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mercoledì 23 maggio 2012

Elegia del Terrano

Essendo che maggio (piovoso in maniera irritante) trotterella allegramente verso la fine senza che io, in altre faccende affacendato (tra le quali un'infatuazione non degna di una persona matura per Instagram) abbia ancora postato nulla, rimedio alla bellemeglio con un tema di cui frega niente a nessuno.

Non che il mese non abbia fornito argomenti, anzi, ma non ho voglia di scrivere cose serie.

Tratterò quindi del Terrano, del quale non citerò la marca per non fare pubblicità gratuita alla Nissan.

Egli (lo so, si dovrebbe definire Esso, ma primo non mi va di fare pubblicità gratuita alle multinazionali petrolifere, secondo egli ha un'anima) è entrato a fare parte della famiglia quasi due anni fa. Aveva già 14 anni, una personalità già formata quindi, qualche ammaccatura, una immatricolazione come autocarro che di questi tempi non guasta e un certo senso dello humor.

Egli è un mulo (con la emme, non è un errore di battitura), nel senso buono del termine.

Chiaro, a Milano te ne fai nulla.  Meglio, te ne fai qualcosa, ma lo fai meglio con la Panda.

Ma se per raggiungere l'eremo devi percorrere una salita di 400 metri erta e malandata che le auto normali, quelle con due o meno ruote motrici, ce la fanno solo se sai proprio bene dove passare e devi tenere il piede legato col fil di ferro all'acceleratore che se appena ti lasci intimorire pensando alla marmitta e rallenti un poco cominci a scivolare all'indietro mentre dopo un quarto d'ora di pioggia proprio non ce la fai, ecco in questo caso il mulo ha un suo perché.

Tanto si potrebbe scrivere sul Terrano ma mi focalizzerò su due soli aspetti, massimo tre o quattro.
L'altezza. Le poche volte che ci si avventura su strada provinciale - essenzialmente per versarci una sessantina di euro di gasolio nel serbatoio - ti rendi conto che è un altro guidare (oltre che un alto guidare). Guardare gli autisti degli Scania dritti negli occhi è una goduria che non ha prezzo. L'altezza, inoltre non va a scapito dell'accessibilità; non è insomma, di quelli dove non entri, ti arrampichi. E poi devi scendere in corda doppia.
La coppia. Se c'è crisi della coppia, questa crisi è altrove. La coppia fa paura, mai un momento di cedimento, mai un'insicurezza, mai un tentennamento. Coppia solida. Infatti ha due soli sedili.
Le marce. La prima serve solo per spostarsi di quei due o tre centimetri che consentono di ingranare la seconda e mettersi in moto. La terza è sostanzialmente inutile, la si usa solo, di tanto in tanto, nelle salite al 16-18%. La quarta è ottima per acquistare un minimo di velocità.
Poi c'è la quinta. Che chiamarla quinta è farle un torto. Ci fai tutto, dal seguire le processioni, avendo l'accortezza di premere ogni tanto sull'acceleratore per non restare indietro, alle riprese cattive, quando devi passare da 40 a 100 in fretta e non hai tempo di cambiare. Schiacci a fondo e lui va. Come avere il cambio automatico. Anzi, meglio ancora, un monomarcia, come il Ciao. Con la differenza che il Terrano, se schiacci deciso, si impenna.
La mulaggine. Quattrocentosettanta chili di piastrelle nel bagagliaio, due persone a bordo (la coppia), fondo stradale fangosetto e lui che va su come se fosse sul lungomare di Cortina all'ora del vinbrulé.

Non è proprio lui.
Egli è più vecchio e ammaccato. Ma il colore è quello giusto e rende l'idea.
Egli non ha nemmeno il predellino da fighetta



2 commenti:

milo temesvar ha detto...

orco, una prova su strada

SuperG ha detto...

Non proprio "SU" strada.
E' un Terrano, in fondo