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domenica 28 novembre 2010

Più Pistole per la sicurezza in volo

Fa piacere vedere che anche Hillary (Clinton) mostra qualche perplessità verso i controlli di sicurezza negli aeroporti. O meglio verso il modo in cui vengono attuati, raccontati in questo articolo de La Stampa. Non so come definire i fatti descritti. Assurdi? Aberranti? Semplicemente stupidi?
Ma negli USA son fatti così. Le regole sono regole, si applicano e non si interpretano, ma quando vengono fatte applicare da soggetti che non sono certo fulmini di guerra - ciò che avviene con una frequenza preoccupante - l'effetto che ne risulta è ridicolo nel migliore dei casi, devastante, per chi lo subisce, nel peggiore. Un esempio di effetto ridicolo: nel '96 ad Atlanta per le Olimpiadi fui fermato dalla guardia nazionale davanti allo stadio del nuoto perché, avendo sostato tre volte in prossimità dello stadio medesimo nell'arco di due sole ore, ero diventato un sospetto. Il guardiano nazionale, piuttosto gentile, va detto, mi chiese le generalità. Gli feci lo spelling, facendo il gesto di estrarre il passaporto. Mi disse che non serviva, andò al pc a fare la sua ricerca e tornò indietro sorridente dicendo che potevo andare, non ero schedato tra i sospetti. Ma sei fuori?? Nemmeno mio nipote all'epoca seienne avrebbe fatto una scemenza simile. E' vero che mio nipote era un tipo abbastanza sveglio per la sua età, tutti gliene davano almeno sette di anni.

Da qualche anno viaggio malvolentieri in aereo. Pur senza avere sofferto perquisizioni come quelle illustrate nell'articolo (ma mia suocera, poco meno che ottantenne, è stata trattenuta una giornata intera all'aeroporto di Los Angeles, con i peggiori spacciatori portoricani come compagni di cella e provando anche l'ebbrezza di una perquisizione corporale: beh, se l'è cercata, penserete voi, è il minimo che può capitare se una cerca di entrare negli USA con un bazooka nel bagaglio a mano. Ma va', il terribile reato di cui si era macchiata era un overstay di pochi giorni nel soggiorno precedente) trovo umiliante l'iter dei controlli di sicurezza. Trovo umiliante togliersi di dosso pezzi di abbigliamento, levarsi le scarpe, farsi palpeggiare da un idiota se hai dimenticato una monetina nella tasca. Trovo umilianti le code sterminate e gli stanzoni bui, caldissimi, maleodoranti e malumoreggianti. Trovo umiliante il sacchettino trasparente per i liquidi (incidentalmente, ma perché i produttori di liquidi per le lenti a contatto non producono anche confezioni da viaggio e non solo bottiglioni da mezzo litro?).
Tutto ciò trovo non solo umiliante ma anche inutile. Molto banale, molto elementare, molto qualunque. Forse sarà anche vero che qualcuno ha cercato di di tirare giù un aereo con una bomba liquida, o nella suola delle scarpe e nelle mutande. Ma le contromisure più che a prevenire il terrorismo mi sembrano idonee solo a ricordarci che siamo sotto minaccia terroristica (che sarebbe poi l'effetto desiderato dai terroristi). A tenerci tutti sotto pressione, ad alzare sempre un po' la posta, per qualcuno forse ad avere la sensazione di essere davvero più sicuro. Fateci caso, quando qualcuno comincia ad avanzare l'idea che forse, chissà, i controlli si potrebbero attenuare, zacchete ti trovano un terrorista con l'ordigno nel pacchetto delle cicche. E di nuovo ci facciamo palpeggiare, spogliare, depredare.
Questo sebbene autorevoli studiosi abbiano dimostrato ciò che basterebbe il senso comune a suggerire. Che i controlli a campione eseguiti con metodo sono altrettanto o più efficaci di quelli a tappeto (purtroppo non trovo più gli articoli). Ma molto meno costosi (in termini di denaro, tempo e fastidio). Però perseguire i simulacri del pericolo (le boccette d'acqua, i tacchi delle scarpe. le limette per le unghie) è molto scenografico, dimostra efficienza. Ma è patetico. Altrimenti non si spiegherebbe perché all'aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv non ti fanno né levare le scarpe né ti sequestrano i liquidi e i controlli sono organizzati in modo tale da permettere di impiegare non più di 25 minuti dall'ingresso in aeroporto all'arrivo al gate.

