
Soluzione a: chiunque esca da un edificio, deve comunicare all'autorità preposta il proprio itinerario e l'ora prevista di arrivo nell'edificio di destinazione
Soluzione b: inserire un trasmettitore GPS sottocute a ogni cittadino così che sarà facile sapere chi si trovava DOVE è stato commesso il reato
Soluzione c: posizionare un agente di polizia ogni 10 metri su tutte le strade italiane

Variazione 2
La sacrosanta esigenza di recarsi al cinematografo va conciliata con meccanismi che consentano di individuare chi molesta le donne sole.
Soluzione: qui è facile, basta tenere la luce accesa

Variazione 3
L'esigenza di leggere libri va conciliata con meccanismi che consentano di evitare che il lettore tragga dai libri stessi ispirazione a commettere, o suggerimenti su come commettere, reati.
Soluzione: costituire una o più commissioni che sottopongano qualunque manoscritto a un rigido controllo preventivo

Chi può negare che tutte le soluzioni prospettate siano efficaci per individuare chi commette (o intende commettere) reati? Nessuno, immagino. Ma chiunque osasse proporle verrebbe probabilmente lapidato sul posto.

Ne consegue che il Web deve essere un luogo infinitamente più pericoloso e frequentato da criminali del mondo reale.

lunedì 15 novembre 2010

Il premier è seccato per la figuraccia della Ferrari

Secondo alcune note di agenzia il nostro premier avrebbe dichiarato.
"Montezemolo non capisce un accidente. Cribbio. Fossi stato io presidente della Ferrari, avessi progettato io la vettura, avessi stabilito io la strategia, avessi scritto io i regolamenti e avessi guidato io la vettura,  sarei arrivato come minimo primo, secondo e terzo, regalando ai tifosi un podio tutto italiano.
Cribbio.
Ma cosa potevamo aspettarci da uno come quello lì? Già glielo avevo suggerito anni fa che per sollevare le sorti della Fiat era sufficiente un po' di marketing. Bastava prendere le 500, brandizzarle Ferrari e ne avrebbero vendute a milioni. Mi ha dileggiato e guardate adesso come sono ridotti."

Presidente Montezemolo, ma dai!!!???!!!

Spesso durante la settimana riesco appena a sfogliare i giornali e aspetto il week end per dedicare qualche mezz'ora alla lettura di quelli dei giorni passati.
Abitudine che permette tra l'altro di risparmiare un bel po' di tempo dato che molte delle notizie o si sono nel frattempo rivelate delle fesserie o sono state superate dagli eventi. E quindi è inutile leggerle.

Oggi però mi sono soffermato su una notiziola di martedì 9. Pare che il sommo presidente Cordero di Montezemolo se la sia presa a male perché un certo Marco Desiderati, entrato in Parlamento in sostituzione del Salvini, avrebbe sostenuto di tifare McLaren e non Ferrari, come, mi pare di capire, dovrebbe fare ogni bravo cittadino italiano.
Francamente mi pare una minchiata. Anzi, dirò di più: rivendico a voce medio alta il diritto a tifare chi voglio, se è il caso di affermare che un team straniero mi è più simpatico di quello italiano e che i piloti della Ferrati non li sopporto proprio. E al limite di tifare nessuno e strafottermene se la Ferrari vince o meno il mondiale. E già che ci sono, rivendico anche il diritto di non supportare (e sopportare) la nazionale italiana in occasione dei mondiali di calcio, di non considerare una vergogna l'essere buttati fuori dal torneo al primo turno: insomma di vivere come se la nazionale di calcio non esistesse. Non sono patriottico? Pazienza, non ne farò certo un dramma. Sono snob? sì.
In tutto questo patriottismo a buon mercato quello che mi irrita di più è la scontatezza, la medietà, l'elementarietà dei ragionamenti, se così vogliamo chiamarli. Finiamola, dai, che non è che ci si fa una bella figura.

Questo pensavo in mattinata. Nel corso della giornata la faccenda si è fatta ancora più succosa. Alonso (oh, a me non mi sta simpatico, ma volete mettere un Regazzoni?) non ha vinto il titolo piloti. Imperdonabile errore strategico ai box, mi hanno spiegato. Alla fine, mi dicono, era chiaro per tutti che era sbagliato controllare Mark Webber. Alla fine. E poi un po' è stato anche colpa della safety car che andava troppo veloce. In parte del circuito che non favoriva i sorpassi. In certa misura della maledizione di Montezumolo. Per finire, sicuramente un ruolo importante l'hanno avuto gli altri piloti in gara i quali, anziché scansarsi quando vedevano Alonso negli specchietti, 'sti stronzi, proseguivano come se niente fosse. E ciò, ammettiamolo, non è sportivo.

Comunque sia andata, posso capire le facce tristi del team, l'espressione da domenica no di Domenicali, la stizza del presidente. Perdere fa piacere a nessuno. E poi qui si rischia di vendere otto vetture in meno il prossimo anno. E magari anche parte del bonus va a farsi friggere. Ma i commentatori Rai (e non solo) perché diavolo devono sempre comportarsi come se fossero in carico all'ufficio stampa di Maranello? Suvvia un po' di contegno, lo stipendio ve lo paga la Rai, mica la Fiat. A voi il bonus mica lo avrebbero elargito (credo); e allora perché quelle facce contrite, perché se vince la rossa è un trionfo e se perde è sempre colpa dell'arbitro? Coraggio, ci sono anche altre cose nella vita!.

Infine, verso sera, arriva la ciliegina sulla torta. Si scomoda nientemeno che Calderoli, dichiarando che "Montezemolo, che ci ha fatto vergognare di essere tifosi della Ferrari, se ne vada subito da Maranello, evitando di fare ulteriori danni alla Rossa che tutti noi abbiamo nel cuore". Essendo egli il ministro delle semplificazione normativa, provo a esprimere il mio pensiero con un concetto semplice. Mavadaviaiciap va'.

Riassumendo. La Ferrari non ha vinto il mondiale? Echissenefrega, ma adesso per cortesia non frantumateci i marroni per settimane, ok?

Poi, è chiaro che ogni uomo ha un prezzo e posso affermare con ragionevole sicurezza che se il Montezemolo assegnasse un contratto con moltissimi zeri alla mia agenzia, non solo diventerei immediatamente ferrarista da sempre, ma andrei anche in ufficio vestito di rosso.

mercoledì 10 novembre 2010

L'idiota

In questa immagine, quella in mezzo è la mia auto. Parcheggiata (da me) abbastanza vicino (ma non così vicino) a quella che la precede.

Quella dietro è dell'idiota.

Doppiamente idiota, in quanto, come si può facilmente dedurre da questa seconda foto, dietro c'è nulla (e ci sono almeno altri 30 centimetri prima della riga blu che delimita il parcheggio).

