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domenica 28 novembre 2010

Più Pistole per la sicurezza in volo

Fa piacere vedere che anche Hillary (Clinton) mostra qualche perplessità verso i controlli di sicurezza negli aeroporti. O meglio verso il modo in cui vengono attuati, raccontati in questo articolo de La Stampa. Non so come definire i fatti descritti. Assurdi? Aberranti? Semplicemente stupidi?
Ma negli USA son fatti così. Le regole sono regole, si applicano e non si interpretano, ma quando vengono fatte applicare da soggetti che non sono certo fulmini di guerra - ciò che avviene con una frequenza preoccupante - l'effetto che ne risulta è ridicolo nel migliore dei casi, devastante, per chi lo subisce, nel peggiore. Un esempio di effetto ridicolo: nel '96 ad Atlanta per le Olimpiadi fui fermato dalla guardia nazionale davanti allo stadio del nuoto perché, avendo sostato tre volte in prossimità dello stadio medesimo nell'arco di due sole ore, ero diventato un sospetto. Il guardiano nazionale, piuttosto gentile, va detto, mi chiese le generalità. Gli feci lo spelling, facendo il gesto di estrarre il passaporto. Mi disse che non serviva, andò al pc a fare la sua ricerca e tornò indietro sorridente dicendo che potevo andare, non ero schedato tra i sospetti. Ma sei fuori?? Nemmeno mio nipote all'epoca seienne avrebbe fatto una scemenza simile. E' vero che mio nipote era un tipo abbastanza sveglio per la sua età, tutti gliene davano almeno sette di anni.

Da qualche anno viaggio malvolentieri in aereo. Pur senza avere sofferto perquisizioni come quelle illustrate nell'articolo (ma mia suocera, poco meno che ottantenne, è stata trattenuta una giornata intera all'aeroporto di Los Angeles, con i peggiori spacciatori portoricani come compagni di cella e provando anche l'ebbrezza di una perquisizione corporale: beh, se l'è cercata, penserete voi, è il minimo che può capitare se una cerca di entrare negli USA con un bazooka nel bagaglio a mano. Ma va', il terribile reato di cui si era macchiata era un overstay di pochi giorni nel soggiorno precedente) trovo umiliante l'iter dei controlli di sicurezza. Trovo umiliante togliersi di dosso pezzi di abbigliamento, levarsi le scarpe, farsi palpeggiare da un idiota se hai dimenticato una monetina nella tasca. Trovo umilianti le code sterminate e gli stanzoni bui, caldissimi, maleodoranti e malumoreggianti. Trovo umiliante il sacchettino trasparente per i liquidi (incidentalmente, ma perché i produttori di liquidi per le lenti a contatto non producono anche confezioni da viaggio e non solo bottiglioni da mezzo litro?).
Tutto ciò trovo non solo umiliante ma anche inutile. Molto banale, molto elementare, molto qualunque. Forse sarà anche vero che qualcuno ha cercato di di tirare giù un aereo con una bomba liquida, o nella suola delle scarpe e nelle mutande. Ma le contromisure più che a prevenire il terrorismo mi sembrano idonee solo a ricordarci che siamo sotto minaccia terroristica (che sarebbe poi l'effetto desiderato dai terroristi). A tenerci tutti sotto pressione, ad alzare sempre un po' la posta, per qualcuno forse ad avere la sensazione di essere davvero più sicuro. Fateci caso, quando qualcuno comincia ad avanzare l'idea che forse, chissà, i controlli si potrebbero attenuare, zacchete ti trovano un terrorista con l'ordigno nel pacchetto delle cicche. E di nuovo ci facciamo palpeggiare, spogliare, depredare.
Questo sebbene autorevoli studiosi abbiano dimostrato ciò che basterebbe il senso comune a suggerire. Che i controlli a campione eseguiti con metodo sono altrettanto o più efficaci di quelli a tappeto (purtroppo non trovo più gli articoli). Ma molto meno costosi (in termini di denaro, tempo e fastidio). Però perseguire i simulacri del pericolo (le boccette d'acqua, i tacchi delle scarpe. le limette per le unghie) è molto scenografico, dimostra efficienza. Ma è patetico. Altrimenti non si spiegherebbe perché all'aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv non ti fanno né levare le scarpe né ti sequestrano i liquidi e i controlli sono organizzati in modo tale da permettere di impiegare non più di 25 minuti dall'ingresso in aeroporto all'arrivo al gate.