Queste cose pensavo poche settimane fa, durante i cinquanta umilianti minuti di coda umidiccia in attesa di varcare i controlli di un grande aeroporto europeo. E pensavo anche a come avrei potuto nascondere un oggetto che mi ero dimenticato in tasca - niente di che, un oggetto con un certo valore affettivo, innocuo secondo il senso comune, ma vietato - e che mi sarebbe seccato vedermi sequestrato. Ragionavo su quanti degli oggetti che avevo con me fossero in realtà infinitamente più pericolosi di quell'unico oggettino proibito, trovandone un discreto numero. La cannuccia di una Bic, ad esempio, può fare molto ma molto più male di una forbicina per le unghie. Ma anche una cravatta. Il cavo di alimentazione del computer. Le stanghette degli occhiali. Le carte di credito. Conosco persone che hanno delle mani che sono armi improprie. Dovesse un domani un fantomatico terrorista tentare di strangolare una hostess con le sue proprie mani, quale sarà il provvedimento? Ci faranno viaggiare con la camicia di forza? Tremo al pensiero di cosa potrà essere un volo tra cinque o dieci  anni.

Alla fine, comunque l'oggetto non me lo hanno trovato. Come non mi hanno trovato lo scatolino delle lenti a contatto (15 ml di liquidi non dichiarati), il mio fido collirio, il gel da barba e un altro paio di articoli che o non avrei dovuto avere o avrei dovuto porre nell'apposito sacchetto (bagaglio a mano, borsa portapc, pc, giacca, scarpe: minchia ho solo due mani dove lo metto il sacchettino? mavadaviaiciap, va').

In tutto questo che c'azzeccano le Pistole per la sicurezza in volo? C'azzecccano, tranquilli. Ma lo sapete come si chiama il big boss della TSA (Transportation Security Administration), l'ente che vigila sulla sicurezza dei trasporti negli USA e le cui regole vengono poi imposte nel mondo? Quello che dice che oggi per recarsi negli USA occorre il passaporto col microchip. Che ieri all'ingresso nel Paese ti imponeva di lasciare impronte digitali e foto della retina. Quello che se la tua valigia non è chiusa con uno dei lucchetti TSA approved  (che loro possono aprire con una sorta di passepartout) si sente in diritto di squarciarti la valigia solo perché gli è venuto in mente di vedere cosa c'è dentro. Quello che all'immigration ti interroga come se tu fossi un terrorista per default e fosse tuo onere dimostrare che non lo sei, che vuoi solo farti una settimana di vacanza.
Bene il big boss si chiama John S. Pistole
Pistole, ma dai, il più potente sceriffo del mondo si chiama PISTOLE. E' vero che noi abbiamo avuto un capo della polizia che di cognome faceva Manganelli, ma dai Pistole... il capo della TSA! Quando si dice un nome, un destino.

mercoledì 24 novembre 2010

Linguaggi non verbali

Esempio 1

Traduzione
Deficiente, non ti sei accorto che questo è un passo carraio?

Esempio 2
Traduzione
Ah ma allora sei proprio uno stupido! E pure maleducato. Guarda, sei fortunato che hai incontrato me, che sono una persona civile, ma la prossima volta questi tergicristalli, fossi in te, non sarei così sicuro di ritrovarli dove si trovano ora..

venerdì 19 novembre 2010

Che palle 'ste rotonde

(o che rotonde 'ste palle?)
(deve avere pensato il sagace automobilista)

Esercizio del 18 novembre

L'esercizio consiste in questo.
Prendere una frase detta o scritta da qualcuno e adattarla ad altri contesti sostituendone alcune parole. Per vedere l'effetto che fa.

La frase di oggi è tratta da un articolo di Nòva 24 dal titolo "Wi-fi libero, non troppo", scritto da Umberto Rapetto. Ottima persona. E non lo dico solo perché è un colonnello della Finanza.