Essendo il soggetto doppiamente idiota, ritengo giusto non offuscarne la targa. Soprattutto perché, a causa del doppio idiota, sono arrivato in forte ritardo (in taxi) a un appuntamento importante.

martedì 9 novembre 2010

Casa dei gladiatori's quiz

Di chi è la colpa del crollo della casa dei gladiatori (Schola Armaturarum) a Pompei?
  • Di Sandro Bondi, attuale ministro dei Beni Culturali?
  • Di Francesco Rutelli, precedente ministro dei Beni Culturali?
  • Dell'impresa che l'ha costruita, che ha fatto un lavoro di merda?

domenica 7 novembre 2010

I tassisti non usano la quinta

Certo, non mi riferisco alla misura di reggipetto. Se sono tassisti. In genere. Le tassiste, dipende.

Quella a cui mi riferisco è la quinta intesa come marcia. Non nel senso di andata a male. Parliamo di scienze motoristiche.

L'altro ieri, per dire, dovendomi recare alla fiera, quella vecchia, per via dello IAB, ho pensato di andarci in taxi. Dall'ufficio circa 5 km. Traffico fluido, per essere il primo pomeriggio di una tiepida giornata novembrina. Mi è capitata anche una vettura abbastanza prestigiosa, di quelle che arrivi all'ingresso della fiera e ci fai comunque la tua porca figura.

Bene, per quattro quinti del percorso il conducente ha condotto la sua vettura in seconda. Solo nei rettilinei più veloci, tra le due curve di Lesmo, osava inserire la terza. Una sofferenza. A un certo punto avevo già la mano intrufolata tra i due sedili anteriori per azionare io stesso la leva del cambio.

E non è un caso isolato. Il tassista che non dispone di cambio automatico tende davvero a guidare così. Io, che che tra le tante virtù ho la parsimonia e passo direttamente dalla prima alla quinta, non posso non domandarmi perché.

Capirei se tenendo il motore su di giri il conto finale fosse più alto. O se i tassisti si chiamassero così perché pagano tante tasse. Invece, il tassametro, per quanto se ne sa, tassa in funzione del tempo e dei chilometri percorsi (più altri oneri accessori in casi particolari), non dei giri del motore. Qual è il motivo dunque per viaggiare usando solo le marce basse?

Amici tassisti, usate orsù le marce alte. Ne guadagnerà l'aria che respiriamo e magari, risparmiando quei tre o quattro litri di carburante per ogni 100 km, potreste anche, volendolo, ridurre lievemente le tariffe. O no?

Dell'inutilità di taluni oggetti

Dopo avere trascorso buona parte del fine settimana accovacciato nell'abbassamento del soffitto spostando e scaricando materiali, posso stilare la mia personalissima classifica degli oggetti più ingombranti ma in compenso assolutamente inutili che si possono reperire in una casa italiana.
  • il set da scrittoio in cuoio pregiato, regalo per la laurea (mai visto nessuno, laureato dopo il 1920, usare un set da scrittoio) (in effetti, ripensandoci, nessuno lo usa. Lo si riceve, lo si mette in solaio per qualche anno, lo si regala a qualcun altro e così via)
  • la risottiera, regalo del matrimonio (era un riciclo, lo si vedeva lontano un miglio, finora ci siamo vergognati di rifilarlo ad altri, ma le cose potrebbero cambiare)
  • i set di bicchieri di ogni forma, dimensione, materiale, regali del matrimonio, utili se appena uno volesse aprire un lounge bar con 150 coperti
  • lo sportello della cucina che, prima della moria degli elettrodomestici, nascondeva la lavastoviglie
  • il paralume di una piantana che non so dove sia finita (né quando)
  • la smaltatrice (assegnata  agli oggetti inutili sub judice, in attesa di capire se siano ancora in commercio le carte fotografiche baritate, da smaltare
  • le copie dei principali quotidiani italiani del '63 (assassinio di J:F: Kennedy), del '68 (carri armati sovietici a Praga), del '69 (sbarco sulla Luna)
  • un quadro bruttissimo, che nessuno sa come e perché sia finito lì
Tra gli oggetti ingombranti, ma che avrei difficoltà, soprattutto per ragioni affettive, a definire inutili:
  1. la storica tenda canadese Bertoni, con tanto di catino e abside, molto più pesante, che so, della Quechua, ma più agevole da trasportare nello zaino
  2. il sacco a pelo militare, caldo ma occupava da solo mezzo zaino, presto sostituito da uno in vero piumino d'oca, ancora più caldo che, arrotolato con perizia, poteva quasi stare nella tasca della giacca a vento
  3. gli anfibi, compagni di tante avventure
  4. la scatola con la collezione di "macchinine", prevalentemente Polistil, nella quale tutta via non sfigura una Batmobile Corgi Toys 
  5. 15 e più annate di Sport Week, da quando ancora si chiamava Gazzetta Magazine. Per questo articolo l'attributo di inutilità dipende ovviamente da chi ne parla. Per me no. Mia moglie avrebbe da ridire,
  6. le stampelle, acquistate in occasione della rottura del mio tendine da killer. In questo preciso momento sono chiaramente inutili, ma si sa mai.
Tra gli oggetti che non posseggo, ma se lo possedessi sarebbe certamente tra quelli inutili e mi recherei personalmente alla ricicleria di via Olgettina per smaltirlo (ma accertandomi che lo distruggano per bene) segnalo il DVD con tutti gli interventi di Ivan Zazzeroni alla Domenica Sportiva.

giovedì 4 novembre 2010

Minimum taxi

Apro una piccola parentesi. Giorni fa arriviamo all'aeroporto di Budapest (nel quale, incidentalmente, è attivo il servizio WIFI di due operatori: T-Mobile, a pagamento, Telenor gratuito): appena fuori dal terminal c'è un baracchino della compagnia dei taxi sul quale sono chiaramente esposte le cifre richieste per il trasporto in città, in valuta locale e in euro (variabili, poco, in funzione della zona e comunque non superiori ai 25 euro per le aree più lontane). Dico all'omino del baracchino dove voglio andare, egli mi stampa un voucher con indirizzo e prezzo, un altro omino fa un cenno al primo taxi della fila e saliamo a bordo. In qualcosa meno di mezz'ora ci recapita a destinazione, pago l'equivalente, al cambio attuale, di qualcosa meno di 20 euro e saluto.
Pochi giorni dopo devo tornare all'aeroporto di Budapest. Alla reception dell'hotel è esposta la targa di una compagnia di taxi (diversa da quella dell'andata) che indica i costi per l'aeroporto (lievemente superiore rispetto all'andata ma sempre nei limiti dei 20 euro) e altre destinazioni. Chiedo conferma al concierge che si possa pagare con carta di credito (ho finito la valuta locale) e costui mi guarda strano come a dire "se c'è scritto sulla targa che le accettano, cosa me lo chiedi a fare?".

