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giovedì 10 marzo 2011

Mozione per l'abolizione della parola "sacrificio" dalle interviste post gara

Oggi ho iniziato la giornata di pessimo umore. Non che sia una novità, peraltro.
Il motivo? Mah, ce ne sarebbero tanti, a cominciare dal rialzo dei tassi. Per proseguire col fastidio delle tasse e i taxi che bastano due gocce e non ne trovi più uno. In particolare, oggi, è stato un tizio a me sconosciuto che ha tentato in tutti i modi di funestarmi l'inizio di giornata. Il quale anziché ingozzarsi di pandoro ha telefonato in radio pronunciando la frase che ha accompagnato il mio risveglio. "Ma tanto in Italia le tasse le pagano solo i lavoratori dipendenti e i pensionati". Ora io dico all'ignoto radioascoltatore: ma se sei radioascoltatore, ascolta; cosa cazzo parli a fare che tanto dici minchiate? Invece lui, ci scommetto, per avere comunicato al mondo tale banalità si sentirà intelligente per buona parte della settimana. Fortunatamente non è andato oltre. Avrebbe potuto anche aggiungere "noi (lavoratori dipendenti) cittadini onesti che paghiamo le tasse fino all'ultimo euro". Che nella graduatoria mondiale delle banalità viene anche prima di "piove, governo ladro", "a Praga te la danno che è un piacere", "gli inglesi, voglia di lavorare saltagli addosso", "gli uomini voglio una cosa sola".

Ma di ciò discuterò una prossima volta. Per oggi mi limito ad osservare che coloro i quali  circolano in autostrada con la 500 (quella originale, non quella da fighetta che si usa adesso) potrebbero proclamarsi "noi guidatori rispettosi del codice che non superiamo mai il limite di velocità".

Il malumore è stato più tardi parzialmente mitigato dalla lettura dei giornali (del giorno prima). In particolare dell'intervista di Andrea Buongiovanni a Fabrizio Donato. Dalla quale ho scoperto cosa mi accomuna al triplista laziale. Non è che me lo sia mai filato molto Donato. Alla fin fine ha sempre alternato prestazioni eccelse a buchi da paura. Il triplo poi non mi è mai piaciuto granché. Almeno fino a quando non ho visto saltare Jonathan Edwards ed ho capito come un salto possa essere poesia pura. Fatto sta che a Parigi domenica ha saltato davvero lontano lasciando, con il contributo pesante di Di Martino e La Mantia, al piccolo mondo dell'atletica l'illusione di essere diventati un popolo di saltatori e che la fine del tunnel sia vicina.
Foto di Giancarlo Colombo/FIDAL

Dice, Donato, che "odia quelli che riferendosi all'atletica parlano di sacrifici". Io non so se li odio, di sicuro mi infastidiscono. Da sempre mi domando perché molti atleti nell'intervista post gara non sappiano resistere alla tentazione di dichiarare urbi et orbi che "questa medaglia mi ripaga dei tanti sacrifici fatti". Ma dai!! Su un po' di vita. Mostrate gioia di vivere e di gareggiare. Fossi un ragazzino che vi vede alla TV, stravolti, puzzolenti, senza un sorriso, raccontare che avete trascorso una vita di sacrifici, mi chiuderei in casa a giocare con la Playstation, altro che andare sul campo a chiedere di fare atletica. Dite pure, ci sta ed è giusto, che "mi sono fatto un mazzo tanto"; se proprio non potete farne a meno ringraziate "tutti quelli che mi sono stati vicini"; lamentatevi pure del fatto che  "c'è carenza di impianti e devo fare venti minuti di autobus tutti i giorni per allenarmi"!

Ma vivaddio non parlatemi di sacrifici. I sacrifici li fa chi si alza alle 4 del mattino e lavora 14 ore in miniera. Voi tuttalpiù sopportate qualche rinuncia  ma fate quello che vi piace fare (nessuno si allenerebbe 6 ore al giorno se non gli piacesse), girate il mondo, guadagnate (spesso) bene e l'unica cosa che vi si chiede è di esserne consapevoli.

Anzi, dirò di più, mi impegno formalmente a fornire un anno di ufficio stampa aggratis al primo atleta (Donato escluso) che nella stagione 2011 dichiarerà all'Elisabetta Caporale "oggi in gara mi sono divertito come un pazzo, ripartirei tra cinque minuti e sono felice non solo per la medaglia ma anche perché faccio la vita più bella del mondo".

Aggiornamento dell'ultimo secondo: due nomi mi vengono in mente di personaggi che fanno dichiarazioni più o meno di questo tenore. Valentino Rossi e Andrew Howe. A questo punto, facciamoci una domanda e diamoci una risposta.

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