Ecco la frase
LE ESIGENZE DI ACCEDERE AL WEB VANNO CONCILIATE CON MECCANISMI CHE CONSENTANO DI INDIVIDUARE CHI COMMETTE REATI.
Soluzione: è necessario che chiunque acceda al web sia identificabile in quanto potrebbe commettere reati

Variazione 1
Le esigenze di passeggiare tranquillamente e liberamente per le strade della propria città vanno conciliate con meccanismi che consentano di individuare chi commette reati.
Soluzione a: chiunque esca da un edificio, deve comunicare all'autorità preposta il proprio itinerario e l'ora prevista di arrivo nell'edificio di destinazione
Soluzione b: inserire un trasmettitore GPS sottocute a ogni cittadino così che sarà facile sapere chi si trovava DOVE è stato commesso il reato
Soluzione c: posizionare un agente di polizia ogni 10 metri su tutte le strade italiane

Variazione 2
La sacrosanta esigenza di recarsi al cinematografo va conciliata con meccanismi che consentano di individuare chi molesta le donne sole.
Soluzione: qui è facile, basta tenere la luce accesa

Variazione 3
L'esigenza di leggere libri va conciliata con meccanismi che consentano di evitare che il lettore tragga dai libri stessi ispirazione a commettere, o suggerimenti su come commettere, reati.
Soluzione: costituire una o più commissioni che sottopongano qualunque manoscritto a un rigido controllo preventivo

Chi può negare che tutte le soluzioni prospettate siano efficaci per individuare chi commette (o intende commettere) reati? Nessuno, immagino. Ma chiunque osasse proporle verrebbe probabilmente lapidato sul posto.

Ne consegue che il Web deve essere un luogo infinitamente più pericoloso e frequentato da criminali del mondo reale.

lunedì 15 novembre 2010

Il premier è seccato per la figuraccia della Ferrari

Secondo alcune note di agenzia il nostro premier avrebbe dichiarato.
"Montezemolo non capisce un accidente. Cribbio. Fossi stato io presidente della Ferrari, avessi progettato io la vettura, avessi stabilito io la strategia, avessi scritto io i regolamenti e avessi guidato io la vettura,  sarei arrivato come minimo primo, secondo e terzo, regalando ai tifosi un podio tutto italiano.
Cribbio.
Ma cosa potevamo aspettarci da uno come quello lì? Già glielo avevo suggerito anni fa che per sollevare le sorti della Fiat era sufficiente un po' di marketing. Bastava prendere le 500, brandizzarle Ferrari e ne avrebbero vendute a milioni. Mi ha dileggiato e guardate adesso come sono ridotti."

Presidente Montezemolo, ma dai!!!???!!!

Spesso durante la settimana riesco appena a sfogliare i giornali e aspetto il week end per dedicare qualche mezz'ora alla lettura di quelli dei giorni passati.
Abitudine che permette tra l'altro di risparmiare un bel po' di tempo dato che molte delle notizie o si sono nel frattempo rivelate delle fesserie o sono state superate dagli eventi. E quindi è inutile leggerle.

Oggi però mi sono soffermato su una notiziola di martedì 9. Pare che il sommo presidente Cordero di Montezemolo se la sia presa a male perché un certo Marco Desiderati, entrato in Parlamento in sostituzione del Salvini, avrebbe sostenuto di tifare McLaren e non Ferrari, come, mi pare di capire, dovrebbe fare ogni bravo cittadino italiano.
Francamente mi pare una minchiata. Anzi, dirò di più: rivendico a voce medio alta il diritto a tifare chi voglio, se è il caso di affermare che un team straniero mi è più simpatico di quello italiano e che i piloti della Ferrati non li sopporto proprio. E al limite di tifare nessuno e strafottermene se la Ferrari vince o meno il mondiale. E già che ci sono, rivendico anche il diritto di non supportare (e sopportare) la nazionale italiana in occasione dei mondiali di calcio, di non considerare una vergogna l'essere buttati fuori dal torneo al primo turno: insomma di vivere come se la nazionale di calcio non esistesse. Non sono patriottico? Pazienza, non ne farò certo un dramma. Sono snob? sì.
In tutto questo patriottismo a buon mercato quello che mi irrita di più è la scontatezza, la medietà, l'elementarietà dei ragionamenti, se così vogliamo chiamarli. Finiamola, dai, che non è che ci si fa una bella figura.

Questo pensavo in mattinata. Nel corso della giornata la faccenda si è fatta ancora più succosa. Alonso (oh, a me non mi sta simpatico, ma volete mettere un Regazzoni?) non ha vinto il titolo piloti. Imperdonabile errore strategico ai box, mi hanno spiegato. Alla fine, mi dicono, era chiaro per tutti che era sbagliato controllare Mark Webber. Alla fine. E poi un po' è stato anche colpa della safety car che andava troppo veloce. In parte del circuito che non favoriva i sorpassi. In certa misura della maledizione di Montezumolo. Per finire, sicuramente un ruolo importante l'hanno avuto gli altri piloti in gara i quali, anziché scansarsi quando vedevano Alonso negli specchietti, 'sti stronzi, proseguivano come se niente fosse. E ciò, ammettiamolo, non è sportivo.