Queste cose pensavo poche settimane fa, durante i cinquanta umilianti minuti di coda umidiccia in attesa di varcare i controlli di un grande aeroporto europeo. E pensavo anche a come avrei potuto nascondere un oggetto che mi ero dimenticato in tasca - niente di che, un oggetto con un certo valore affettivo, innocuo secondo il senso comune, ma vietato - e che mi sarebbe seccato vedermi sequestrato. Ragionavo su quanti degli oggetti che avevo con me fossero in realtà infinitamente più pericolosi di quell'unico oggettino proibito, trovandone un discreto numero. La cannuccia di una Bic, ad esempio, può fare molto ma molto più male di una forbicina per le unghie. Ma anche una cravatta. Il cavo di alimentazione del computer. Le stanghette degli occhiali. Le carte di credito. Conosco persone che hanno delle mani che sono armi improprie. Dovesse un domani un fantomatico terrorista tentare di strangolare una hostess con le sue proprie mani, quale sarà il provvedimento? Ci faranno viaggiare con la camicia di forza? Tremo al pensiero di cosa potrà essere un volo tra cinque o dieci  anni.

Alla fine, comunque l'oggetto non me lo hanno trovato. Come non mi hanno trovato lo scatolino delle lenti a contatto (15 ml di liquidi non dichiarati), il mio fido collirio, il gel da barba e un altro paio di articoli che o non avrei dovuto avere o avrei dovuto porre nell'apposito sacchetto (bagaglio a mano, borsa portapc, pc, giacca, scarpe: minchia ho solo due mani dove lo metto il sacchettino? mavadaviaiciap, va').

In tutto questo che c'azzeccano le Pistole per la sicurezza in volo? C'azzecccano, tranquilli. Ma lo sapete come si chiama il big boss della TSA (Transportation Security Administration), l'ente che vigila sulla sicurezza dei trasporti negli USA e le cui regole vengono poi imposte nel mondo? Quello che dice che oggi per recarsi negli USA occorre il passaporto col microchip. Che ieri all'ingresso nel Paese ti imponeva di lasciare impronte digitali e foto della retina. Quello che se la tua valigia non è chiusa con uno dei lucchetti TSA approved  (che loro possono aprire con una sorta di passepartout) si sente in diritto di squarciarti la valigia solo perché gli è venuto in mente di vedere cosa c'è dentro. Quello che all'immigration ti interroga come se tu fossi un terrorista per default e fosse tuo onere dimostrare che non lo sei, che vuoi solo farti una settimana di vacanza.
Bene il big boss si chiama John S. Pistole
Pistole, ma dai, il più potente sceriffo del mondo si chiama PISTOLE. E' vero che noi abbiamo avuto un capo della polizia che di cognome faceva Manganelli, ma dai Pistole... il capo della TSA! Quando si dice un nome, un destino.

2 commenti:

milo temesvar ha detto...

A proposito di aeroporti: visto che viaggi più di me, chissà quanti duty-free shop avrai bazzicato; l'ultimo che ho avuto modo di frequentare, nelle due orette di attesa a Ezeiza fra l'avvenuto check-in e l'imbarco ancora da avvenire mi ha lasciato un pò perplesso; a parte la solita dovizia di negozietti di prodotti che spaziavano dai profumi alle cibarie tipiche alle riviste ai cappelli, un negozio di abbigliamento proponeva l'acquisto di costosissime VALIGIE. Delle dimensioni più svariate. Ho cercato di spaziare con la fantasia per capire quali soggetti potessero colà acquistarne una (o più); per quanto riguarda quelle che rientravano nelle dimensioni tipiche del bagaglio a mano, la risposta è semplice; arrivo consapevolmente all'aeroporto con il bagaglio a mano raccolto in una busta dell'immondizia, passo il check-in e compro una valigia dove inserire le mie cose per il viaggio; oppure (più probabile) arrivato all'aeroporto, mi si schianta la valigia, compagna di tante avventure, e mi abbandona: bene, allora ne compro un'altra. Ma quelle grandi? Immagino che le dimensioni del bagaglio a mano vengano stabilite a livello di compagnia aerea, per cui forse la Abudhabi Milleunanotte Airlines, oppure la Luxembourg Regal Crown Flights consentano ai loro clienti di portare in cabina oggetti poco più piccoli di cassapanche; ma gli altri? Devo dire che sono stato tentato di comprare la valigia più grande di tutte, solo per vedere la faccia delle hostess di Aerolineas al momento dell'imbarco.

SuperG ha detto...

Mah, il tema è intrigante.
Alcuni aeroporti non hanno percorsi separati per arrivanti e partenti. In questi casi uno può arrivare, comperare un'enorme valigia nella quale mettere tutte quelle più piccole per fare uno scherzo al tassista. Oppure arrivare, comperare un sacco di minchiate (cappelli, cibi, plaid, ecc) e poi doversi procurare anche una valigia. Non so però se sia fattibile. Mai provato ad acquistare all'arrivo: se chiedono la carta d'imbarco la cosa non è fattibile.
Devo dire che una volta mi è anche capitato di trovare in vendita un SUV a prezzo assai vantaggioso. Casso, potevano mica dirmelo prima che risparmiavo i soldi dell'aereo?