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venerdì 20 novembre 2009

Mica siamo arbitri

A molti i francesi stanno antipatici. A me no. Nemmeno simpatici. Ci sono. Punto.
Mi sta invece simpatico il Trap, che non a tutti lo è. Anche l'Irlanda, terra di whisky, salmone e Katherine Walsh mi è simpatica.

Quel ragazzaccio di Thierry Henry gioca nella Francia, intesa come squadra nazionale di calcio. Che se non si qualifica per i mondiali in Sud Africa, evidentemente fa brutto. Sarko e Carlà, tra l'altro, hanno già prenotato i biglietti e dare loro un dispiacere è pericoloso. Son vendicativi.
E' quindi un sano patriottismo che, a giochi ormai quasi fatti (e non favorevoli ai bleu) ha spinto la manina di Henry verso la palla e, con qualche tocco intermedio, nella porta irlandese (la palla, non la manina).
Per carità, sarò mica io che critico il patriottismo. Ma anche fosse stato più prosaicamente il desiderio di fare una gita in Sud Africa, non è che lo si può condannare. E' l'istinto animalesco per il gol. O ce l'hai o non ce l'hai. E se ce l'hai, essendo appunto animalesco, non è che lo puoi controllare.

Ma quello che viene dopo sì che lo si può controllare. L'esultanza e gli abbracci come se fosse un gol vero, ad esempio.
Poi però si è pentito, Henry. Ha detto che gli dispiace, lo ha ammesso anche con i giocatori avversari e si è scusato via Twitter.
"Non sono io l'arbitro", ha detto e scritto. Su questo non c'è dubbio, erano anche vestiti diversi. E visto quel che è successo aggiungerei anche un meno male.

"Non sono io l'arbitro". Cerco di capire. Cosa significa?
Colpa dell'arbitro che non ha visto?
Il fine giustifica i mezzi?
La posta in gioco è alta e chissenefrega se per raggiungere l'obiettivo si gioca sporco?
Poiché l'arbitro non ha visto è lecito esultare?
Se l'arbitro non vede, allora il gol è regolare?
Rigore è quando arbitro fischia, diceva Boskov.

Poi vaglielo a spiegare ai ragazzini, come diceva il Trap, che c'è una cosa che si chiama fair play.
Il messaggio qui è uno solo, forte e chiaro: vincere. Vincere a tutti i costi.
Ma soprattutto mi agghiaccia la logica perversa che sta dietro a un'affermazione come "Non sono io l'arbitro".
Se ho capito bene.
Quello che in autostrada supera la coda in corsia d'emergenza può sempre dire "Non sono io la stradale".
Quello che non ti rilascia la fattura può dire "Non sono io la finanza".
Quello che si fa raccomandare al concorso può dire "Non sono io la commissione".
Quello che si mette le dita nel naso prima di preparati il panino può dire "Non sono io la Asl".
Quello che viaggia senza biglietto può dire "Non sono io il controllore".

Insomma, d'ora in poi basterà non essere qualcun altro per poter fare tutto. Oh!
Quello che il calcio, ohhhh yeah.

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