Comunque sia andata, posso capire le facce tristi del team, l'espressione da domenica no di Domenicali, la stizza del presidente. Perdere fa piacere a nessuno. E poi qui si rischia di vendere otto vetture in meno il prossimo anno. E magari anche parte del bonus va a farsi friggere. Ma i commentatori Rai (e non solo) perché diavolo devono sempre comportarsi come se fossero in carico all'ufficio stampa di Maranello? Suvvia un po' di contegno, lo stipendio ve lo paga la Rai, mica la Fiat. A voi il bonus mica lo avrebbero elargito (credo); e allora perché quelle facce contrite, perché se vince la rossa è un trionfo e se perde è sempre colpa dell'arbitro? Coraggio, ci sono anche altre cose nella vita!.

Infine, verso sera, arriva la ciliegina sulla torta. Si scomoda nientemeno che Calderoli, dichiarando che "Montezemolo, che ci ha fatto vergognare di essere tifosi della Ferrari, se ne vada subito da Maranello, evitando di fare ulteriori danni alla Rossa che tutti noi abbiamo nel cuore". Essendo egli il ministro delle semplificazione normativa, provo a esprimere il mio pensiero con un concetto semplice. Mavadaviaiciap va'.

Riassumendo. La Ferrari non ha vinto il mondiale? Echissenefrega, ma adesso per cortesia non frantumateci i marroni per settimane, ok?

Poi, è chiaro che ogni uomo ha un prezzo e posso affermare con ragionevole sicurezza che se il Montezemolo assegnasse un contratto con moltissimi zeri alla mia agenzia, non solo diventerei immediatamente ferrarista da sempre, ma andrei anche in ufficio vestito di rosso.

mercoledì 10 novembre 2010

L'idiota

In questa immagine, quella in mezzo è la mia auto. Parcheggiata (da me) abbastanza vicino (ma non così vicino) a quella che la precede.

Quella dietro è dell'idiota.

Doppiamente idiota, in quanto, come si può facilmente dedurre da questa seconda foto, dietro c'è nulla (e ci sono almeno altri 30 centimetri prima della riga blu che delimita il parcheggio).

Essendo il soggetto doppiamente idiota, ritengo giusto non offuscarne la targa. Soprattutto perché, a causa del doppio idiota, sono arrivato in forte ritardo (in taxi) a un appuntamento importante.

martedì 9 novembre 2010

Casa dei gladiatori's quiz

Di chi è la colpa del crollo della casa dei gladiatori (Schola Armaturarum) a Pompei?
  • Di Sandro Bondi, attuale ministro dei Beni Culturali?
  • Di Francesco Rutelli, precedente ministro dei Beni Culturali?
  • Dell'impresa che l'ha costruita, che ha fatto un lavoro di merda?

domenica 7 novembre 2010

I tassisti non usano la quinta

Certo, non mi riferisco alla misura di reggipetto. Se sono tassisti. In genere. Le tassiste, dipende.

Quella a cui mi riferisco è la quinta intesa come marcia. Non nel senso di andata a male. Parliamo di scienze motoristiche.

L'altro ieri, per dire, dovendomi recare alla fiera, quella vecchia, per via dello IAB, ho pensato di andarci in taxi. Dall'ufficio circa 5 km. Traffico fluido, per essere il primo pomeriggio di una tiepida giornata novembrina. Mi è capitata anche una vettura abbastanza prestigiosa, di quelle che arrivi all'ingresso della fiera e ci fai comunque la tua porca figura.

Bene, per quattro quinti del percorso il conducente ha condotto la sua vettura in seconda. Solo nei rettilinei più veloci, tra le due curve di Lesmo, osava inserire la terza. Una sofferenza. A un certo punto avevo già la mano intrufolata tra i due sedili anteriori per azionare io stesso la leva del cambio.

E non è un caso isolato. Il tassista che non dispone di cambio automatico tende davvero a guidare così. Io, che che tra le tante virtù ho la parsimonia e passo direttamente dalla prima alla quinta, non posso non domandarmi perché.

Capirei se tenendo il motore su di giri il conto finale fosse più alto. O se i tassisti si chiamassero così perché pagano tante tasse. Invece, il tassametro, per quanto se ne sa, tassa in funzione del tempo e dei chilometri percorsi (più altri oneri accessori in casi particolari), non dei giri del motore. Qual è il motivo dunque per viaggiare usando solo le marce basse?