Dopo una serie di caffè variamente aromatizzati per spendere gli ultimi spiccioli e una manciata di ore, atterriamo felicemente nella pioggia torrenziale di Malpensa (pioggia provvidenziale che ci permette di schiarirci le idee nel breve tragitto dalla scaletta alla corriera, che i finger immagino fossero tutti occupati). Poiché già so che il taxi da Malpensa a Milano ne costa 85 di euro, da bravi ci avviamo verso la stazione del Malpensa Express, il secondo treno più caro del mondo (il primo è l'Heathrow Express, ma almeno quello passa ogni 15 minuti e tra l'aeroporto e Paddington ci mette altri 15 minuti). Una ventina di minuti di attesa, una trentina di viaggio e finalmente approdiamo trionfalmente a Cadorna Station, Milano downtown, la città che tra cinque anni ospiterà l'Expo, mica la sagra della salciccia, poco dopo le 22.30.

Piove ancora più che a Malpensa, ma non ci facciamo intimorire e ci avviciniamo alla fermata dei taxi.
Dove, come è lecito aspettarsi, esiste una pensilina (è chiaro, siamo pur sempre a Milano downtown, quella Milano che tra cinque anni ospiterà l'Expo, con frotte di visitatori che atterreranno a Malpensa e da lì a Cadorna), La quale però è corta. Nel senso che tra il suo bordo esterno e il bordo del marciapiede c'è appunto lo spazio di un marciapiede, che non è protetto dalla pensilina. In una tiepida serata di primavera chissenefrega, ma in una serata autunnale di pioggia in quello spazio ci cade sopra la pioggia.

Terzi nella fila, un solo taxi. Carica il primo e se ne va. Dopo qualche minuto ne arriva un altro, carica la seconda famigliola e se ne va. Dopo qualche minuto non ne arriva un terzo, ci si spazientisce e si chiama un radiotaxi (oh, siamo a Milano, Lombardia, quella dell'Expo e delle settimane della moda, quella più vicina a Zurigo che a Roma, mica a Pescosansonesco; e a differenza della coppia inglese dietro di noi, abbiamo in rubrica i numeri di tutti i radiotaxi). Dopo cinque minuti è lì, carica noi e le valigie e in poco più  di dieci minuti ci porta a casa. In cambio di appena 24 euro.

Ma naturalmente di concedere nuove licenze non se ne parla. Va bene così. Piuttosto, se proprio bisogna aumentare qualcosa, meglio aumentare le tariffe, no?

E inoltre, ma chi ha progettato la fermata dei taxi di Cadorna station, Milano downtown, quella dell'Expo, lo hanno pure pagato?

Mavadaviaiciap va'!

PS, Il cambio attuale è 1 euro = 270 HUF

martedì 2 novembre 2010

All'estero fa freddo

Secondo me esistono dei negozi nei quali si vendono dei kit chiamati Total look per la famiglia italiana che si accinge a trascorrere un weekend lungo (autunnale) in una capitale europea.
Che tra le altre cose prevede:
  1. Hogan (o boot Timberland) per lui
  2. Jeans strettissimi infilati negli stivali per lei
  3. Giubbino di pelle con collo pelosetto per lui
  4. Giacca a vento sberluccicante per lei
  5. Sciarpina alla Mancini per lui (ma anche per lei)
  6. Occhiali da sole anche (soprattutto) dopo l'imbrunire
Inoltre, non appena la temperatura scende sotto i 20 gradi centigradi:
  1. Parka con il cappuccio bordato di pelo
  2. Nei casi più gravi il colbacco
D'altronde si sa, all'estero fa freddo, meglio coprirsi bene.

Immagino anche che a tutti gli acquirenti venga offerto in omaggio un agile manuale di comportamento contenente norme e utili consigli quali: se si è in sei bisogna passeggiare (lentamente, molto lentamente) tutti e sei affiancati, occupando l'intero marciapiede e causando code sterminate. Penso anche che il manualetto indichi le sanzioni per i trasgressori e che tali sanzioni siano tremende. Questo nel primo capitolo.
Nel secondo, a occhio e croce, dovrebbe essere scritto che qualora si debba chiedere un'informazione, per la strada o in un negozio, è opportuno farlo educatamente, scusandosi, come si farebbe a casa. La frase va sempre aperta con "sorry".

mercoledì 27 ottobre 2010

Quelli che si ricordano di Beppe Viola

Guardo Romanzo Popolare su DVD (lo avrei anche scaricato illegalmente, ma non so come si fa). Con una giovanissima Ornella Muti (meglio adesso, tra l'altro), un giovanissimo Michele Placido, un giovanissimo Alvaro Vitali e vari altri attori meno giovanissimi, Musiche di Enzo Jannacci.
Breve apparizione di Beppe Viola, che aveva partecipato anche alla stesura dei dialoghi.

A chi ha meno di 28 anni il nome di Beppe Viola immagino dirà poco. Era un giornalista sportivo Rai, sebbene la definizione di giornalista gli stesse un poco stretta. Era anche tante altre cose.

Soprattutto era uno che non si prendeva troppo sul serio e che aveva capito, tra le tante altre cose, che il calcio era in fondo solo calcio. In rete si trova qualcosa su di lui. Non molto, ma si trova.

Dateci un'occhiata e poi confrontate con quello che abbiamo adesso.

Che so, un Pistocchi, uno che trasuda spocchia e anche quando dice che gli scappa la pipì, se gli togli l'audio, sembra stia discutendo di monadi. Un Varriale, che se Zenga ha insultato lui, e non, per dirne uno, Bizzotto, ci sarà pure una ragione. Un Bargiggia, uno dei massimi esperti di calciomercato (ma come si fa a decidere di diventare esperti di calciomercato? Sai che palle!!!).

Bene, confrontate e poi ditemi se non si stava meglio quando si stava peggio.
Mavadaviaiciap, va'

lunedì 11 ottobre 2010

Quante stupidaggini che mi tocca leggere!!!!

Tra i tanti modi in cui un tassista può finire in coma, l'essere picchiato selvaggiamente per avere investito un cane è senza dubbio uno dei più assurdi.

Sull'episodio si possono fare molte riflessioni, come pure si può riflettere su alcuni degli eventi che ne sono seguiti: bruciata l'auto di un testimone del fatto, bastonato un fotografo che fotografava l'auto bruciata del testimone del fatto.

Poi, purtroppo, è chiaro che non si può mica pretendere che tutti riflettano. Qualcuno, ahimè, forse perché convinto che riflettere sia inutile, tanto ci sono già gli specchi, parla.

Matteo Salvini (a beneficio dei non milanesi, che non hanno la fortuna di subire con fastidiosa frequenza le sue esternazioni, dirò che si tratta di un tale) si è lasciato una volta di più sfuggire l'opportunità di starsene zitto e, pungente come al solito, (non per nulla gli amici lo hanno soprannominato  Faccia d'aculeo) ha dichiarato che l'episodio dimostra come sia giunto il momento di dotare i tassisti (milanesi) di strumenti di difesa personale.