Amici tassisti, usate orsù le marce alte. Ne guadagnerà l'aria che respiriamo e magari, risparmiando quei tre o quattro litri di carburante per ogni 100 km, potreste anche, volendolo, ridurre lievemente le tariffe. O no?

Dell'inutilità di taluni oggetti

Dopo avere trascorso buona parte del fine settimana accovacciato nell'abbassamento del soffitto spostando e scaricando materiali, posso stilare la mia personalissima classifica degli oggetti più ingombranti ma in compenso assolutamente inutili che si possono reperire in una casa italiana.
  • il set da scrittoio in cuoio pregiato, regalo per la laurea (mai visto nessuno, laureato dopo il 1920, usare un set da scrittoio) (in effetti, ripensandoci, nessuno lo usa. Lo si riceve, lo si mette in solaio per qualche anno, lo si regala a qualcun altro e così via)
  • la risottiera, regalo del matrimonio (era un riciclo, lo si vedeva lontano un miglio, finora ci siamo vergognati di rifilarlo ad altri, ma le cose potrebbero cambiare)
  • i set di bicchieri di ogni forma, dimensione, materiale, regali del matrimonio, utili se appena uno volesse aprire un lounge bar con 150 coperti
  • lo sportello della cucina che, prima della moria degli elettrodomestici, nascondeva la lavastoviglie
  • il paralume di una piantana che non so dove sia finita (né quando)
  • la smaltatrice (assegnata  agli oggetti inutili sub judice, in attesa di capire se siano ancora in commercio le carte fotografiche baritate, da smaltare
  • le copie dei principali quotidiani italiani del '63 (assassinio di J:F: Kennedy), del '68 (carri armati sovietici a Praga), del '69 (sbarco sulla Luna)
  • un quadro bruttissimo, che nessuno sa come e perché sia finito lì
Tra gli oggetti ingombranti, ma che avrei difficoltà, soprattutto per ragioni affettive, a definire inutili:
  1. la storica tenda canadese Bertoni, con tanto di catino e abside, molto più pesante, che so, della Quechua, ma più agevole da trasportare nello zaino
  2. il sacco a pelo militare, caldo ma occupava da solo mezzo zaino, presto sostituito da uno in vero piumino d'oca, ancora più caldo che, arrotolato con perizia, poteva quasi stare nella tasca della giacca a vento
  3. gli anfibi, compagni di tante avventure
  4. la scatola con la collezione di "macchinine", prevalentemente Polistil, nella quale tutta via non sfigura una Batmobile Corgi Toys 
  5. 15 e più annate di Sport Week, da quando ancora si chiamava Gazzetta Magazine. Per questo articolo l'attributo di inutilità dipende ovviamente da chi ne parla. Per me no. Mia moglie avrebbe da ridire,
  6. le stampelle, acquistate in occasione della rottura del mio tendine da killer. In questo preciso momento sono chiaramente inutili, ma si sa mai.
Tra gli oggetti che non posseggo, ma se lo possedessi sarebbe certamente tra quelli inutili e mi recherei personalmente alla ricicleria di via Olgettina per smaltirlo (ma accertandomi che lo distruggano per bene) segnalo il DVD con tutti gli interventi di Ivan Zazzeroni alla Domenica Sportiva.

giovedì 4 novembre 2010

Minimum taxi

Apro una piccola parentesi. Giorni fa arriviamo all'aeroporto di Budapest (nel quale, incidentalmente, è attivo il servizio WIFI di due operatori: T-Mobile, a pagamento, Telenor gratuito): appena fuori dal terminal c'è un baracchino della compagnia dei taxi sul quale sono chiaramente esposte le cifre richieste per il trasporto in città, in valuta locale e in euro (variabili, poco, in funzione della zona e comunque non superiori ai 25 euro per le aree più lontane). Dico all'omino del baracchino dove voglio andare, egli mi stampa un voucher con indirizzo e prezzo, un altro omino fa un cenno al primo taxi della fila e saliamo a bordo. In qualcosa meno di mezz'ora ci recapita a destinazione, pago l'equivalente, al cambio attuale, di qualcosa meno di 20 euro e saluto.
Pochi giorni dopo devo tornare all'aeroporto di Budapest. Alla reception dell'hotel è esposta la targa di una compagnia di taxi (diversa da quella dell'andata) che indica i costi per l'aeroporto (lievemente superiore rispetto all'andata ma sempre nei limiti dei 20 euro) e altre destinazioni. Chiedo conferma al concierge che si possa pagare con carta di credito (ho finito la valuta locale) e costui mi guarda strano come a dire "se c'è scritto sulla targa che le accettano, cosa me lo chiedi a fare?".