Ora io dico. Ma benedetto ragazzo, ma fai uno sforzo e spiegami cosa minchia c'entra! Mica il fattaccio ha a che vedere col tassismo e i rischi ai quali sono soggetti i guidatori di auto pubbliche, no? Qui si tratta di un'automobile che per caso ha investito un cane che per caso apparteneva a una tizia che per caso era fidanzata con un delinquente. Per caso un'automobile guidata da un tassista.
Se la vittima dell'aggressione fosse stato un ortopedico o un ragioniere del catasto cosa avresti proposto? Dotare gli ortopedici o i ragionieri del catasto di strumenti di difesa personale?
E se fosse stato, la butto lì, un extracomunitario???
Mavadaciaiciap va'!

Impara l'arto ....

Maaaaa, mi domando.
Perché si tende a dire "una gamba più corta dell'altra" e non "una gamba più lunga dell'altra" (prova su un popolare motore di ricerca: 10.500 risultati per la gamba corta, 3.290 per quella lunga)?

Ma chi l'ha detto che quella sbagliata deve essere per forza quella corta?

mercoledì 6 ottobre 2010

Amo l'Agenzia delle Entrate

Il titolo è chiaramente una ingenua quanto inutile forma di piaggeria verso l'Agenzia. Metti che qualche direttore di sede capiti per caso su questo blog, magari mi prende a benvolere.

Io, in realtà, ho un rapporto, diciamo così, irrequieto con il fisco. Capisco che ci debba essere, che abbia una sua funzione, però del nostro rapporto tutto si può dire tranne che sia alla pari. Per dire: per decenni ho circolato tenendo nel portafogli la tessera, quella cartacea, del codice fiscale che mi era stata recapitata quando, già allora giovanissimo, mi apprestavo ad affrontare i miei 15 anni. Già avevo subito un trauma quando mi dissero che il mio CF non terminava, come mi avevano fatto credere fino a quel momento, con F207W ma bensì con F205W.
Bene, ero chiaramente informato del fatto che in Via Manin vi fosse una tesserina di plastica che mi attendeva. Di tanto in tanto provavo a dirmi "vado a ritirare la mia tesserina di plastica" ma sempre mi immaginavo che quando fossi entrato in quell'edificio a richiedere quanto mi spettava sarebbe sbucato un figuro segaligno dal profilo aguzzo che fregandosi le mani mi avrebbe detto "Ahhh bene bene, proprio lei aspettavamo, venga, venga qui un attimo, mi segua". Mi avrebbe portato nel suo loculo dove avrebbe aperto un faldone e mi avrebbe sventolato trionfante un polveroso modello 740: "lei tre anni fa ha portato in detrazione un panino al prosciutto ma quel giorno era semifestivo e poiché lei - come noi - immagino non avrà lavorato nel pomeriggio, di quel panino lei, caro lei, era facoltizzato a portarne in detrazione solo il 50%". Srotolandomi subito innanzi la lista delle sanzioni.
Così è andata per anni fino a quando ho saputo dell'installazione di alcuni distributori self service, mi son fatto coraggio (un po' anche mi vergognavo delle facce schifate ogni volta che estraevo il mio cencioso codice fiscale cartaceo) e mi sono presentato all'Intendenza di Finanza. Tanto pensavo, se il dispenser avesse titubato più di qualche secondo sarei sempre potuto fuggire.

E' facile quindi capire quale ansia mi mettano le lettere dell'Agenzia delle Entrate. Quasi più, se devo dirla tutta, delle lettere di Julia Roberts. Ieri me ne sono trovata una sulla scrivania (dell'Agenzia, non di Julia). L'ho lasciata lì per qualche ora, di tanto in tanto la toccacciavo, la spostavo, la annusavo. E alla fine l'ho aperta.

Leggo le prime tre righe e mi rassereno lievemente.
Anche se, porca vacca, ma cosa cavolo mi scrivi a fare? Per farmi prendere un coccolone? Almeno usa una busta colorata, con disegnati i fiorellini, oppure con la scritta "non contiene cattive notizie"così che io capisca che il contenuto non porterà sventura!!

La missiva prosegue dicendo che "è emerso, tuttavia, un credito superiore al dichiarato". Evvai, l'Agenzia mi deve dei soldi! Passo alla seconda pagina per conoscere l'importo, pressapoco una rata di mutuo. Non male. Godo sommessamente.

Leggo le due righe successive e sommessamente mi intristisco..
Avete colto la sottile minaccia?
Non è che l'Agenzia dice: "OK caro contribuente, i controlli automatici affermano che hai pagato più del dovuto, te ne saremmo anche grati ma purtroppo non possiamo accettare. Ecco qui di seguito l'assegno e corri in banca ad incassare prima che cambiamo idea".
L'Agenzia, invece, dice. "Spett. Contribuente (con la maiuscola) i controlli automatici hanno evidenziato che hai pagato più del necessario. Ora sta a te, Contribuente, decidere se chiederci una verifica manuale che eventualmente confermerà il tuo credito e a quel punto ti restituiremo il denaro". Lasciando intendere "sappi però che dalla verifica manuale potrebbero emergere chissà quali magagne e allora sì che son cazzi, non solo non ti ridaremo le tue parecchie centinaia di euro, ma rischi di dover vendere tutte le tue cravatte su eBay per saldare il debito".

Ecco, in un paese normale uno direbbe, "Ho un credito, son sicuro di avere fatto le cose per bene, è assai più probabile che abbia pagato qualcosa più anziché meno, fate pure tutti controlli manuali che volete, io aspetto qui fuori, quando avete finito mi consegante l'assegno". Sarei tentato di fare così, ah se lo sarei!!! Ma poi mi sovviene che la sanzione per un qualsiasi errore formale rischia di essere assai superiore al mio credito e allora il dubbio mi si insinua.

martedì 28 settembre 2010

Chi non va per negozi non sa cosa si perde

Mica quelli sfavillanti del centro. Basta, anzi forse è meglio un normale bar tabacchi di Piazza Piola.

Proprio quello nel quale sono entrato questa mattina recandomi in ufficio, rigorosamente a piedi (infatti, se uso l'auto non passo di là).

C'è un'adorabile vecchina prima di me (le vecchine sono adorabili per definizione. Poi magari nella realtà sono delle merdacce, chi può dirlo, ma questi son dettagli).

Flashback. Immagino la scena di qualcuno, figlio o nipote, che spiega all'adorabile vecchina come fare per ricaricare il cellulare che le ha regalato perché così si sta più tranquilli.