Dopo una serie di caffè variamente aromatizzati per spendere gli ultimi spiccioli e una manciata di ore, atterriamo felicemente nella pioggia torrenziale di Malpensa (pioggia provvidenziale che ci permette di schiarirci le idee nel breve tragitto dalla scaletta alla corriera, che i finger immagino fossero tutti occupati). Poiché già so che il taxi da Malpensa a Milano ne costa 85 di euro, da bravi ci avviamo verso la stazione del Malpensa Express, il secondo treno più caro del mondo (il primo è l'Heathrow Express, ma almeno quello passa ogni 15 minuti e tra l'aeroporto e Paddington ci mette altri 15 minuti). Una ventina di minuti di attesa, una trentina di viaggio e finalmente approdiamo trionfalmente a Cadorna Station, Milano downtown, la città che tra cinque anni ospiterà l'Expo, mica la sagra della salciccia, poco dopo le 22.30.

Piove ancora più che a Malpensa, ma non ci facciamo intimorire e ci avviciniamo alla fermata dei taxi.
Dove, come è lecito aspettarsi, esiste una pensilina (è chiaro, siamo pur sempre a Milano downtown, quella Milano che tra cinque anni ospiterà l'Expo, con frotte di visitatori che atterreranno a Malpensa e da lì a Cadorna), La quale però è corta. Nel senso che tra il suo bordo esterno e il bordo del marciapiede c'è appunto lo spazio di un marciapiede, che non è protetto dalla pensilina. In una tiepida serata di primavera chissenefrega, ma in una serata autunnale di pioggia in quello spazio ci cade sopra la pioggia.

Terzi nella fila, un solo taxi. Carica il primo e se ne va. Dopo qualche minuto ne arriva un altro, carica la seconda famigliola e se ne va. Dopo qualche minuto non ne arriva un terzo, ci si spazientisce e si chiama un radiotaxi (oh, siamo a Milano, Lombardia, quella dell'Expo e delle settimane della moda, quella più vicina a Zurigo che a Roma, mica a Pescosansonesco; e a differenza della coppia inglese dietro di noi, abbiamo in rubrica i numeri di tutti i radiotaxi). Dopo cinque minuti è lì, carica noi e le valigie e in poco più  di dieci minuti ci porta a casa. In cambio di appena 24 euro.

Ma naturalmente di concedere nuove licenze non se ne parla. Va bene così. Piuttosto, se proprio bisogna aumentare qualcosa, meglio aumentare le tariffe, no?

E inoltre, ma chi ha progettato la fermata dei taxi di Cadorna station, Milano downtown, quella dell'Expo, lo hanno pure pagato?

Mavadaviaiciap va'!

PS, Il cambio attuale è 1 euro = 270 HUF

martedì 2 novembre 2010

All'estero fa freddo

Secondo me esistono dei negozi nei quali si vendono dei kit chiamati Total look per la famiglia italiana che si accinge a trascorrere un weekend lungo (autunnale) in una capitale europea.
Che tra le altre cose prevede:
  1. Hogan (o boot Timberland) per lui
  2. Jeans strettissimi infilati negli stivali per lei
  3. Giubbino di pelle con collo pelosetto per lui
  4. Giacca a vento sberluccicante per lei
  5. Sciarpina alla Mancini per lui (ma anche per lei)
  6. Occhiali da sole anche (soprattutto) dopo l'imbrunire
Inoltre, non appena la temperatura scende sotto i 20 gradi centigradi:
  1. Parka con il cappuccio bordato di pelo
  2. Nei casi più gravi il colbacco
D'altronde si sa, all'estero fa freddo, meglio coprirsi bene.

Immagino anche che a tutti gli acquirenti venga offerto in omaggio un agile manuale di comportamento contenente norme e utili consigli quali: se si è in sei bisogna passeggiare (lentamente, molto lentamente) tutti e sei affiancati, occupando l'intero marciapiede e causando code sterminate. Penso anche che il manualetto indichi le sanzioni per i trasgressori e che tali sanzioni siano tremende. Questo nel primo capitolo.
Nel secondo, a occhio e croce, dovrebbe essere scritto che qualora si debba chiedere un'informazione, per la strada o in un negozio, è opportuno farlo educatamente, scusandosi, come si farebbe a casa. La frase va sempre aperta con "sorry".