La vecchina chiede una ricarica da 10 euro, fornisce il numero del suo cellulare. Il ragazzo dietro il bancone provvede e incassa.
- Arrivederci signora
- Buona giornata giovanotto
Passa meno di un minuto e la vecchina si ripresenta al bancone. Penso tra me e me "eh, le ha detto arrivederci e lei l'ha presa alla lettera" 
- Non me lo ha mica ricaricato
- Ma no signora cosa dice? dieci euro le ho caricato
- No, io non vedo nessuna differenza e avevo ancora dentro qualcosa
- No signora era quasi scarico, c'erano 0,26 euro. Ora, vede, sono 10,26
- Ma no, è tutto come prima, le ho dato dieci euro e il numero ma è tutto uguale a prima
- Guardi signora, sono 10,26 euro
- Ma noooooo, non vede queste tacchette, ce n'erano tre prima e adesso sono ancora tre. Non si è ricaaaaricaaaatooo!!!
Sguardi perplessi si incrociano, sopracciglia si aggrottano rumorosamente, qualcuno vorrebbe esplodere in una fragorosa risata ma nessuno lo fa, credo per rispetto della vecchina. Ancora più adorabile, ora.
- Signora, quelle tacchette indicano la carica di energia...
- Ho capito, ma io le ho dato dieci euro e anche il numero di cellulare, ma lo vede anche lei che non si è ricaricato.
- Signora, se mi porta quel cosino di plastica nera, quello da infilare nella presa - ce l'ha vero a casa? - se me lo porta glielo ricarico, questa volta per davvero.No, non le faccio pagare altri dieci euro......

Mi incammino e non riesco a non pensare a me tra alcune dozzine di anni, adorabile vecchino alle prese con qualche diavoleria che non so immaginare.....

mercoledì 15 settembre 2010

Parcheggio? Mah!

La questione qui si fa intrigante.
Questo non è che lo si possa considerare, a rigore, un parcheggio. O forse sì. Dipende. Se perché un parcheggio possa essere considerato tale si accetta che vi debba essere la presenza di un mezzo a una o più ruote, allora non ci siamo. Al massimo quello raffigurato, ma proprio al massimo, potrebbe essere un sedile del passeggero.
Ma se delle due entità che costituiscono il "parcheggio", cioè un coso parcheggiato e un pezzo di strada, conferiamo l'importanza che merita anche al pezzo di strada, allora siamo perfettamente in tema.
Chiaro che portando alle estreme conseguenze il concetto, anche un cassonetto piazzato ai bordi della strada sarebbe un "parcheggio". Discutiamone.

Parcheggio alla minchia, magari non me ne vanto, ma è come se lo facessi

Era facilmente prevedibile. La serie "Parcheggio alla minchia e me ne vanto" si sarebbe presto arricchita di nuovi entusiasmanti contributi. Questo però ha un non so che che lo rende particolarmente gustoso
Guardate.

Se qualcuno improvvidamente si stesse domandando "Embè?", fornisco prontamente due dettagli dell'immagine qui sopra, eloquenti più di mille parole. Per dirla tutta, più o meno quanto due immagini.

Dettaglio 1

Dettaglio 2

Se ancora non è chiaro posso spiegare. Ma non ora.

Attenti ai colpi di sonno

C'è niente da fare, quando ti prende la botta di sonno, meglio accostare e riposare qualche minuto

mercoledì 8 settembre 2010

Io parcheggio alla minchia e me ne vanto

L'"io" del titolo non sono io in senso stretto in quanto estensore. Fossi io, non è che me ne vanterei. E' un "io" che va inteso come "lui". O "lei". Addirittura "loro".
E dirò di più. Potrebbe diventare una serie con una rapidità oggi insospettabile.

Ferrovie spiegate da Eddy

Interessante
Divertente
Istruttivo

martedì 31 agosto 2010

Parking extravaganza

Leggo con malcelato interesse un post di un mio caro amico che non so bene chi sia che partendo da una foto scattata dalla finestra di casa propone alcune spiegazioni sul perché un uomo o una donna dovrebbero parcheggiare l'auto in quel modo.
Personalmente trovo appropriata l'ipotesi numero 3. Anche io, nella via in cui ho l'ufficio, un giorno in cui non trovavo posto tra le righe blu, ho parcheggiato in spudorato divieto si sosta. Nel corso della giornata si sono palesati i multatori dell'ATM (a Milano sono loro responsabili delle strisce) che hanno elevato contravvenzione a coloro i quali erano parcheggiati irregolarmente tra le righe blu. Ma non a me in divieto di sosta. Pare infatti che dei divieti di sosta sia responsabile la vigilanza urbana.

Comunque sia, anche nella casa in cui abito viveva un tale che parcheggiava sempre in seconda fila. Anche quando c'era nessuno in prima fila. Nemmeno in agosto, unica auto parcheggiata nella via, oltre la mia. Conoscendo, ahimè, il tipo, propendo per una spiegazione più prosaica del fenomeno. Secondo me egli faceva questo semplice ragionamento: "se parcheggio in prima fila, metti che poi arrivi un coglione come me che mi chiude.... Sono mica fesso io... Parcheggio in seconda fila così i coglioni come me hanno pene per i loro denti."


Inoltre parcheggiava sempre sul lato destro. Una volta sola l'ho visto in seconda fila sul lato sinistro. Ma secondo me era convinto di avere parcheggiato in terza fila sul lato destro.

lunedì 30 agosto 2010

Architettonicamente parlando

L'altro ieri ho visitato un paesino la cui via principale era costellata di pregevoli esempi di edifici in stile neomerdoso.

mercoledì 18 agosto 2010

Spazi delimitati da righe gialle

Oggi non stavo tornando dal mare. Ciononostante viaggiavo sulla Genova Milano, ed essendo la mezza passata da un pezzo, ho sostato ad un Autogrill per rifocillarmi. Camogli - non per piaggeria nei confronti della Genova Milano, sia chiaro - spremuta d'arancia, macedonia e caffè. Menu Telepass (Premium), la miseria di sei euri.


Nell'area prospiciente l'entrata del locale vi è spazio per 6 vetture. Quattro spazi delimitati da righe bianche, due da righe gialle. Uno solo, bianco, occupato da altro veicolo. Potendo scegliere ho parcheggiato il mezzo nello spazio (bianco) che prospicieva esattamente la porta. A questo punto è facile calcolare che rimanevano disponibili due spazi bianchi e due gialli.
Arriva un piccolo veicolo, che per comodità chiameremo "piccolo 4x4" guidato da un giovane uomo, il quale si infila senza tentennamenti in uno degli spazi gialli. D'istinto osservo il parabrezza e noto che con disinvoltura estrae il tagliando da disabile dalla tasca della portiera per esporlo sul parabrezza. Scende, chiude e si avvia con passo spedito verso l'ingresso.

Potrò sbagliarmi, ma mi è sembrato il buona salute, addirittura in un discreto stato di forma, direi.

Esce, sempre con passo spedito, sempre in buona salute, sempre in discreto stato di forma, direi, risale sul piccolo 4x4, ripone il tagliando nella tasca della portiera e si avvia felice verso nuove entusiasmanti avventure.

Potrò sbagliarmi, ma mi ha dato tanto l'impressione di essere uno di quei coloro i quali dispongono del prezioso tagliando perché di tanto in tanto offrono un passaggio a un parente stretto titolato all'uso (altrimenti perché conservarlo nella tasca della portiera e non applicarlo stabilmente sul parabrezza?). Poi, giacché la carne è debole, perché non approfittare di questo piccolo privilegio, se se ne presenta l'occasione?

E' qui che vado in bestia. La disabilità (di qualcun altro) che diventa un mezzo per ostentare un diritto acquisito, un privilegio (altrimenti, perché non parcheggiare in uno dei due spazi bianchi liberi, uno dei quali, incidentalmente, ben più vicino alla porta d'ingresso?). Sono certo che se avessi avuto il tempo la voglia la possibilità di riprenderlo mi avrebbe risposto qualcosa del tipo: "Ne ho diritto, in fondo sono solo due minuti, e poi mica ho rubato il posto a nessuno, vedi forse la coda di disabili in attesa di parcheggiare, che palle, quante storie, ci son cose ben più importanti di cui preoccuparsi, ma perché non ti fai gli affari tuoi?"

Infatti, è successo nulla, non c'era la coda di disabili, sono stati solo due minuti e ci sono cose ben più importanti. Ma come osservava saggiamente la mia signora, a uno così in due minuti gli hai fatto la radiografia, sai tutto della sua vita e di come la pensa, senza nemmeno bisogno di rivolgergli la parola.

Io, per dire, uno così non lo assumerei mai.

martedì 13 luglio 2010

Girovagando

Secondo i migliori vocabolari, girovagare significa andare in giro, vagare, senza una meta precisa. Per scrupolo ho controllato anche su alcuni dei peggiori vocabolari, ma la definizione sempre quella è.

Orbene, a me girovagare piace. E' un'occupazione alla quale mi dedico spesso, quasi sempre a piedi, talvolta in bici, più raramente in auto.

Comprensibile dunque il mio stupore quando, ieri, girovagando, mi sono imbattuto in questo cartello. Non avendo fretta, stavo infatti girovagando, mi son fermato a fotografarlo. E qui ho chiaramente commesso un'infrazione. Ma non c'erano vigili d'attorno e quindi l'ho fatta franca.


Ora io dico: tu, Comune di Acqui, sei libero di emettere editti che vietano la sosta a chi ti pare, a quelli coi capelli rossi come ai magnaccia. Ma cosa ti hanno fatto i girovaghi per trattarli così?

A volere essere pignoli, e lo voglio, pretendo una risposta ad alcune domande che mi sgorgano spontanee:
  1. se sto girovagando non posso sostare, ma se transitassi di lì e fossi diretto ad un luogo ben preciso potrei?
  2. se per ipotesi, girovagando, passassi di lì e decidessi ugualmente di sostare, dopo quanto tempo smetterei di essere girovago diventando stanziale e pertanto libero di sostare quanto mi pare?
  3. essendo il girovagare una categoria dello spirito, come diavolo può il vigile stabilire se son girovago o se stavo invece andando in un luogo e mi sono fermato un momento per rifocillarmi?

lunedì 28 giugno 2010

Benefico impatto sull'economia del Paese dall'eliminazione ai Mondiali

Nel 2006, dopo la cosiddetta vittoria ai mondiali di Germania si favoleggiò di possibili effetti positivi sull'economia e sul PIL dell'Italia. Tesi balzanotta che fu prontamente smontata da Tito Boeri sulla Stampa e su LaVoce.info. Chiaro che se per Italia si intendono invece i giocatori della Nazionale, l'effetto fu  certamente benefico.

Al contrario, oggi, un impatto positivo sull'economia del Paese deriverà sicuramente dall'eliminazione della nostra Nazionale. Mi spiego. Supponendo che la Nazionale avesse proseguito la sua avventura mondiale almeno fino ai quarti di finale, avrebbe giocato una o due partite (a seconda che avesse chiuso il primo turno al primo o secondo posto nel girone) alle 16.30.
Considerando gli italiani già in ferie e quelli che a quell'ora non lavorano, si può ipotizzare che alle 16.30 sia al lavoro una quindicina di milioni di italiani. Se a cinque di questi quindici milioni interessa nulla del calcio e altri cinque milioni anche volendo non avrebbero la possibilità di seguire le partite, ne restano cinque milioni che, per ciascuna partita, avrebbero dedicato 90 minuti alla visione della partita (in tv, sul pc, sul cellulare...) e almeno tre ore alle discussioni pre e post partita.

Quattro ore e mezzo per 5 milioni di lavoratori: 22,5 milioni di ore di lavoro. A 40 euro all'ora sono 90 milioni di euro di PIL che sarebbero andati persi per ogni partita pomeridiana della Nazionale. 180 milioni per due partite.
E si tratta di valutazione decisamente conservative: pensiamo a tutte le ore di lavoro che si sarebbero perse nei giorni successivi per analizzare, commentare, leggere, per le 1 o 2 partite in questione ed eventualmente le successive. Vogliamo moltiplicare per 15?

giovedì 24 giugno 2010

Precisione

Milo che non si fida degli orologi perché cambiano idea in continuazione mi riporta alla mente un'antica signora che abitava al primo piano nel mio palazzo (mio nel senso che ci vivo, non che lo possiedo).
Ella era un po' svarionata: Trascorreva gran parte del suo tempo sul balcone, soprattutto con la bella stagione. E intavolava discussioni sul nulla tanto con i condomini che entravano e uscivano quanto con i passanti.
A me - aveva evidentemente capito che ero un tipo preciso - in genere chiedeva: "Scusi, mi dice che giorno è oggi?"
Io, essendo un tipo preciso, le davo ogni giorno una risposta diversa. Col tempo immagino che ciò abbia in qualche misura minato la sua fiducia nella mia precisione.
Fino a che, un giovedì 3 maggio, alla mia risposta, "giovedì 3 maggio", ribatté: "grazie, ora me lo segno sull'agenda". Ed è stata l'ultima volta che mi ha domandato che giorno fosse oggi.

Mavadaviaiciap, va'!!!

Penso anche all'ineffabile sommo presidente Pino Abete Larice e alle sue dichiarazioni di poche settimane fa, seguite alle polemiche sui premi ai calciatori, che suonavano più o meno così:
"I premi sono alti ma non li paghiamo noi, li paga la Fifa. Anzi dovremo essere grati ai ragazzi se vinceranno perché pagheranno un mucchio di soldi di tasse e ciò farà il bene del Paese. E dovremmo anche essere fieri che i ragazzi guadagnino cifre spropositate perché questo significa che sono bravi, tutto il mondo ce li invidia e  rappresentano le eccellenze italiane nel mondo"

Mavadaviaiciap, va'!!!

Primo. ma io dovrei sentirmi (essermi sentito) fiero di vivere in un Paese che si vanta di essere rappresentato nel mondo dall'eccellenza del suo calcio?
Mavadaviaiciap, va'!!!
Secondo: ma un calcio eccellente produce benessere, posti di lavoro, ecc. più di un calcio non eccellente?
Mavadaviaiciap, va'!!!
Terzo: cosa me ne frega di un'eccellenza della quale godono in pochi e non distribuisce ricchezza?
Mavadaviaiciap, va'!!!
Quarto: se ben ricordo qualche soldino spetta anche alle squadre sbattute fuori al primo turno. Spero abbiano il buon gusto di girarli subito non alle celebrazioni per i 150 anni dell'unità d'Italia, che se ne fa nulla, ma a chi ne ha davvero bisogno. Io ad esempio. Questo il mio IBAN: IT97S340983456701001S888210

Dimenticavo.
Mavadaviaiciap, va'!!!

Il calcio non è sport per signorine

Quel che mi indispone è che quattro anni fa abbiamo vinto il mondiale, siamo arrivati in Sud Africa come campioni del mondo e ora questi somari si son fatti buttare fuori al primo turno.

Bene, fatta questa dichiarazione di medietà, provo ad esprimere alcuni concetti che ben rappresentano il mio stato d'animo di questo triste momento. Non necessariamente in ordine d'importanza

  1. echissenefrega, sarà mica la fine del (campionato del) mondo
  2. il problema vero è ben altro (dichiarazione di benaltrismo). Ed è che qui in troppi han creduto che, per il semplice fatto di avere vinto i mondiali di quattro anni fa, si fosse davvero campioni del mondo. 
  3. in Germania i mondiali li hanno vinti Buffon, Gattuso e Cannavaro. Con un piccolo contributo di Materazzi che con un gioco di parole ha convinto Zidane a farsi buttar fuori, con tutto quel che ne è seguito.
  4. cosa farà ora Varriale?
  5. il pensiero corre a Beppe Viola (dichiarazione di nostalgia)
  6. spero che da oggi la smettano di fracassarci i marroni parlando del campionato italiano come del più bello e difficile del mondo
  7. non è che con l'atletica siamo messi molto meglio
  8. mi auguro che un po' meno ragazzi si iscrivano alle scuole calcio e un po' più alle scuole biathlon.

mercoledì 23 giugno 2010

mercoledì 16 giugno 2010

Altri scanner

E installare in certi uffici i bullshit scanner? Appena uno dice una minchiata, zacchete, una botta in testa.

Voglio anch'io un body scanner

Leggo, anzi leggevo ieri, che tra qualche settimana terminerà la sperimentazione dei body scanner già installati in alcuni aeroporti italiani.
Se sarà risultata positiva, l'impiego verrà esteso anche agli altri aeroporti nazionali e alle stazioni ferroviarie.

Ci sarà da divertirsi. Soprattutto a Termini o alla Centrale di Milano.

Ma mi domando. Perché limitarsi alle stazioni ferroviarie? Perché non negli ospedali (per sventare il rapimento di neonati)? E nei centri commerciali? Nei cinema, in particolare nei multisala? Gli stadi, ci vogliamo dimenticare gli stadi? Le spiagge (non quelle per nudisti, lì in linea di massima non serve)? Le me-tro-po-li-ta-ne?
Così uno volesse partire da Milano per assistere a una partita a Roma dovrà partire 45 giorni prima. Ci metterà un po' ma sarà di un sicuro....

Dirò di più. Io doterei ogni cittadino italiano del suo personalissimo body scanner portatile, obbligandolo a passarci attraverso due volte al giorno, tre quando il rischio attentati è più alto del solito. Se lo scanner riconoscerà oggetti proibiti nelle tasche del cittadino suo proprietario, scatterà prontamente l'allarme alle forse antiterrorismo.

martedì 15 giugno 2010

Marketing sportivo

In metropolitana, linea 2, torno dalla presentazione dei Diavoli di Zonderwater, il libro appena pubblicato da  Carlo Annese.
A Garibaldi sale un musicante, slavo direi, dall'aspetto e dalle arie.
A Gioia smette di suonare e attacca la solita litania. Chiede un aiuto, invoca e augura fortuna ai presenti. Breve pausa e poi ci infila con nonchalance un "... e che Dio benedica la nazionale italiana di calcio".
Fantastico. Estasiato gli allungo una moneta.
Devo dire che non mi pare abbia avuto molto successo con gli altri occupanti del vagone.
Bah!

venerdì 28 maggio 2010

Non è la radiosveglia ad essere tonta....

Era il 15 marzo, ma il ricordo è talmente vivido che mi pare al massimo il 18, quando scrissi della fottutissima radiosveglia che svegliava, radiava, ma non si capiva come attivare le due funzioni Snooze/Sleep.
Lamentandomene, addirittura azzardando che le due funzioni non solo non funzionassero ma addirittura non esistessero.


Quand'ecco, un paio di mattine fa, non ti sfioro inavvertitamente la faccia superiore della radio, proprio in corrispondenza della scritta Snooze/Sleep? E questa non si mette a ronzare in modo sinistro per circa un secondo per poi emettere finalmente suoni, parole e musiche secondo una logica non casuale ma propria di un'emittente radiofonica?

Dunque Snooze esiste!! e anche Sleep, ne sono testimone io stesso.
Attenzione però. Su una ventina di tentativi di farla snoozare e altrettanti di farla sleepare, solo  il 50% circa è stato coronato da successo. Nell'altro 50%, nessuna reazione. Sebbene il movimento del dito (un tocco leggero, quasi uno sfioramento, non serve pestare con forza) mi sembrasse sempre lo stesso, come forza, intensità, posizione e direzione.

Bah! Deve esserci una logica in tutto questo.

Queste sì sono sinergie

sabato 20 marzo 2010

Clienti serpenti

Se ho capito bene, i clienti dovrebbero rispettare la quiete degli abitanti.
Cionondimeno, se proprio decidono di sostare dopo le 22, senza creare rumori molesti, sono pregati di sostare il meno possibile. Se vogliono invece sostare più  a lungo, possono farlo, purché creino rumori molesti.
Così si fa!.

lunedì 15 marzo 2010

Manuali di oggetti assai poco manuali

Tempo fa descrissi la grande moria degli elettrodomestici avvenuta recentemente a casa mia. Tempo prima, invece, dicevo che mi sarei occupato, prima o poi, della qualità media dei manuali e del perché gli stessi fossero mediamente illeggibili.
Ora ho due notizie, una buona e una cattiva.

Quella cattiva è che anche la radiosveglia ha smesso di funzionare. Oddio, per svegliare, sveglia. E' la radio che che non radia.

Vabbè poteva andar peggio. Basta recarsi al retail store più vicino, se ne sceglie una (di quelle belle, radiocontrollate, con batteria di backup, l'ora proiettata sul soffitto, prodotta da un'azienda che scientificamente parlando avrebbe sede nel nordovest degli Stati Uniti) si pagano quei 59,90 euracchi e si torna sereni a casa.

E qui viene la prima sorpresa, che coincide con la notizia bella. Il manuale è dignitoso. Non perfetto, ci mancherebbe, ma almeno dignitoso; due o tre letture sono sufficienti per familiarizzare con le funzioni principali (che sarebbero poi un paio, in effetti).
Complessivamente un bell'oggetto. Molto americano nello spirito, infatti i tastini per l'impostazione dei due orari di sveglia si trovano sul retro, molto più scomodi del predecessore tedesco che li aveva nella parte superiore permettendo la regolazione anche al buio. Ma gli americani son fatti così: una sveglia per i giorni feriali e una per i festivi. E così sia fino alla fine dei giorni.

L'apparecchio è dotato anche di funzione Snooze/Sleep. Lo Snooze è utile per uno come me che se si vuole alzare alle 7 deve impostare la sveglia alle 6.30 e poi snoozarla almeno 3 volte.La funzione Sleep è meno fondamentale ma cionondimeno il manuale spiega in dettaglio come impostare l'intervallo tra 15 e 120 minuti.

Per effettuare entrambe le operazioni, dice il manuale, occorre premere su Snooze/Sleep.
Effettivamente sulla parte superiore della radiosveglia è scritto proprio così: Snooze/Sleep.
E anche nello schemino del manuale è scritto proprio così, non ci sono dubbi: Snooze/Sleep.Numero 7 dello schema.

Il disegno è una riproduzione fedele del reale e all'osservatore attento non sarà sfuggita la presenza di due ampi dischi premibili sulla destra e sulla sinistra dell'oggetto (quello verso il dorso non è premibile, è il proiettorino per proiettare l'ora sul soffitto). Ma l'osservatore attento vorrà probabilmente osservare più attentamente un dettaglio dell'area Snooze/Sleep, quella identificata dal numero 7.
Eccolo servito.

Immagino che a questo punto l'attento osservatore si ponga la stessa domanda che mi sto ponendo da circa 24 ore, incapace di darmi una risposta.
Ma cosa cacchio devo premere per attivare le funzioni Snooze/Sleep?

venerdì 12 marzo 2010

Claxon

La patente di guida, la diano pure a cani e porci. Non mi interessa e non mi oppongo.Nemmeno pretendo che chiedano a me a chi sì e a chi no.
Il clacson no, però. Qui un minimo di controllo ci vuole.
Cosa ci vuole a introdurre una leggina facile facile e breve breve? 
Se superi un esame psicoattitudinale che ci lasci relativamente sicuri che ne farai un uso parsimonioso, allora ti si attiva il clacson. Altrimenti ciccia. Se quando sei alla guida devi proprio far capire che esisti, fischia. Se non sai fischiare, pensa. 

Lo so qual è la grafia corretta di clacson. Però mi andava di scrivere così. 

domenica 28 febbraio 2010

Carolina e le dure leggi

Una è la dura legge di un'Olimpiade e l'ha ricordata il presidente Petrucci appena fuori dal Pacific Coliseum. Piange il cuore a vedere una come la Kostner gareggiare in quel modo. Ma bastava guardarle gli occhi un momento prima dell'inizio della sua prova. Erano gli occhi della sconfitta. Riesco a malapena a immaginare quali pensieri possono essersi rincorsi nella sua mente dopo la prima caduta. E poi dopo la seconda. E poi dopo la terza. Sicuro stava peggio lei di noi.
Comunque, massima comprensione e massimo rispetto per un'atleta che sbaglia. Succede, non è la fine del mondo.

Passano poche ore, Petrucci arriva a Casa Italia e ci ripensa. Ci va giù pesante. "Sono deluso" (e va bene, ci sta). "Abbiamo investito tanto su di lei" (e va bene, ci può stare). "Le abbiamo anche fatto portare la bandiera a Torino 2006" (infatti, "le avete", ma non è che fossero tutti convinti, mi par di ricordare. Però lo sponsor torinese...). Alla fine arriva la bordata. "Non è una campionessa". Tiè. Prendi e porta a casa.

Fermi un attimo. Non è che l'uscita presidenziale sia stata il massimo dell'eleganza. Capisco anche lui, per carità. Sa bene che appena tornati a casa lo crocifiggono.  Però, accidenti, non è stato bello. Già che c'era ha aggiunto "le abbiamo pure pagato il mental coach ma queste cose per me servono a niente e questa ne è la prova. Se uno è campione lo è e basta, senza bisogno di psicologi".

Ora è vero che di tanto in tanto nasce il fuoriclasse, uno che spacca il mondo pure se lo alleno io e se mangia peperonata, pollo fritto e meringhe tre volte al giorno. Ma si può essere campioni anche senza essere dei fuoriclasse. Io non so se gli psicologi servano davvero, ma credo che se un atleta ha dei punti deboli è opportuno che ci lavori con l'assistenza di chi conosce il mestiere. Non capisco perché lo psicologo debba essere meno nobile o più inutile, che so, del medico, del nutrizionista, dell'osteopata o del biomeccanico.

Detto questo, è chiaro che la Kostner non è, non da oggi, quel fenomeno che ci si vuol (voleva) far credere. Non è nemmeno una pippa: è semplicemente tra le prime tre in Europa e tra le prime 8 al mondo (o meglio, tra la quarta e l'ottava al mondo). Punto. Se trova la giornatona scala una posizione e va a medaglia, se sbaglia due passaggi finisce oltre la decima posizione. Tutto qui.

Malgrado ciò, da almeno cinque anni ci sono aspettative pazzesche su di lei e sembra ogni volta che sia lei l'unica pretendente all'oro. Eppure al Coni ci dovrebbero capire almeno quanto me. E così pure quanti la dipingono come la più bella (mah!), la più brava, la più tutto.

Sfido io che poi la ragazza non riesce a reggere la pressione. Ma per trovare chi davvero ha creato tutta questa pressione temo si debba guardare molto vicino a Carolina. Ad esempio a chi ne cura l'immagine (e i suoi interessi). Piuttosto bene, peraltro, l'una e gli altri. Ma per farlo e nel farlo l'ha posizionata un po' più in alto di dove avrebbe dovuto. Carolina LA campionessa. Non una campionessa. LA campionessa. Titoloni, copertine, sponsor. Carolina però è un'atleta, esiste nella misura in cui fa risultato: non una concorrente del Grande Fratello. E purtroppo nello sport non esiste il televoto, ci sono le giurie e copertine e sponsor non ti aiutano a vincere le gare che contano.

Il posizionamento di un "prodotto" dovrebbe sempre essere coerente con il valore intrinseco, reale del "prodotto". Se vai in giro raccontando che il tuo prodotto è il più bello, il più bravo, il più perfetto, chi ti ascolta è probabile che per un po' ti dia credito. Ma mantenere la promessa è già difficile se sei veramente il più bello, il più bravo, il più perfetto. Se non lo sei, la responsabilità di mantenere una tale promessa può mettere al tappeto chiunque. E quel che è peggio è che, se non la mantieni, chi ti ha creduto non si limita a non crederti più: se ne ha a male, vuole essere risarcito, dice "porca miseria, mi hai fatto credere di essere un dio, invece vali niente". E allora convincerlo che, vabbè, non sarai il più bello, più bravo, più perfetto, ma non sei nemmeno una scarpa vecchia ti costa una tanta ma tanta fatica.

E' la dura legge del marketing, bellezza.